5 - Kurt e Dylan - Day 13

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Dylan

Giorno 13

La mano a sfiorare le labbra per la seconda volta da quando mi sono alzato dal letto. Non ho dormito nemmeno un minuto stanotte. Ho vagato dal letto alla finestra senza sosta con un solo e unico pensiero: ho baciato Kurt, e mi è piaciuto da morire.

Un paio di volte mi sono ritrovato di fronte alla porta della mia stanza, ho posato la mano sulla maniglia e sono stato sul punto di uscire per raggiungerlo e parlare con lui, ma quando stavo per farlo la paura di affrontare il vero me stesso mi ha fatto desistere, così sono rimasto al sicuro dentro queste quattro mura che sembra possano proteggermi.
O almeno è quello che hanno fatto fino al sorgere del sole.

Non posso più fare finta di niente. Kurt è venuto a bussare alla mia porta già mezz'ora fa e io ho finto di dormire, ma non posso nascondermi per sempre. Prima o poi tornerà per chiamarmi, e io dovrò uscire da qui.

Sono confuso, o forse ho le idee fin troppo chiare, ma quel bacio è stato così sconvolgente che mi spaventa il pensiero di guardarmi allo specchio - perché il vero Dylan sta uscendo allo scoperto -, figuriamoci guardare lui negli occhi. Mi sento come un ragazzino che ha rubato il suo primo bacio e che ora non ha il coraggio di affrontare le conseguenze delle sue azioni.

«Dylan?» La voce di Kurt arriva da dietro la superficie di legno della porta e sento il cuore iniziare a battere velocemente. Vorrei lasciare andare tutto quello che provo, ma non ci riesco. È come se fossi un freno a mano bloccato: io provo a sbloccarlo, ma quello resta lì, fermo nella sua posizione, e non so come fare a risolvere la cosa. «Ehi...» Poi bussa, e so che devo alzarmi per aprire.

Poso la mano sulla maniglia, la abbasso lentamente, poi apro e resto a guardarlo.

È bello, e mi piace. Non posso più negarlo e il mio corpo mi manda dei segnali chiarissimi che mi è impossibile ignorare. Guardo i suoi occhi così chiari e con una costante luce ad illuminarli che li rende ancora più belli, poi osservo le sue labbra che per qualche secondo sono state solo mie.

«Stai bene?» mi domanda lui con una certa apprensione nella voce.

«Sì, sto bene» rispondo con una mezza bugia perché non so che altro dire.

«Non volevo svegliarti, ma è tardi e io devo andare al lavoro. Ti va di venire con me?» mi chiede per poi sorridere.

«Che ore sono?» gli domando passandomi una mano tra i capelli.

«Sono quasi le nove. Io ho già fatto colazione. Ho provato a chiamarti prima, quando sono sceso, ma evidentemente dormivi.» Non dormivo affatto Kurt, stavo pensando a te.

«Già... non ti ho sentito...» Bugiardo! «Mi do una sistemata e ti raggiungo.» Mi sorride non appena finisco di parlare, e io non riesco a staccare gli occhi dalla sua bocca.

«D'accordo, ti aspetto di sotto» dice, per poi voltarsi e scendere le scale.

Solo quando non sento più nessun rumore mi rendo conto che mi sto mordendo il labbro inferiore mentre sto ancora fissando il punto in cui l'ho visto sparire. Devo parlare con lui perché questa indifferenza mi sta facendo impazzire.

Rientro nella mia stanza e mentre mi cambio cerco di pensare a come affrontare questo argomento. Non so da che parte cominciare, non so come esprimere quello che provo e sono nella confusione più totale al pensiero che, appena scese queste scale, lui sarà lì. Faccio un gran respiro prima di entrare in cucina, dalla quale sento provenire i rumori che testimoniano che Kurt è proprio qui.

«C'è del caffè ancora caldo» dice senza guardarmi, ma è evidente che si sia accorto della mia presenza.

Non ho la minima idea di cosa stia facendo, e mi avvicino per prendermi una tazza e per sbirciare cosa stanno combinando le sue mani indaffarate. Quando sono quasi accanto a lui mi rendo conto che sta preparando dei tramezzini e sembra che lui mi legga nel pensiero, perché immediatamente dopo mi spiega, senza bisogno che io gli abbia posto alcuna domanda.

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