Graffiai, morsi, tagliai ed illividii la pelle della povera Ginevra, che si ritrovò costretta ad immettere una certa distanza tra di noi. "Cosa diavolo ti prende? Diamine, ero solo curiosa!" traboccò ansante, assicurando le mani sul bordo del tavolo di procedura per impedirsi di rovinare sul pavimento triste e scialbo. Non avevo la possibilità di vedermi in volto, ma ero sicura che quest'ultimo non fosse un quadro gradevole.
L'infermiera, capitata soltanto nel posto sbagliato, al momento sbagliato e con la paziente ancor più sbagliata, non era la diretta interessata, su di lei non ricadeva alcuna colpa, se non quella di essere in mia presenza quando la sua compagnia era l'ultima cosa che volessi. "Queste cinghie non reggeranno a lungo" il suono arrochito e greve della mia voce non parve sfiorarla, diversamente dal movimento brusco della mia mano che provò a ritrarsi dalla propria prigionia. Posando lo sguardo sulla rifinitura dell'attrezzo, fu con mio immenso piacere che notai il formarsi di una piccola fenditura. Le labbra assunsero il profilo di un ghigno, mentre le iridi velate di iniquità tornavano ad inquadrarla
"Stregate o no, riuscirò a liberarmene ancor prima che tu possa dire... BOO!" la voce guadagnò corposità sull'ultima cadenza, facendo trasalire la donna. Inarcai un sopracciglio, in attesa che quest'ultima lasciasse la camera, tamburellando le dita sulla superficie delle lenzuola "Dovrei..." "Se proprio insisti" le sorrisi, ancor più falsa di una favola della buonanotte, seguendone i passi che si dirigevano finalmente verso l'esterno.
Le palpebre, accompagnate da un tonfo sordo, si chiusero insieme alla porta. Stringevo ancora quel dannato fiore e facevo fatica a non ridurlo in polvere. "Com'è possibile?" soffiai tra le labbra, quasi in un lamento "Merda... com'è..."; c'era troppo, troppo da metabolizzare.
« Potrebbe trattarsi di una finzione, Derya. Potresti essere vittima di un incantesimo di Regina o di un qualche assurdo farmaco che quella puttana ti ha somministrato mentre dormivi. Potrebbe... potrebbe anche trattarsi di un altro sogno incredibilmente reale. Orrendamente, reale. Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa, ma non della possibilità che lui sia ancora vivo ─ da qualche parte ».
Sfregai il labbro superiore contro quello inferiore, le palpebre ancora sigillate come a voler chiudere fuori ciò che mi circondava. Provai a sentire il sapore delle sue, a percepire il loro tocco intriso di magia ─ ma quel tentativo fu vano, altro non ottenni che un ulteriore, profondo, viscerale, dolore.
« Non sei più in grado di distinguere finzione e realtà? ».
Per un attimo, mi chiesi se non fosse tutto frutto dell'immaginazione di una sciocca ragazzina. Magari, in quel momento, il mio corpo era ancora avvolto tra le coperte calde ed accoglienti, forse il mattino seguente mi sarei svegliata grazie al profumo dei deliziosi toast alla marmellata di mia madre, che probabilmente era l'artefice di quel terribile incubo dovuto ad una stupida storiella per bambini, narrante le avventure dell'intrepido Peter Pan.
Chissà, forse era quello che speravo.
Una fitta, di breve durata, mi colpì in un punto impreciso dietro l'orecchio. Un brivido mi percorse la lunghezza della schiena e per un attimo trovai della familiarità in quella sensazione. Un intenso bruciore, inaspettatamente, si irradiò nella stessa area. Schiacciai la testa contro il cuscino per attenuare l'agonia, serrando la mascella affinché nessun suono giungesse all'udito di chi avrebbe potuto essere in ascolto.
Scrollai il capo con forza quando il tormento trovò pace, traendo un lungo sospiro liberatorio e potendo infine rilassare i muscoli sottoposti ad un nuovo tipo di tensione. " Rilassare ", però, divenne un sogno lontano pochi istanti più tardi.
"Cosa sei diventata?" la voce di Robin, sottile e delicata, sostituì il fischio acuto che mi aveva portata a credere che la mia testa sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro. Riaprii gli occhi soltanto per lasciarli ricadere sulla sua figura, ritta sull'uscio della porta. "Non sei tenuto a chiedermelo ogni volta che ne hai l'occasione" dissi come se fosse stato un rimprovero. Nel mentre, sperando che non vi avesse prestato attenzione, nascosi il fiore nel palmo della mano. "Se mi è concesso, vorrei essere io a porti una domanda" ne approfittai prima che potesse incalzare ancora con la solita, lagnosa, richiesta. Egli aggrottò le sopracciglia, restando in ascolto. "Com'è morta?" gli chiesi senza preamboli, priva di umanità; diversamente da lui, che al suono di quelle parole parve rescindersi in milioni di frammenti.
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I've lost everything, except you. || Part 2 ||
Fanfiction‟ You know that place between sleep and awake? That place where you still remember dreaming? That's where we'll meet that's where I'll waiting because that's where I'll always love you „ #1 storybrooke
