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Il suono dei tergicristalli fu l'unico rumore che riempì l'abitacolo della Lamborghini durante il viaggio di ritorno. Jimin si era addormentato sul sedile del passeggero, e Yoongi cominciava a sentire il bisogno impellente di una doccia. Rimanere in quel parcheggio non aveva più alcun senso, ormai. 

Non guidò verso casa di Jimin, né verso uno dei molti alberghi in cui solitamente portava le sue conquiste. Guidò verso casa sua, e sperò solo di non pentirsene. La famiglia di Yoongi aveva acquistato tre attici, siti uno sopra l'altro, alla sommità di uno dei grattacieli più esclusivi di New York. Un'immensità di oltre 500 metri quadrati, dove ognuno di loro poteva godere della propria privacy. Parcheggiò la Lamborghini in garage e prese in braccio Jimin facendo attenzione a non svegliarlo. Ebbe qualche difficoltà solo in ascensore, dove dovette ingegnarsi per premete il tasto 37, troppo in alto perché potesse premerlo col gomito. Alla fine, riuscì a metterlo nel proprio letto senza farlo cadere e senza rompersi l'osso del collo. Era stato un successo. 

Jimin non si era accorto di nulla. Il suo sonno pesante era condanna e benedizione allo stesso tempo. Il lato positivo fu svegliarsi ben riposato la mattina dopo, quello negativo essersi perso l'espressione di Yoongi nel momento in cui aveva deciso di portarlo a casa sua. Perché sebbene di Yoongi non ci fosse traccia da nessuna parte, era chiaro che quel luogo non fosse un albergo. Odorava di Yoongi. Era pieno di sue cose, ed era chiaro gli appartenessero perché lo descrivevano. C'era una vecchia felpa di Oxford appesa alla parete, foto della sua infanzia affisse ad una bacheca di sughero, un biglietto aereo per Parigi datato 2016. Era successo qualcosa di bello durante quel viaggio, qualcosa che Yoongi voleva ricordare? Jimin si rese conto di quanto poco lo conoscesse, ma non con tristezza. Gli piaceva, che quel ragazzo fosse ancora tutto da scoprire. Sfiorò col l'indice il bimbo di quattro anni che sorrideva all'obiettivo abbracciato ai suoi fratelli adottivi. Lo avrebbe mai visto sorridere in quel modo?

"Ti stai divertendo?"

Jimin trasalì. Yoongi se ne stava sulla soglia della sua stanza. Non lo aveva sentito arrivare.

"Sei stato a Parigi" disse Jimin, indicando il biglietto aereo, e Yoongi annuì avvicinandoglisi. "Tre anni fa. È una città meravigliosa, molto meglio di Londra. Peccato per i francesi."

Jimin rise a quella affermazione. "In che senso?"

"Diciamo che hanno deluso le mie aspettative. Hai fame? Facciamo colazione?".

Yoongi profumava di croissant e di marmellata. Jimin posò le mani sulle sue spalle e si avvicinò per baciarlo - un contatto fugace. "L'hai preparata?"

"L'ho comprata".

Jimin non poté fare a meno di sorridere. Era impossibile contenersi. Non era abituato a dei gesti così carini, e non aveva idea che Yoongi ne fosse capace. Quel ragazzo era davvero una sorpresa. 

"Allora sì, ho fame. Andiamo a fare colazione".

La casa di Yoongi era superlativa. La cosa che più si avvicinasse all'idea di residenza reale iper moderna. La casa era piena di dispositivi elettronici con cui potevi interagire. "Wendy, scosta le tende" diceva Yoongi, e queste si aprivano come per magia. "Wendy, accendi il forno" e il forno si accendeva, scaldando ancora un po' i cornetti che Yoongi aveva acquistato al bar. Era incredibile cosa i soldi potessero fare. 

"Non ti senti strano a parlare con la tua casa?"

Yoongi fece spallucce "Pronunciare la parola Wendy è quello che aziona il comando. Non è troppo diverso da premere un tasto su una pulsantiera" a Jimin sembrava fosse molto diverso, invece. Decisamente più figo e da super ricco.

Jimin addentò la brioche e bevve un sorso del suo tè caldo. Era strano e bellissimo fare colazione con Yoongi. Lo faceva sentire come in un film. "Ora che ci siamo chiariti sulla questione bugie..." disse Jimin, "Che ne pensi di provare a conoscerci meglio? Ma meglio davvero?".

one | prince to kiss ; yoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora