3. In fondo a destra

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Il resto delle ore, per Jeny, trascorse velocemente, con ben aderita al proprio volto la maschera della perfetta ragazzina di un taciturno paesino dell'Arkansas.
Ma anche l'erba più mite spesso nasconde al proprio interno le peggiori creature, tanto più paurose quanto più mimetizzate e inaspettate.

Al suono dell'ultima campanella, mentre tutti tiravano un sospiro di sollievo o emettevano piccole urla di gioia, soffocate solo nei tratti in cui avrebbero potuto essere udite anche dagli insegnanti, Jeny non diede cenno di improvvisi cambiamenti d'umore dovuti alla fine dell'obbligo scolastico previsto per quel giorno.
Il suo viso continuò a mostrare una cera rosea, chiara e illuminata dal sole di una primavera che oramai aveva cominciato a procedere con passi sempre più lunghi e ripidi verso l'estate.

Appena rientrata a casa, si sentì investire da una fame più intensa del solito, e si preparò un grosso hamburger, straripante di fette di pomodoro e foglie di lattuga. Suo padre sarebbe stato via per lavoro fino a tarda notte.
Jeny adorava i momenti di solitudine. Erano quelli in cui le riusciva più facile concentrarsi e dar vita ai propri personaggi, sui limpidi fogli di carta e sulle scure pareti del cuore.

Passando nel corridoio si guardò allo specchio: la faccia era liscia e levigata, uno splendido vaso egizio ma, in fondo, a destra, visibile solo all'occhio dell'anima, una piccola increspatura cominciava a farsi largo.
Cosa conteneva quel vaso? Talvolta, dalle scatole innocue ritrovate in soffitta, perfettamente conservate, con disegni di biscotti e marchi colorati sul coperchio, escono i ricordi peggiori, con cui mai più si vorrebbe avere a che fare... Pezzi di un passato che è stato sepolto nel piano più alto della casa, e che dorme un sonno inquieto, pronto ad essere svegliato al minimo rumore di un passo incauto.

Jeny fece finta di non intravedere quella crepa. Si sistemò il trucco leggero, mettendo un po' di più cipria in fondo a destra.
La crepa si nascose. Jeny andò in camera sua.

Potresti passarmi i compiti di storia? Non ho trovato il tempo di finirli.

La voce di Malian le rimbombava nella testa.

Il tempo di...

Il tempo per Jeny non era mai stato una linea retta, che portava a un punto chiamato "obiettivo" e poi ad un altro.
Per Jeny il tempo era un cerchio, una ripetizione, un giro su sé stessi per trovarsi... Da piccola era stata allevata dalla nonna, che a suon di fiabe e ritornelli e cantilene e filastrocche le aveva trasmesso il senso circolare di tutto, e il valore del ritornare, per scoprire qualcosa che prima era sfuggito.

Scava, Jeny, scava... Come nella terra una fossa... Qualche volta per guardare meglio... Qualche volta per appoggiare, e scappare... Ma dove?

Decise di farsi un bagno, per strozzare quella voce che non smetteva...

I compiti... i compiti...
Per chi diavolo mi hai presa? Per la tua compagna delle scuole materne, con i denti dondolanti, pronta ad invitarti alla propria festina a casa appena ne cade uno? Mi piace quando ti appoggi contro il muro a fumare, con quel fisico ben tagliato, non hai bisogno, come gli altri, di vestiti costosi... qualsiasi cosa ti cade a pennello... Parli ma non sei mai quello che dici.. C'è qualcosa dietro... Dio come mi piacerebbe scoprirlo... E tu mi vieni a domandare dei compiti? Voglio dire... Usala come una scusa, per invitarmi a casa tua, per vedere come sono da vicino, per chiedermi qualcosa di meglio domani... Davvero volevi solo degli stupidi, inutili, volgari compiti da copiare?

Mentre il getto dell'acqua iniziava a fluire, Jeny si spogliò e si guardò una volta di più allo specchio. Il fisico poteva competere con quello di una modella.

I compiti... Non ho trovato...

Jeny si morsicò le labbra talmente forte da far uscire un minuscolo rivolo di sangue. Poi entrò nella vasca e affogò nel calore dell'acqua, per un po', i propri pensieri.
Socchiuse le palpebre... Le pareva di volteggiare nel vapore del bagno... Malian la fissava con gli occhi stretti a fessura, mentre fumava una sigaretta... L'odore della sua persona, non paragonabile a nessun profumo, semplicemente la fragranza della sua presenza, le pervase le narici...
Il telefono che squillava la risvegliò dal suo tiepido sogno... Lasciò suonare, senza muoversi. Le era impossibile fare qualunque cosa, in quel mare domestico della vasca. Voleva soltanto non provare dolore per qualche minuto... Cullarsi in sensazioni ovattate, senza far ricorso, come tanti dementi della sua scuola, alle droghe...
Chiudere gli occhi dentro l'acqua bollente era molto meglio, anche se durava poco.

Dopo un'ora, decise che era tempo di tornare a camminare sul tappeto spinato della realtà, e provare a mettere vicine due cose per cena...
Appena riatterrò i piedi sul pavimento, l'umore nero, dovuto all'umiliazione della domanda amichevole postale da Malian, per il quale provava pensieri tutt'altro che candidi e amichevoli, tornò a infarcirle la testa.

Indossò la maglietta di cotone con disegnati due cani bassotti mentre si guardano, uno di fronte all'altro. Gli animali non le piacevano, ma quella t-shirt faceva risaltare bene le sue linee dolci e femminili.
Si infilò dei jeans morbidi e scoloriti, i suoi preferiti. Portavano i segni delle sue guerre interiori, poiché quando pensava si ritrovava spesso a passare le mani ansiose sul loro tessuto, in attesa che la mente si acquietasse.

Il telefono tornò a squillare. Era Kate, la sua unica amica, non la migliore: altre non ne aveva. La invitò per l'indomani pomeriggio a fare due passi con lei a Conway.
Jeny rispose con un sì privo d'entusiasmo. Il motivo per cui accettava era semplicemente fuggire da un altro pomeriggio come quello.
Malian e le sue stupide richieste infantili, gli occhi di Malian, così adulti e profondi, l'hamburger bomba per riempire un vuoto che non stava nello stomaco, la vasca, le labbra perfette che si erano rotte rivelando gocce rosse di veleno, una cena che non riusciva a comporre.
«Sì.»
Riagganciò e si distese sul divano.

Dalla finestra lasciata semiaperta per godere del profumo di fiori del prato, provenivano in lontananza risate di bambini e dei loro giochi.
Anche lei era stata una bambina e, giunta a quel punto del cerchio, faticava a capire cosa fosse diventata. Le sembrava di avere tanti pezzi sparsi, di cui era andata persa la colla.

«Ridammi subito la palla o ti sotterro!»
I bambini sghignazzavano divertiti.

Conosco molti posti per farlo e non essere visti.

Jeny si addormentò mentre la cantilena della finestra che sbatteva contro lo stipite, le risate dei bambini, e le proprie lacrime taciute scorrevano in sottofondo.

Trappole d'inchiostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora