1. La taverna e il cavallo

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Quella mattina indossavo la mia camicia di sangallo bianco, ma mi accorsi che era stato uno sbaglio non appena un gruppetto di mezzorchi chiassosi varcò la porta della taverna. Nessun cameriere che sia sano di mente veste di sangallo bianco in presenza dei mezzorchi.

Quello che dai tatuaggi sembrava il capogruppo si sedette per primo, crollando come un sacco di patate, e iniziò a battere i pugni sul tavolo. Era alto più di un metro e novanta, con le orecchie a sventola, i canini inferiori che sporgevano dalle labbra, i capelli lunghi che non vedevano una goccia d'acqua o una scaglia di sapone da tempi immemori e la pelle ricoperta di disegni blu brillanti, molto carini a dire il vero. Gli altri lo raggiunsero prendendo posto intorno a lui, riposando sulle panche i muscoloni strabordanti. Erano fortunati: avevano un livello di testosterone così alto che gli bastava alzare una cassetta piena di birra una volta per fare lievitare i bicipiti come pagnotte.

Presi un profondo respiro, controllai che il mio grembiule fosse annodato bene e mi avvicinai al gruppo. Sappiate che quando un mezzorco batte i pugni sul tavolo, in maniera non troppo violenta, sta richiedendo assistenza: anche gli orchi lo fanno.

«Salve» Dissi, con un sorriso amichevole «Benvenuti al Cammino delle Leggende. Io sono Belarda e per oggi sarò la vosta cameriera. Cosa posso portare, oltre alla birra?».

Avevo imparato che bisogna immediatamente proporre la birra ai mezzorchi e agli umani muscolosi. Con gli orchi puri, invece, era meglio non tirare a indovinare.

«Salve» Disse il capo, mentre i suoi sodali agitavano le mani come se fossi lontana mille miglia e non potessi sentire i loro "ciao" borbottati «Vogliamo della carne»

«La casa consiglia il cervo, oggi. Stamattina è arrivato uno splendido maschio. Ma il cervo ha un costo superiore di due lunette rispetto agli altri» spiegai «Abbiamo anche pollo, maiale e anatra. Il manzo è finito»

«Ah» il mezzorco capo si sfregò il mento fra pollice e indice, sporgendo un po' le zanne inferiori con aria pensierosa «Maiale? Maiale va bene?»

«Sì, signori. Maiale. Cotto o crudo?»

«Cotto»

«Che cottura?»

«Al sangue per me» il capo si posò una manona sul petto, poi indicò i suoi sodali «Ben cotta per Borg e Torg» (due mezzorchi con i capelli tagliati a tazza) «E mezza cottura per Michael» (un biondone senza zanne visibili, ma con la pelle letteralmente verde)

«Certo, signori. Torno subito».

Mi avviai verso la cucina, mentre con la coda dell'occhio vedevo entrare, e avvicinarsi al bancone, due bambini che con tutta probabilità non erano davvero bambini.

La cuoca, Aria, era un'elfa misteriosa che si era unita al nostro staff solo due mesi prima e nessuno aveva davvero idea di chi fosse, ma cucinava così bene che non importava a nessuno. Era alta (benché non fosse un elfo alto, da non confondersi con gli elfi che sono-semplicemente-alti-di statura), con fluenti capelli neri come ali di corvo, occhi verdi come germogli in primavera e zigomi affilati e altissimi con cui probabilmente poteva affettare le carote.

«Quattro mezzorchi» Dissi «Vogliono tutti il maiale. Due ben cotti, uno al sangue e uno a mezza cottura. Si può fare?».

Aria mi guardò. Aveva lo sguardo altero di una regina, benché indossasse un grembiule unto appartenuto al mio trisnonno Lucrezio, famoso perché si asciugava le mani, i piedi e il naso su quello stesso grembiule.

«Si può fare» Disse, poi iniziò a manovrare il coltello con grazia e agilità, danzando per la stanza, piroettando, lanciando in aria il pezzo di maiale.

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