Capitolo 1: Richard Hale

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1 anno prima...



«Phèdre, dove sei finita?» sentii Charlotte chiamarmi a gran voce, ma anche questa volta la ignorai di proposito, continuando a potare il mio albero di limone. La serra di Polesden Lacey era ampia e rigogliosa, ricca di piante esotiche e mediterranee. Era la mia personale opera d'arte che curavo amorevolmente tutti i giorni. In quel caso si trattava anche di un rifugio perfetto: nascosta fra le fronde mia sorella non mi avrebbe mai scorta. Non avevo voglia di affrontare quella giornata, volevo starmene ancora un po' lì, circondata dalla mia lussureggiante foresta.

«Phèdre, accidenti! Non sei ancora pronta?!» Charlotte mi sorprese alle spalle districandosi fra i rami fitti di un bellissimo oleandro in fiore.

«Sono arrivati e tu sei ancora tutta sporca di terra» sbottò indispettita cercando di districare qualche foglia dai miei capelli. Rinunciò quasi subito però: quella volta le avevo intrecciate per bene. Era una cosa che mi piaceva fare spesso anche con i fiori, la trovavo rilassante e bellissima.

Charlotte era più grande di me di tre anni; era lei quella giudiziosa e responsabile fra le due, io ero più svogliata e per nulla incline a seguire le regole. Lei era già fidanzata e si sarebbe sposata a breve, io non ne volevo nemmeno sapere.

Oltre ad essere diverse nel carattere, eravamo molto differenti anche nell'aspetto: lei era più bassa di me - motivo per cui la prendevo spesso in giro- e aveva i capelli biondi, lucenti e gli occhi verdi. Era una giovane molto bella e aveva suscitato l'interesse di molti rampolli della buona società, ma la proposta di matrimonio vincente era questa quella di di Lord Barton.

Io ero tutto l'inverso rispetto a lei e andavo fiera dei miei capelli castani e della mia pelle chiara. La cosa più particolare del mio aspetto però erano gli occhi: il destro era ceruleo, il sinistro di un nocciola intenso. Anche mia madre aveva lo stesso difetto di nascita e quella caratteristica me l'aveva sempre fatta sentire vicina, nonostante ci avesse lasciate da dieci anni. A volte però, quando provavo a ricordarla, il suo viso sembrava sfuggire alla mia memoria; nonostante cercassi in tutti i modi di rievocare la sua immagine, il suo sorriso ed i suoi movimenti eleganti. Così correvo in camera mia e raggiungevo la toletta sedendomi di fronte allo specchio: guardavo il mio riflesso sulla superficie argentea e poi chiudevo gli occhi. Era come tornare indietro nel tempo, a quando lei era ancora viva e ci leggeva le fiabe sedute in veranda.

«Devi andare subito a prepararti! Non possiamo farli aspettare troppo. Papà si infurierà e a giusta ragione!» mi rimproverò ancora Charlotte.

Io sbuffai sonoramente e la seguii fuori dalla serra.

«Non sei più una bambina, Phèdre...» cominciò di nuovo, ma non le diedi modo di proseguire.

«Non serve che me lo ricordi ogni santo giorno! So badare a me stessa» dissi secca.

Lei si voltò a guardarmi truce mentre procedevamo lungo il sentiero di ciottoli bianchi dirette all'edificio principale della tenuta.

Polesden Lacey copriva diversi ettari di campagna e si estendeva a perdita d'occhio avvolgendo le colline del Surrey come una bellissima trapunta. Noi abitavamo la casa patronale: un palazzo di recente costruzione, alla moda e all'avanguardia in fatto di ultime tecnologie. Era maestoso, candido ed in stile classico. Adoravo viverci, ma purtroppo, come sorella maggiore, sarebbe spettato a Charlotte, mentre io avrei ereditato la tenuta di mia madre: Chatsworth House, nel Derbyshire. Era una residenza magnifica e vi avevamo trascorso tutta l'infanzia nell'attesa che Polesden Lacey venisse ultimata. Probabilmente si trattava del mio posto preferito al mondo, soprattutto perché mi ricordava terribilmente mia madre.

Non avevamo fratelli maschi e, alla morte di nostro padre, tutto il patrimonio dei Greville sarebbe stato diviso fra noi due. Fino al matrimonio, ovviamente...

Salimmo in fretta i pochi gradini che ci separavano dal corridoio che portava all'ingresso principale e subito udii delle voci provenire dal grande salone. Mio padre stava intrattenendo gli ospiti in vista del nostro arrivo.

«Adesso fa' piano! Devi darti una sistemata prima che ti veda qualcuno» sussurrò con enfasi Charlotte mentre io alzavo gli occhi al cielo.

Voltammo l'angolo svelte per raggiungere lo scalone di marmo che portava al piano di sopra, quando mia sorella si bloccò di colpo ed io quasi non andai a sbattere contro la sua schiena.

«Salve Milord...» balbettò lei visibilmente in imbarazzo.

Appena riuscii a tornare stabile sulle mie gambe l'affiancai. Un uomo che non riconoscevo stava di fronte a noi e guardava entrambe particolarmente divertito.

Era un giovane sulla ventina, ben vestito, alto, con le spalle larghe e dall'aspetto in generale molto piacevole. Aveva gli occhi azzurri, chiarissimi, la mascella forte coperta da una leggerissima barba e i capelli biondi ben sistemati in ciocche fiammate, come le statue degli antichi romani. Tuttavia qualcuna era sfuggita al controllo del suo proprietario e se ne stava per conto suo, un po' spettinata. A mio avviso già rendeva rendeva la sua persona meno noiosa e decisamente più interessante. Per ultimi notai la divisa da ufficiale e la postura fiera, sicuramente frutto degli anni di accademia militare.

Ero talmente impegnata a raccogliere con lo sguardo ogni dettaglio del suo aspetto, che mi chiesi solo in un secondo momento perché gironzolasse indisturbato in casa nostra.

Come c'era da aspettarsi, lui dedicò poca attenzione a me e molta di più a mia sorella.

«Salve... lady Greville suppongo» disse dopo un attimo di esitazione.

«Dipende quale cercate» intervenni affiancando Charlotte che lo guardava come una statua di sale.

A quel punto lui fu costretto a voltarsi verso di me e quando incontrò i miei occhi colsi un guizzo di stupore. Facevo spesso quell'effetto a chi mi vedeva da vicino per la prima volta. Un tempo l'avevo vissuto come un atteggiamento dettato dal disgusto; invece con gli anni avevo capito che quel difetto poteva forse amplificare un fascino ancora acerbo.

«Con quale sto parlando?» chiese lui intuendo a quel punto che aveva di fronte entrambe le sorelle Greville.

«Io sono lady Charlotte Greville e lei è mia sorella, lady Phèdre Greville, milord» rispose per me Charlotte, sempre più in imbarazzo.

Io invece ero la maschera della rilassatezza: non ero per nulla intimorita dalla sua curiosità, dalla situazione, dal mio aspetto poco consono e dal suo sguardo divertito con una punta di malizia.

«Lord Richard Hale, signore» si inchinò infine lui.

Quando pronunciò il suo nome compresi alcuni pettegolezzi che si dicevano in giro sul conto di Richard Hale...

«Molto piacere milord, vorrete però scusarci: mia sorella ha bisogno di prepararsi per...» balbettò Charlotte sbrigativa e visibilmente in imbarazzo. Forse voleva finire la frase dicendo che avrei dovuto essere pronta per incontrare lui e sua madre, ma la cosa era del tutto inutile ormai. Questo non fece che amplificare il sorriso di lui.

Quando mi sentii tirare il braccio, feci una piccola riverenza e ricambiai il nostro ospite con un'espressione divertita, per poi essere trascinata su per le scale da mia sorella.

«Che peccato...» rispose lord Hale con un finto tono dispiaciuto, prima che scomparissimo al piano di sopra.

«Peccato, milord?» chiesi io tornando a voltarmi verso di lui e sfuggendo alla presa ferrea di Charlotte.

«Vi stavano divinamente quei fiori nei capelli. Le ninfe dei boschi sono di gran moda a Londra, lo sapevate?» disse riferendosi alla mia acconciatura poco ortodossa. Istintivamente portai una mano sulla mia corona e sorrisi.

«A cena mi racconterete che altro è di gran moda a Londra» risposi e voltai l'angolo senza dargli modo di aggiungere altro.

Le Api di WaterlooDove le storie prendono vita. Scoprilo ora