17. Can I Read Something?¿

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Rosie Hartwell

La sera prima mi sono addormentata con la sicurezza che il mio risveglio sarebbe stato tranquillo, che sul mio comodino ci sarebbe stato un vassoio pieno di cibo e che Calum avrebbe dormito ancora accanto a me. Dovrei smetterla di illudermi, ecco la verità. Sono le 7:00 del mattino, ho solo 4 ore di sonno addosso, Calum continua a sbraitare per il telefono facendo avanti ed indietro per la stanza e non ho ancora fatto colazione, cosa che mi rende ancora più irritabile. Non conosco l'argomento della conversazione che sta avendo, quando mi sono svegliata era già al telefono, ma è sicuramente qualcosa che l'ha fatto arrabbiare, altrimenti non starebbe così. Purtroppo, non posso intromettermi, anche perché non mi darebbe ascolto. Per questo, mi limito ad osservarlo ed a cercare di capire qualcosa in più. Sono ancora sdraiata sul letto, con addosso il mio pigiama e ho la faccia affondata nel cuscino del ragazzo, impregnato del suo profumo.

"Oh andiamo Marlene, non puoi dire sul serio!" Sbotta, facendomi inarcare un sopracciglio. Marlene fa parte della crew, mi chiedo quale sia il problema.

"Vaffanculo" È l'ultima cosa che dice, prima di chiudere la chiamata e gettare il cellulare sul letto. Lo vedo sospirare, sconfitto, e si siede sul letto, dandomi le spalle.

"Scusa se ti ho svegliata" Mormora dispiaciuto, senza però rivolgermi neanche un'occhiata fugace. Scuoto la testa, nonostante lui non possa vedermi, e mi avvicino, allacciando le braccia intorno al suo collo e poggiando la testa sulla sua spalla.

"Tranquillo. Mi dici che succede?" Chiedo timorosa, non sapendo se volesse parlarne o meno. Il moro rimane in silenzio per qualche secondo, prima di decidersi a parlare.

"Vogliono che torniamo a Los Angeles una volta finito qui, per registrare il quarto album, ma io non voglio. Non ho nessun'idea, non riesco a scrivere o a trovare una melodia che mi piaccia. Sarei inutile" Confessa, facendomi mordere il labbro. Senza dire nulla, mi alzo dal letto solo per mettermi in piedi, di fronte a lui. Le mie mani vanno a poggiarsi sulle sue guance, prive di barba, e gli alzo il viso, in modo che mi guardi negli occhi.

"Cal, non sei inutile, non lo dire neanche per scherzo. È normale avere un blocco, anche a me capita quando scrivo, ma non devi assolutamente sforzarti. L'ispirazione verrà da sé, devi solo rilassarti. Certo, magari in studio non puoi fare granché, ma sono convinta che ascoltando ciò che propongono gli altri e stando comunque in un luogo del genere, troverai il modo di buttare giù qualcosa" Provo a tranquillizzarlo, nonostante non sia una cosa che mi riesca benissimo. Non sono mai stata brava in queste cose, ma Calum al momento ne ha davvero bisogno e non so perché ma voglio farlo stare bene.

"Tu scrivi?" Cambia argomento, facendomi pentire di averglielo detto. Sento le guance diventare leggermente più calde rispetto al resto del corpo, ma le ignoro, non potendo fare altro.

"Qualcosa, sì. Insomma, non sono chissà cosa, sono solo frasi sconnesse. È da un po' che metto i miei pensieri su carta, mi fa stare meglio" Sussurro, vergognandomi un po' di ciò che ormai definisco una bambinata da secoli, ma che non riesco a smettere di fare. È come se avessi un diario segreto e quella è roba per dodicenni.

"Posso leggere qualcosa?" Mi chiede gentilmente e non so perché ma annuisco. Non sa nulla di me, credo sia arrivato il momento di condividere con lui qualche aspetto del mio passato, nonostante non ne vada molto fiera. Mi stacco da lui solo per recuperare un piccolo quaderno dalla valigia, quello che porto sempre dietro, sul quale scrivo i miei pensieri da quando avevo diciassette anni. Ultimamente non sto scrivendo molto, forse perché non ho nulla su cui sfogarmi.

"Quando scrivo, è come se tutto il mio dolore si trasferisse sulla carta" Dico timidamente, sedendomi accanto a lui mentre apro il quaderno.

"Questo l'ho scritto due anni fa. Avevo appena scoperto il tradimento di Patrick, la mia famiglia era delusa a causa del mio voto d'esame, dicevano tutti che era troppo basso e che non mi faceva onore, non avevo nessun amico con cui sfogarmi e quindi la mia mente ha prodotto questa cosa. Non so bene come definire queste parole, ma so che non mi appartengono più da un po' di tempo" Lo sguardo del ragazzo passano dal mio viso al foglio bianco, sporcato irrimediabilmente dalle mie parole. I suoi occhi scorrono velocemente tra le righe, leggendo con attenzione.

Sapete cosa rende vivi gli uomini?
Non è il cibo, non è l'acqua, non è una casa in cui vivere o un lavoro dignitoso.
No.
Sono tutte cose secondarie.
Ciò che rende vivi gli uomini, è l'amore.
L'amore di un amico.
L'amore di un parente.
L'amore della propria anima gemella.
È l'amore che ci tiene in vita.
Senza amore, siamo vuoti.
Siamo il nulla.
Siamo morti.
Alcuni dicono che sia impossibile rimanere da soli, senza amore.
La fanno facile, loro.
Loro che hanno tanti amici.
Loro che hanno una famiglia che li ama.
Loro che hanno trovato la loro anima gemella.
Loro che dalla vita hanno ricevuto ogni cosa.
E poi ci sono io. O meglio, quelli come me.
Quelli che non hanno nessuno.
Quelli soli.
Quelli dimenticati dal resto del mondo.
L'unica differenza che facciamo è quella numerica, di cui a nessuno importa. Infondo, tra 7,678,174,656 e 7,678,174,655 non cambia nulla.
Sono solo una formica insignificante.
E sapete cosa spaventa di più gli uomini?
La morte.
È per questo che nascono le religioni, i riti, le leggende. Sono tutte scuse per tranquillizzare la popolazione che c'è vita dopo la morte, che in realtà il mondo per noi non finirà una volta chiusi gli occhi.
A me non spaventa, però.
Io la desidero.
Tanto, a chi mancherei?
Forse ai miei genitori, ma sarebbe solo per un paio di mesi. Avrebbero una bocca in meno da sfamare, più soldi da spendere e meno preoccupazioni. Sarebbe tutto perfetto, se non ci fossi.
Tanto, che differenza fa?

Una volta finito di leggere, fa per parlare, ma lo blocco immediatamente, volendo prima spiegarmi meglio.

"Mi sentivo davvero così, non posso negarlo. Ero davvero sola, in più mi sono ritrovata con il cuore spezzato a soli diciannove anni. Il tradimento di Patrick mi aveva distrutta, mi aveva fatto capire che non ero abbastanza per lui, che era stato costretto a cercarsi qualcun'altra perché io non andavo bene per lui. Non avevo le forze di rialzarmi, volevo solo lasciarmi andare, chiudere gli occhi per non riaprirli mai più. Piangevo ogni notte, nascondere le ferite che io stessa affliggevo al mio corpo era sempre più difficile e mi ero stancata di continuare una vita che mi dava solo sofferenza. Quando finalmente mi decisi ad uscire, in modo da guardare la mia città per l'ultima volta, ho incontrato Hannah. Era spaesata, aveva un'enorme valigia con sé e guardava ciò che la circondava con stupore, come se non avesse mai visto niente di così bello in tutta la sua esistenza. Quando mi raccontò la sua storia, capii il perché e mi dissi che se lei ce l'aveva fatta, allora potevo farcela anch'io. Senza neanche accorgersene, mi ha aiutata a rialzarmi ed a riprendere in mano la mia vita. Ho trovato un lavoro, sono andata via di casa ed ora ho persino conosciuto te. Questo testo non mi appartiene più, ma è una parte fondamentale di me che non sono ancora pronta ad accantonare" Quando finisco di parlare, il silenzio cala nella stanza. Calum mi guarda con le lacrime agli occhi ed il libro cade dalle sue mani, scontrandosi con il pavimento. Faccio per raccoglierlo, ma lui mi blocca, abbracciandomi di slancio con così tanta forza che credetti di poter soffocare, per un momento. Ricambio il gesto, affondando la testa nell'incavo del suo collo, scoppiando quasi a piangere per ciò che disse dopo. Delle parole semplici, forse dette lì per lì, ma che per me hanno ancora un significato enorme.

"Non sarai più sola, te lo prometto Rosie"

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