La crisi umanitaria subsahariana e la crisi politica dell'UE.

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10 Febbraio 2024

L'effetto domino scatenato dai disastri climatici che hanno colpito l'Africa centrale colpisce ora anche il rapporto, già fragile, tra Italia e Unione Europea.

L'IPCC, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ha pubblicato nella giornata di ieri un report completo della situazione dell'Africa sub-sahariana. Gli avvenimenti climatici estremi, causati dal cambiamento climatico, vengono indicati come i responsabili della siccità e della conseguente carestia che ha colpito il continente. L'ultima stagione delle piogge è stata infatti caratterizzata da una quasi totale assenza di precipitazioni e dall'aumento delle temperature. Ciò ha influenzato le condizioni basilari di vita di oltre 100 milioni di persone, rendendo l'accesso all'acqua potabile ancora più difficile nell'intera area denominata drought belt, la lunga catena della siccità che parte dall'Etiopia occidentale e raggiunge la costa atlantica. Come preannunciato da numerose ONG già attive nei territori colpiti e da movimenti ecologisti di tutto il mondo, la situazione risulta irreversibile.

Questa notizia arriva nel decimo anniversario della crisi migratoria del 2014, che aveva inevitabilmente incrinato i rapporti tra Italie e UE: a distanza di un decennio le stesse problematiche vengono riaperte, con critiche alla classe dirigente del tempo che non è stata in grado né di curare il problema, né di creare un piano di prevenzione e controllo nell'evenienza di un replicarsi della situazione. Solo negli ultimi tre mesi dello scorso anno sono arrivati in Europa oltre 350mila profughi dall'Africa subsahariana: il 70% via mare, approdando in Italia, Grecia e Spagna, spodestando del titolo di «Peggiore crisi migratoria in Europa dalla Seconda guerra mondiale» quanto vissuto dieci anni fa. Si prevede infatti che più di un milione di migranti raggiungerà l'Europa via mare entro la fine del 2024, lasciando all'Italia l'arduo compito di gestire i recuperi e le registrazioni di centinaia di migranti che quotidianamente arrivano sulle coste nazionali, a ritmi mai visti in precedenza.

Lo scorso gennaio la Commissione europea aveva presentato un piano per affrontare questa crisi: assolutamente bocciata la ripartizione solidale dei migranti tra i vari paesi dell'Unione, soluzione che non aveva attecchito nemmeno per la crisi del 2014-2015. "La redistribuzione dei migranti – spiega Seymour Might, commissario per le Migrazioni, gli Affari Interni e la Cittadinanza – è da considerare come una violazione dei diritti basilari dell'uomo; si tratta un sequestro e ricollocamento forzoso." Approvata invece la soluzione «Collect and share», che prevede la presenza di imbarcazioni che battono bandiera UE in tutto il Mediterraneo, pronte a prestare soccorso ai migranti e condurli nel porto sicuro più vicino, spesso identificato sulle coste italiane.

A incrinare i rapporti si aggiunge anche il caso Pesti: sempre più documenti confermerebbero il coinvolgimento del Ministro dell'Interno alla sparizione di ingenti fondi europei stanziati per la riqualifica di porti, per l'organizzazione degli sbarchi e la creazione di un sistema agevole di registrazione dei richiedenti asilo. La posizione dell'UE sembrerebbe di assoluta condanna nei confronti dell'Italia stessa, che potrebbe trovarsi presto a gestire le problematiche relative agli sbarchi senza alcun finanziamento da parte degli altri stati dell'Unione.

Il già forte clima di malcontento che si respira nell'ambito della politica italiana non viene quindi sanato dal rapporto dell'IPCC, pubblicato a cavallo tra le elezioni amministrative del mese scorso, che hanno visto una forte ascesa del Partito della Salvezza nelle regioni centro-settentrionali, e il primo summit sulla nuova crisi migratoria, organizzato per il 4 e 5 Marzo prossimi a Berlino. Sono infatti numerosi i cittadini, gli esponenti dell'opposizione e i candidati del PdS che chiamano in protesta la chiusura dei porti italiani finché non si sia trovato un accordo accettabile.


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