"Oh Cher" le prese delicatamente le mani "ho avuto paura potesse fare qualcosa di male. Non c'è da fidarsi di gente così" disse riferendosi ai serpents. Un risolino isterico uscì dalle labbra di Cheryl. Tutta quella situazione le sembrava assurda.

"Ma perfavore, l'hai vista è uno scricciolo" rise di nuovo allontanandosi dalla presa di sua madre.
"Dovevamo solo andare al party di Veronica, però non ci siamo messe d'accordo" spiegò cercando di sembrare il più tranquilla e naturale possibile.

"Comunque vorrei tu non la vedessi più, non mi piace ha una brutta influenza su di te" disse tornando al suo posto e incrociando le braccia guardando sua figlia dall'alto. Era stata costretta ad incassare quella sconfitta, in effetti cosa le avrebbe potuto fare quella sera?

Lei sorrise
"Si ok" disse scherzando. Perché tutto quello non poteva essere altro che una presa in giro.
"Sono seria Cheryl" le prese un polso con forza.

"Devi smettere di uscire con lei" la presa si fece più stretta e Cheryl contrasse il viso nel tentativo di controllare il dolore.
"Hai capito?!" Disse minacciosa.
"Mi fai male" sussurrò presa dalla paura, fissò i suoi occhi gelidi e finalmente la madre le lasciò il polso.

Le lo avvolse con l'altra mano e lo massaggiò cercando di affievolire il rossore.
"Spero ti sia tutto chiaro" disse voltandosi verso il tavolino.

Era come un suo modo "speciale" per dirle di andarsene, di non farsi più vedere davanti ai suoi occhi. Cheryl avvolse la mano intorno alla bretellina della borsetta e si alzò velocemente uscendo da quella casa.

Si accasciò alla porta ed iniziò a respirare pesantemente, sentiva tutto ovattato e gli occhi bruciare. Nella sua testa c'era un casino, era come se avesse perso lucidità. Non riusciva a pensare ad altro se non alle parole di sua madre.

Dentro di se sapeva che avrebbe dovuto calmarsi e che anche a quello ci sarebbe stata una soluzione. Però l'unico suo vero istinto era urlare e buttare fuori tutto quello che provava.

Camminò barcollando verso la macchina, prese con mano tremante le chiavi e la aprí. Si buttò contro lo sportello rosso cercando la maniglia, vedeva sfocato a causa delle lacrime che minacciavano di uscire.

Riuscì ad entrare, si sedette sul sedile di pelle, si mise di fretta la cintura e mise in moto la macchina. Strinse gli occhi e le lacrime caddero sulle sue guance per finire sulla sua camicetta bianca.

Guidò più in fretta possibile per uscire da quella casa, per sentirsi libera al di fuori di quelle costrizioni che sua madre aveva imposto dentro al perimetro di quelle mura.

Percorse qualche metro dopo il cancello di Thistle House e si fermò di colpo facendo sfregare le ruote al contatto con l'asfalto.

Iniziò a prendere a pugni il volante riflettendoci tutta la sua rabbia. Cercò di non gridare per non attirare troppo l'attenzione, anche se intorno a lei non c'era nessuno. Dalla sua bocca uscirono dei versi strozzati e quando le mani iniziarono a farle male si fermò stringendo lo sterzo nel tentativo di calmarsi.

Respirò profondamente e dopo cinque minuti buoni riuscì a calmarsi. Alzò la testa e finalmente ricominciò a respirare normalmente. Doveva essere forte.

Si asciugò le lacrime, aprì lo specchietto della macchina, prese dei trucchi dalla borsetta e cercò di aggiustare per il meglio il disastro che aveva sulla faccia.

Si vedeva che aveva pianto, ma con un po' di fortuna Veronica non le avrebbe chiesto cos'era successo. Continuò a guardarsi allo specchietto e quasi involontariamente si toccò le labbra. Erano secche a causa del pianto, cercò nel porta oggetti dello sportello casomai ci fosse un burrocacao o cose del genere.

Closer to you||choniWhere stories live. Discover now