Capitolo XIX

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«Cosa trovate più sexy? Un vestito corto o una maglietta aderente e dei jeans strappati?» Chiede Mary a un gruppo di giocatori di football qualsiasi. Sono dell'ultimo anno e sembrano tutti piuttosto grossi e vogliosi di sesso.
Io fisso la scena da dietro Mary.
«Perché vorresti saperlo?» Chiede un tipo con i capelli rossi e gli occhi neri. È un tipo strano ma neanche così brutto.
Anzi, il contrario.
«È una ricerca che mi ha chiesto la Nances, per chi non la conoscesse è quella che insegna educazione sessuale.» Afferma seria Mary.
Io guardo divertita la scena. I giocatori sono tutti coonvinti che Mary non li stia prendendo per il culo.
«Beh... Io dico che la maglietta e i jeans vincono se fanno vedere abbastanza pelle.» Afferma un tizio dietro. Ha tatuaggi su un braccio e un piercing sul labbro inferiore. Quando lo guardo lui cattura il mio sguardo e mi sorride.
Smetto di fissarlo e guardo qualsiasi cosa basta che non sia il gruppo di atleti.
«Penso che il vestito vada oltre. Per feste o cose simili. Per la quotidianità... Ecco guarda quella!» Il tipo rosso indica una ragazza afro con jeans stretti e una maglietta semplice annodata sotto il seno. «Quello è qualcosa di sexy.»
Io guardo la ragazza che sta ridendo e scherzando con un ragazzo. Sembrano stare insieme.
«Quindi vincono i jeans e la maglietta?» Chiede Mary.
Tutti rispondono affermativo a parte qualcuno e allora lei li saluta e stiamo per andare quando a un'affermazione ci blocchiamo.
«E tu non saluti?» Ci giriamo e fissiamo il ragazzo che ha parlato.
«Ma a chi stai dicendo?» Chiedo fissando il tizio con tatuaggi e piercing.
«A te bambolina.» Afferma sorridendomi.
«Ciao?» Dico fissandolo di sbieco. «E mi chiamo Elen non bambolina.»
«Beh, addio.» Afferma Mary portandomi via.
«Faccia da culo.» Dico.
«Però era figo.» Afferma Mary sorridendomi. Alzo gli occhi al cielo e la spintono.
Il resto della giornata Mary lo passa ad organizzare il suo piano diabolico che non so neanche io quale sia.

*

Mary guarda dubbiosa il suo armadio. Nel mentre io guardo curiosa la sua stanza. È di un bianco panna e gli angoli sono ornati con disegni di piante.
La finestra invece è di un castano che tende all'oro.
Sulle pareti è pieno di poster dei suoi artisti preferiti e tante frasi scritte sul muro.
«È bellissima questa stanza.» Dico innamorata.
Lei si gira verso di me e sorride. «Dopo la rottura con Jackson ho rivoluzionato tutto. Prima la stanza era verde. E dato che il verde era il suo colore preferito ho fatto un drastico taglio.»
«Oh.» Affermo sorpresa.
«

Già. Pur di sopravvivere che cosa si fa...» Ride. Non sembra triste però mentre ne parla.
«Adesso stai ancora male quando ci pensi?» Chiedo mentre lei mi lancia jeans e magliette.
«Dico di stare bene perché non ne parlo. In realtà, se ne parlo mi viene sempre una strana fitta allo stomaco, sotto al cuore. Come se mancasse qualcosa lì. E manca, ma è meglio che sia così.» Afferma sincera.
«E se ritornasse?» Chiedo ancora.
«M'immagino che non tornerà. Ma tutti tornano a Santa Barbara, è quasi una maledizione.» Si avvicina a me e cerca una maglietta che per lei è accettabile. «Quindi penso che moriró lentamente dal dolore. Anche solo vedere sue foto tra i consigliati di Instagram mi fa venire tristezza.»
Prende una maglietta rossa con uno scollo sulla schiena e sorride felice. «Eccola.»
«Non vorrai mica farmi mettere una maglietta del genere...» Affermo quasi impaurita.
«Ovvio che sì. Te la metti e non rompi. Questa ha fatto faville quando me la sono messa.» Dice con un sorrido malizioso.
«Beh, io e te abbiamo corporature differenti e...» Smetto di parlare dato che è uscita dalla sua camera senza degnarmi di uno sguardo. «Fantastico.»
Rientra in camera con dei jeans pieni di strappi. «Comunque il ragazzo che ti ha salutato oggi è del terzo anno. E... Si chiama George McWall. Non ha storie alle spalle ed è piuttosto innoquo anche se non sembra dall'aspetto.» Afferma.
«Non m'interessa.» Affermo.
Lei alza gli occhi al cielo. «Ammetti che è molto figo.»
Sbuffo. «Lo è. È davvero molto figo, sensuale e tutto quello che vuoi! Ma adesso ho altro per la testa.»
Mary si siede davanti a me mettendosi a gambe incrociate. «Sei occupata a pensare ad uno che non ha detto niente dopo martedì. È uno stronzo. Un coglione. Uno così non ti merita neanche per scherzo.» Dice Mary.
«Allora perché stiamo facendo tutto questo?» Chiedo.
«Perché deve capire che cos'ha perso. I ragazzi se ne rendono conto solo se sei tu ad abbandonarli definitivamente.» Afferma Mary.
«Ma io non ho smesso di essere cotta di lui.» Affermo confusa.
«Ma lui lo penserà.» Dice lei sorridendo.
Il resto della sera lo passiamo a parlare a vanvera come due ragazze che stannoo passando gli ultimi anni di adolescenza.
Alle otto Mary mi ordina di mettermi la roba. Io lo faccio, non prima di essermi data una rinfrescata.
Appena sono pronta lei mi fissa sorridendo. «Capisco perché ai maschi piace questo outfit.»
«Io mi sento una salsiccia.» Ammetto e lei scoppia a ridere. «Mi puoi prestare qualche trucco?»
«Ah no! Niente trucco oggi. Sei bella così. E poi... Beh, il poi lo scoprirai lì.» Afferma lei.
Quando anche lei è pronta aspettiamo Zach e Mike. Arrivano con venti minuti di ritardo e quando entriamo in macchina hanno messo una musica oscena.
«Cambia Mikey Mikey!» Strillo dal sedile di dietro.
«Cosa? Neanche per sogno!» Afferma Zach al suo posto. Ci guardiamo in cagnesco ma alla fine vince lui.
«Quanto dura questa partita?» Chiede Mary mentre la macchina parte.
«Dipende dalla loro resistenza.» Afferma Mike.
«In che senso?» Chiediamo io e Mary.
«Questa partita non ha regole. Possono prendersi a botte quanto vogliono. La fanno ogni anno prima che inizi il campionato.» Afferma ancora Mike.
«Botte?» Chiedo allarmata.
«Sì. Ma. Non sono mai arrivati a mandare qualcuno al pronto soccorso, tranquilla.» Dice Zach cercando di tranquillizzarmi.
Il mio cervello però non si tranquillizza per niente.
Penso ai muscoli di Edward e di come ho faticato a rimetterli apposto.
Devo fermarlo. Non me ne frega niente. Anche se mi prenderanno per il culo, anche se lui non vorrà.
Arriviamo dopo mezz'ora di viaggio. Siamo fuori Santa Barbara, vicino alla costa. Quando usciamo dalla macchina il vento forte ci fa indietreggiare.
«Bella serata per uscire.» Afferma Mary lamentandosi.
«L'hai voluto tu.» Affermo io tirando su con il naso per il freddo.
Seguiamo Mike che ci porta fino a un grande capannone grigio. Da esso sento un vociare continuo. Mary mi obbliga a togliermi il giubotto in pelle e io lo faccio contro voglia.
Fuori da esso, all'entrata, c'è un tizio biondo che sta guardando Mary. Lo fisso di sbieco. È lui Jackson?
«Ehi Martin!» Dice Mary andando ad abbracciarlo.
No, non è Jackson.
«Ciao, bellezza. Dov'è la fortunata?» Chiede. Noi ci avviciniamo ai due, tutti curiosi.
È poco più alto di me, ma deve essere sicuramente molto più grande di età.
«Eccola.» Dice Mary indicandomi.
Il ragazzo mi guarda con i suoi occhi sicuramente verdi. «Piacere, io sono Martin.» Afferma lui allungando la mano.
È tutta tatuata e ha più anelli di me. Cosa davvero strana.
«Elen.» Affermo io piuttosto confusa.
«Noi andiamo a prendere posto. Ciao Martin.» Afferma Mike salutandolo come se lo conoscesse. Io guardo Mike ancora più confusa.
Quando Mike e Zach sono entrati Mary sta andando con loro. Sto per bloccarla ma Martin si mette in mezzo.
«Non ti ha detto niente, eh?» Ride.
«Cosa?» Chiedo piuttosto scocciata da questa situazione.
«Sono il tuo ragazzo per una sera. E sono un gigolò.» Afferma.
Io lo fisso come se fosse pazzo. «Ah.»
«Andiamo a far ingelosire questo Edward.» Afferma quasi divertito. Mi mette una mano sulla schiena e rabbrividisco al contatto. «Sei uno schianto comunque.» Afferma mentre entriami. Sorrido imbarazzata vedendo che mi sta fissando il seno.
Sposto lo sguardo mentre camminiamo dentro il capannone e mi rendo conto che è pieno zeppo di gente. Gente che ci sta fissando.
«Cristo.» Affermo.
«Già, cazzo. Mi aspettavo una festicciola schifosa.» Ammette Martin e questo mi fa ridere.
«Anche io.» Mi stringo a lui e restiamo immibili mentre cerchiamo gli altri.
«Quello deve essere il tuo Edward.» Dice Martin al mio orecchio. Sposto lo sguardo sulle panchine e incontro due occhi caramello che mi fissano.
Vedo dentro di essi fiamme di rabbia.
«Ehi, piccioncini!» Sento la voce di Muke che ci chiama. Sono nella seconda fila e per arrivare dobbiamo per forza passare davanti alla panchina dove sono seduti i giocatori della squadra dea nostra scuola.
Mentre passiamo Martin abbassa la mano sulla schiena, quasi ad arrivare sul sedere. Deglutisco sapendo che tutta la squadra di basket sta fissando quella mano adesso.
Quando arriviamo ai nostri posti sospiro dal sollievo. Grazie a Dio.
«Quel ragazzo è andato.» Afferma Martin sicuro.
«Non ne sarei così tanto sicura.» Affermo io.
Mi siedo tra Mary e Martin e prego tutti i santi che la mano di Martin smetta di viaggiare sul mio corpo. A quanto pare esauriscono il mio desiderio dato che la mano si ferma sulla mia coscia scoperta dallo strappo del jeans.
Prendo il telefono mentre Martin fa amicizia con il tipo che ha affianco. Ho qualche dubbio che sia al cento per cento eterosessuale.
Entro nella chat che ho con Edward e scrivo un messaggio. Spero che lo legga.

Sta' attento.

Lo fisso per tutto il tempo e vedo che sta leggendo il messaggio sul suo telefono.
Vedo che scrive qualcosa. Dopo poco mi arriva un suo messaggio.

Devo stare attento? Seria? Preoccupati della mano del tuo ragazzo.

Alzo gli occhi al cielo dall'esasperazione.

Quella mano fa quel che vuole fin quando io voglio.

Ti prego, non fare cazzate.

Lui si gira e mi guarda male. Poi scrive qualcosa nel telefono.

Faró quel che è giusto.

È questo che mi spaventa.

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