Chapter 2 - All that Storybrooke needs is faith, trust and... chaos.

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Bum, bum, bum...

Le suole dei miei stivali colpirono ripetutamente la parete fredda della cella dentro la quale ero stata rinchiusa.

Bum, bum, bum...

Era l'unico suono che, ad intervalli sistematici, risuonò nei sotterranei del Banco dei Pegni di Tremotino.

"Derya, ti chiedo gentilmente di smetterla, mi scoppia la testa. Anche perché ci tengo a farti notare che la povera parete che stai colpendo è la stessa contro la quale poggio la testa" la voce irritante di Mike mi investì i timpani, portandomi a battere, una sola volta, la nuca contro la parete retrostante. Fermai quel tic nervoso in via temporanea, giusto il tempo necessario a fornirgli una risposta; "Avevo dimenticato la vostra presenza, vi chiedo umilmente venia. Sai, tendo ad ignorare l'estistenza di chi per me non conta assolutamente nulla" pronunciate tali parole, tornai a recargli fastidio, scaricando maggiore forza nelle gambe e ridacchiando sommessamente quando, sonoro, un sospiro del bastardo riecheggiò tra le ampie pareti. "Per quanto ancora avrai intenzione di comportarti come una bambina capricciosa?" si azzardò a chiedermi, usufruendo di un tono che non apprezzai affatto. Mi sollevai dal pavimento in pietra con uno scatto repentino, avvicinandomi alla parete come se avessi potuto colpirlo attraverso il materiale roccioso; "Non ti sei mai rivolto a Peter in questo modo, dunque ti consiglio di adoperare lo stesso comportamento con il quale ti porresti nei suoi riguardi. Al momento non posso ferirti, certo, ma ti ricordo che tale dettaglio non ti assicura vita lunga e che, quando uscirò di qui, potrai essere il primo dal quale mi recherò" sputai con rabbia tagliente, infiammabile al tatto, assestando alla parete un pugno grazie al quale mi fu possibile scaricare, seppur in quantità minima, la tensione accumulata.

Seguirono brevi attimi di silenzio, prima che anche la voce dello sfregiato decidesse di farsi sentire; "Comprendiamo la tua ira e la tua voglia di abbattere ogni singolo muro di queste stupide celle, ma dovremmo fare silenzio e ragionare" esordì, innegabilmente irritato "Forse lo hai dimenticato, ma Pan è rinchiuso in un cazzo di scrigno!" "LO SO!" gridai in preda alla rabbia, voltandomi verso la parete che teneva separati me e Felix "Lo so..." pronunciai in un sussurro, scivolando verso il basso fino a sedermi nuovamente sul pavimento.

Il ragazzo sospirò, prima di tornare a parlare. "Sei l'unica che possa salvarlo, Derya. Con o senza magia, sarai tu a condurlo fuori di lì ─ a riportarci a casa, tutti"; il cuore ebbe un sussulto, sconquassato dalle parole che lasciarono le labbra di Felix.

Il mio destino, quello di Peter, di ogni sperduto... dell'Isola che non c'è ─ il peso delle loro vite, gravava su di me. Io ero i pilastri, tutti gli altri il ponte prossimo ad un crollo irreversibile ─ un solo passo falso, un unico insignificante errore... e sarebbero caduti in acqua, trascinati via dalla corrente ed annegati fin quando i loro polmoni non sarebbero stati pieni fino all'orlo; infine, i corpi avrebbero trovato giaciglio sulla riva di chissà quale spiaggia, dopo aver vagato per anni interi tra le onde del mare, smarriti, dimenticati da tutti. I bimbi sperduti, sarebbero diventati anime perdute ─ ed io, senza l'amore di Peter Pan, non avrei avuto alcun motivo di esistere.

Mossi le mani in direzione del petto, andando poi a scavare sotto il tessuto del top alla ricerca del ciondolo intorno al quale, successivamente, strinsi le dita; si trattava di un piccolo flauto di pan realizzato in vere canne di bambù. Era un regalo di Peter che, dopo aver suonato per la prima volta una melodia dedicata interamente alla sua Vasílissa, egli stesso mi ebbe posto al collo.

"Ne sminuisci la bellezza"
mi disse, intento ad intrecciare le due estremità della cordicella alla quale vi era appeso il meraviglioso ciondolo regalatomi dallo stesso ragazzo
arrossii, disgustosamente imbarazzata
egli sorrise, raccogliendo il mio viso tra le mani dopo aver portato a termine l'impresa
mi guardò intensamente, quasi come se stesse scavando nella mia anima
mi resi conto solamente pochi secondi più tardi, che si fosse completamente perso al suo interno.
"Non guardarmi così"
borbottai, portando le dita a giocare nervosamente con il ciondolo adagiato tra i due seni
"Non posso? Mh, ho il permesso di fare ─ questo?"
si avvicinò pericolosamente, finendo per posare leggiardo le labbra sulle mie.
La sua lingua le lambì fino a dischiuderle con naturalezza, per poterne esplorare la bocca.
Non mi persi in lui; mi ci ritrovai, soggiogata dal sapore aspro e al contempo dolce dei mirtilli incastrato fra quei petali di rosa ─ un odore che pervase le vie olfattive fino ad inebriarmi la mente.
Dovette allontanarsi
compresi che tale gesto andasse contro il suo volere.
E mi sorrise
un sorriso che avrebbe potuto porre fine ad una guerra.
"Un giorno mi dirai come puoi guardarmi negli occhi senza percepire la brama di vederli chiudersi per sempre"
mi chiese.
"Peter..."
premette l'indice contro le mie labbra, delicato, quasi come se avesse avuto paura di farmi del male
"Non oggi. Un giorno".

I've lost everything, except you. || Part 2 ||Where stories live. Discover now