Parigi, 19 Ottobre 2015
"Tu sei pazzo" Ormai era una consuetudine: Io lo definivo pazzo per delle idee che infondo piacevano anche a me e lui rideva per la mia reazione, facendomi desiderare di dirglielo di nuovo.
"Avanti, sarà meraviglioso" Indica la Tour Eiffel e io mi sento male al pensiero di dover percorrere tutti quegli scalini per arrivare sopra.
"Perché dobbiamo fare centinaia di scalini e faticare, quando c'è una comoda ascensore che può portarci su?"
"Ma non eri un tipo sportivo tu? Non giocavi a calcio tutto il giorno?"
Sbuffo, anche se il ghigno divertito non vuole andarsene dal mio volto. "Il calcio è l'unica forma di fatica che è degna di essere praticata."
Harry scuote la testa ma nemmeno lui sembra realmente infastidito. "Bene, allora io salirò le comode scale e tu farai quella lunghissima fila per prendere un'ascensore affollata e puzzolente" Se c'è una cosa che Harry sa io odi più di faticare, è fare le code e la coda per salire su quella maledettissima Tour Eiffel è mastodontica.
Harry sorride, sapendo di avermi finalmente convinto. Gli faccio un dito medio, mia risposta personale a qualsiasi cosa tocchi il mio orgoglio ed Harry scoppia a ridere, prima di dirigersi verso le scale.700 gradini e altrettante bestemmie dopo, arriviamo in cima. Harry mi incita a raggiungerlo, elogiando la meravigliosa vista dal secondo piano della torre, anche se l'unica cosa che io desideri in quel momento è un litro d'acqua e un letto sul quale collassare. Mi trascino lungo gli ultimi scalini, ansimando.
"Ammira Parigi Lou, fatti rapire dalla sua magia" Mi appoggio ad una delle strutture in ferro della torre e perdo il fiato, questa volta non più per la fatica ma per lo stupore. Davanti a me si estende uno degli spettacoli più belli che io abbia mai visto. La città di Parigi sotto di noi che ancora una volta ribadisce la sua bellezza e la sua grandiosità. In quel momento capisco perché Harry, due settimane prima, abbia tanto insistito per fare quel viaggio insieme. Ama Parigi e nonostante l'abbia vista più di sette volte, affermava sarebbe stato come la prima volta se fossi andato con lui, che avrebbe rivissuto ogni cosa nel mostrarla a me. E capisco anche quanto io ami vedere la meraviglia diffondersi nelle sue iridi verdi e che percorrerei tutti gli scalini del mondo solo per renderlo felice.
"Allora ti piace?" Annuisco solamente. Harry sorride compiaciuto.
"Quella che vedi davanti a te è la Senna, il fiume che attraversa tutta Parigi. Poco distante puoi vedere il palazzo del Museo del Louvre. Sai, una volta lì viveva il grande Napoleone Bonaparte e se vorrai un giorno lo visiteremo." Lo ascolto attentamente, spostando lo sguardo tra lui e la parte di Parigi che mi sta spiegando, indeciso su quale sia la vera opera d'arte, perché sicuramente Harry in un museo farebbe invidia pure alla Gioconda e ai più grandi capolavori di Botticelli.
"Vedi Lou, Parigi é così grande che non potrai mai conoscerla interamente. È la nona volta che la visito e ancora non posso dire di conoscerne più della metà. Ed è proprio questa la sua più grande bellezza. Ogni volta riuscirà a stupirti con qualcosa di nuovo, ad ammaliarti con un aspetto di lei che prima ignoravi. Devi solo lasciarti catturare dalla sua magia e farti guidare. Devi solo smettere di essere te stesso, con le tue idee e i tuoi preconcetti, e lasciarti plasmare da una città che è qualcosa in più di un semplice insieme di edifici."
Fisso intensamente le sue labbra che si muovono e quando Harry sposta lo sguardo su di me, mi avvicino. Harry fa lo stesso e sembra che Parigi stia per essere spettatrice di uno spettacolo più bello di lei, quando io mi blocco e mi allontano bruscamente. Il sangue mi affluisce velocemente al cervello, inizio a vedere tutto bianco. La testa mi gira e l'unica cosa che riesco a mormorare sono delle deboli scuse, prima di precipitarmi giù dalle scale. Sento Harry urlare il mio nome, ma non mi importa e continuo nella mia corsa. In un tempo da record sono sulla piazza, qualcuno mi insulta per averlo spinto ma non gli presto attenzione come farei di solito."Lou... Sono stufo di rincorrerti, aspetta"
Un lungo fremito mi percorre la schiena. Mi immobilizzo nella piazza gremita di persone e chiudo gli occhi per qualche secondo. Avrei dovuto sapere che mi avrebbe raggiunto, le gambe lunghe gli danno un vantaggio non indifferente.
"Cos'era quello?" Non mi giro a guardarlo ma Harry continua imperterrito a parlare "Ti vergogni ancora a mostrare chi sei davvero? Pensavo avessimo superato la fase del nessuno deve capire che il grande Louis Tomlinson è gay"
Alzo gli occhi al cielo e sento la mia voce mischiarsi alla rabbia.
"Non è questo, cazzo. Non sono più il ragazzino di una volta, non me ne frega niente se la gente mi chiama frocio o checca. Anzi, se nel ventunesimo secolo qualcuno ha ancora problemi nel vedere due uomini che si baciano, allora mi sa che quello ad avere problemi è proprio lui."
"E allora perché prima ti sei spostato?" La sua voce si incrina e potrei giurare che i suoi occhi siano diventati lucidi, nonostante io gli dia le spalle.
"Non qui, Harry" Sussurro e riprendo a camminare lentamente. Fortunamente lui capisce e dopo un momento di titubanza, mi segue.Cammino per qualche minuto senza guardarmi indietro, ma riesco a percepire lo sguardo di Harry sulla mia schiena. Mi segue a qualche metro di distanza, senza parlare, aspettando solo che io trovi il posto giusto per farlo. Entro in una via laterale che in quel momento sembra il posto più appartato che io riesca a trovare e mi fermo.
"È che ho paura" Non lo guardo negli occhi, fisso solo un punto indefinito dietro di lui. Noto che sta per aprire le labbra per parlare, ma lo fermo velocemente con un gesto della mano, sicuro che se mi fermassi, l'orgoglio tornerebbe e mi impedirebbe di dire ciò che penso davvero.
"Desidero tremendamente baciarti in pubblico. E non hai idea di quanto io mi sia pentito in questi anni di esserci nascosti mentre eravamo a Brighton. Avrei voluto tenerti la mano in spiaggia a mezzogiorno, presentarti a mamma non più come un amico e non inventarmi scuse quando scendevi dalla mia stanza la mattina per fare colazione. Avrei voluto urlare in faccia agli omobofi che gli unici ad essere contro natura sono loro e dipingere con te ogni muro della casa di arcobaleno. E lo voglio tutt'ora, non fraintendermi, ma ho paura Harry. Paura di non essere abbastanza per te, per noi. Ho paura che sia un passo che non sono ancora pronto ad affrontare poiché renderebbe la nostra relazione qualcosa di ufficiale e quindi di troppo importante per non correre il rischio che io rovini tutto. Ho paura di ciò che potrò fare, ho paura di essere la nostra rovina ancora una volta" Sospiro, gli occhi di Harry vitrei. Mi guarda intensamente per secondi che sembrano eterni e poi sussurra: "Perché non riesci a perdonarti Lou?" Si avvicina a me e dolcemente mi accarezza la guancia. Glielo lascio fare, sapendo che riesce a tranquillizzarmi grazie al suo solo tocco.
"Perché lasci a quello che è successo a Brighton il potere di decidere sulla nostra relazione attuale? Brighton è stato dove ci siamo incontrati, ci siamo amati e feriti per la prima volta e nonostante sia un tassello fondamentale della nostra storia, non puoi, non devi dargli la possibilità di intromettersi su chi vogliamo essere noi oggi"
Annuisco lentamente, trovandomi ancora una volta a dargli ragione. È lui quello razionale tra noi, quello che ci sa fare con le parole grazie alle centinaia di libri che ha letto, quello che sa sempre cosa è giusto fare. E la cosa mi attrae e mi fa fremere al solo pensiero che in questo momento tanta perfezione è mia.
Mi sporgo verso di lui e lo bacio, quasi a volergli dimostrare che ciò che dice ha senso dentro di me e ci voglio provare, smettendola di aver paura di replicare Brighton.
"Torniamo in hotel?"
"Non me lo faró ripetere una seconda volta"Trascorriamo tutto il pomeriggio a fare l'amore. Io dentro di lui, lui dentro di me, mani che si sfiorano, occhi che sanno dire più di mille parole. L'uno tra le braccia dell'altro è come se riacquistassimo la nostra libertà e al tempo stesso la condividessimo con qualcuno che riesce a farcela apprezzare. Siamo fragili come sospiri, indomabili come aliti di vento.
"Lou, vado a fare la doccia"
"No, rimani qui" Lo stringo a me e avvolgo una gamba intorno ai suoi fianchi.
"Eddai Lou" Ridacchia "Me ne vado solo per pochi minuti. Mi faccio anche la barba così potrai baciarmi senza irritarti tutto il viso" Sfiora con le labbra le mie e prima che io possa approfondire il bacio si è già spostato.
"Da quando ti fai la barba?" Sorrido e mi merito un'occhiataccia. Sposto la gamba e lo lascio alzarsi dal letto, beandomi della visione di lui tutto nudo di fronte a me.
"Da quando sei così insopportabile?" Ridiamo entrambi, poco prima che lui sparisca in bagno.
Mi contorco tra le lenzuola, respirando il nostro odore ancora impresso nella stoffa. Alzo la testa, sentendo la suoneria del mio cellulare. Immagino che probabilmente dovrà essere Liam incazzato perché me ne sono andato da Vancouver lasciandogli solo un messaggio in segreteria telefonica e la cosa mi diverte parecchio. Cerco il telefono a tentoni sul comodino, ma niente. Mi alzo in piedi e raggiungo il comodino di Harry, pensando che forse potrei averlo lasciato erroneamente lì. Apro i primi cassetti e infondo ad uno di questi noto una massa scura. Allungo la mano e ciò che afferro mi stupisce: un telefono usa e getta.
Lo accendo e sul piccolo display aleggiano tre messaggi da un numero privato:'Styles, ti aspetto alle 10:00 p.m. nel posto che abbiamo stabilito'
'Sii puntuale'
'Voglio i soldi dal primo all'ultimo centesimo, vedi di non deludermi'
NOTE D'AUTORE
Al contrario delle mie aspettative sono riuscita a scrivere anche in vacanza e questo è ciò che ne è venuto fuori. Spero il finale non vi abbia troppo sconvolto e come sempre aspetto qualsiasi critica, opinione, riflessione nei commenti.Forse per il prossimo capitolo ci sarà un po' da aspettare, spero sarete pazienti.
Grazie per il continuo supporto.
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Le notti di Brighton
Fanfiction"Brighton era stata così bella da farmi illudere che la sua magia sarebbe potuta durare più a lungo del tempo, più a lungo di noi." Louis è un ragazzo inglese che da quattro anni si è trasferito nella città di Vancouver, in British Columbia. Ai suoi...