Capitolo 3.

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Vancouver, 25-26 Settembre 2015

La musica nel locale è forte e a tratti sembra che ti entri dentro e ti faccia tremare le ossa. Qualcuno sta fumando all'interno e qualcun'altro é già ubriaco e si sta accasciando sui tavoli da biliardo. Ho perso Liam e Niall nella folla da quasi mezz'ora. Dopo l'ennesimo tentativo non riuscito di portarmi a ballare sulla pista, mi hanno lasciato solo con un bicchiere di birra e i miei pensieri.
Mi sto tenendo a debita distanza dal bancone del bar al di là del quale Jessica lavora. Per qualche motivo che fatico ad ammettere, ho paura che Harry potrebbe entrare da un momento all'altro da una delle porte e sorprendermi nello stesso comportamento che quattro anni fa mi portò via ciò che di più caro io avessi al mondo: il suo amore.
Sospiro e bevo un sorso di birra. Harry non verrà. Harry non verrà perché è troppo intelligente per lasciarsi ferire di nuovo da un coglione come me. Ma nonostante io lo sappia bene, è come se lo aspettassi. Ho dovuto dare 30 dollari ai ragazzi che erano seduti a questo tavolo per farmelo lasciare, semplicemente perché è il posto del bar più vicino all'entrata e dal quale si può vedere comodamente fuori.
'Nel caso arrivasse voglio essere io il primo a vederlo' Penso e per un attimo lo immagino spingere la porta a vetri ed entrare nel locale. Indossa un cappotto color champagne che potrebbe sembrare esagerato per la fine dell'estate, ma che in una città come Vancouver è assolutamente necessario. Si passa una mano tra i corti boccoli e sposta lo sguardo tra la gente, come se cercasse qualcuno. Poi finalmente mi vede e i suoi occhi si illuminano come accadeva quando a Brighton mi vedeva arrivare sulla spiaggia.
"Lou!" Mi risveglio dal mio stato di trance e sbatto gli occhi "Ti ho portato qualcosa da bere, mi sembri un po' giù di morale stasera".
Jessica appoggia un Martini sul tavolo, non perdendo tempo prima di scivolare di fianco a me.
"Jessica ti ho sempre detto che non è permesso a nessuno di chiamarmi così" A nessuno tranne che a lui.
"Avanti, non essere scorbutico. Sono venuta a farti compagnia" Con un veloce movimento della mano mi sistema un ciuffo di capelli fuori posto, prendendo l'occasione per avvicinare il viso al mio.
"Non dovresti lavorare?" Ringhio. Se prima non avrei detto di no a passare la serata con lei, dopo che ha usato il suo nomignolo mi è passata tutta la voglia. "C'è Matthew che mi sostituisce" Indica il bancone del bar con un'unghia lucida per lo smalto. Faccio spallucce e poi guardo il telefono. È appena mezzanotte.
"Si è fatto tardi, torno a casa" Faccio per alzarmi ma lei mi prende il braccio con entrambe le mani. La fulmino con lo sguardo.
"Eddai, dove devi andare?"
"Devo passare in biblioteca a prendere una cosa e poi vado a casa perché sono stanco" La sento sospirare lentamente e poi molla la presa su di me. Lascio cadere sul tavolo una banconota poiché il mio codice morale mi impedisce che mi venga offerto gratuitamente da bere ed esco dal locale. L'aria fredda mi sfiora il viso. Aumento il passo verso la biblioteca e allo stesso tempo mi maledico per non essermi portato una giacca.
Mi sono comportato da stronzo con Jessica ma non riesco a fare altrimenti quando mi chiamano in quel modo. Quel nomignolo era una cosa solo sua e quando lo sento sulle labbra di altri mi sembra come se tentassero di prendere il suo posto, di portarlo via da me. Harry ormai non lo usa più. Da quando è qui a Vancouver mi chiama raramente e se lo fa utilizza il mio nome completo. L'unica volta che l'ho sentito chiamarmi ' Lou' dopo Brighton è stato durante il suo primo giorno qui. Non so bene se sia stata un'azione causata dalla sorpresa o dall'abitudine, so solo che da quel momento non l'ha più utilizzato, nemmeno una volta. E nonostante io mi ripeta che sia una frivolezza, qualcosa di nessuna importanza, ogni istante senza quel soprannome mi fa sentire un po' più lontano da lui.
Entro nella biblioteca tremando ma mi pietrifico quando noto che la luce di una delle stanza è accesa. Mando giù il nodo alla gola e lentamente mi avvicino. Quando mi trovo a una decina di metri dalla porta, intuisco che la luce proviene dalla sala dei manuali antichi. Sto per urlare che chiamerò la polizia quando vedo Harry sdraiato su uno dei divanetti, mentre legge una versione integrale dell'Otello di Shakespeare. Inevitabilmente mi scappa un sorrisino. Rimango a fissarlo, forse per troppo tempo, studiando come i suoi occhi si soffermino attenti sulle pagine e come le sue labbra si stringano tra loro quando arriva a qualche scena carica di emozioni. Il mio cuore fa un sussulto quando le sue lunghe dita girano la pagina e poi sistemano uno dei boccoli che è uscito dalla pettinatura composta.
"Ti ho già detto che non devi venire qui" Questa volta sono io, con il mio tono duro e autoritario, a spaventare lui. Non so nemmeno perché ho parlato, dal momento che avrei potuto bearmi della visione del suo corpo concentrato per almeno un'altra ora senza che lui se ne accorgesse. O forse lo so. Ho bisogno di avere lo sguardo di Harry su di me, anche se è arrabbiato. Ho bisogno di sapere che gli suscito ancora qualche emozione, anche se una di queste è la delusione. Ho bisogno di sapere che il suo corpo vibra quando io sono nella stanza, come fa il mio ogni volta che lui è vicino a me. Harry chiude il libro di scatto e si alza.
"Io ci lavoro qui dentro" Si alza e lo appoggia a uno dei tavoli. Effettivamente sono lui e Niall a occuparsi di quest'area della biblioteca mentre io dovrei starmene ad accogliere i clienti senza avere nessun tipo di pretesa su questa stanza.
"Ma questo non è l'orario di lavoro. È quasi l'una della mattina ormai"
Harry ridacchia e si avvicina a me di qualche passo. "E cosa ci fa Louis Tomlinson in biblioteca all'una della mattina quando dovrebbe essere in un bar a divertirsi con i suoi colleghi?" Schiocca le labbra e il brivido che mi attraversava da quando ha iniziato a parlare, diventa insostenibile.
"Devo prendere il Liber di Catullo per iniziare ad analizzarlo" Sussurro con la poca voce che mi rimane in corpo. Mi avvicino alla scaffale dove l'ho riposto qualche giorno prima e lo prendo fra le mani. Mi rigiro verso Harry che è rimasto immobile al centro della sala, il suo sguardo indecifrabile. Per qualche secondo mi dondolo sui talloni, indeciso se tornare a casa e iniziare tranquillamente la mia lettura o se non sprecare questo momento da solo con Harry. Alla fine la decisione la prende lui.
Mentre mi sto dirigendo verso l'uscita la sua voce risuona chiara tra le pareti: "Rimani a leggerlo qui?"
Ho quasi paura ad annuire e a girarmi verso di lui, nonostante io stia aspettando questo momento dall'esatto istante in cui Harry ha messo piede nella mia vita per la seconda volta. Se rimanessi, cosa accadrà? Lo feriró di nuovo? Si allontanerà ancora di più da me, se mai questo sia possibile?
La mia mente mi espone centinaia di motivi in ordine di importanza per cui dovrei uscire da questa stanza, ma io scelgo di prestare ascolto all'unica parte di me che invece vuole a tutti costi rimanere con Harry e vedere come andrà a finire.
Annuisco piano e mi siedo sul lato sinistro del divanetto. Dopo qualche secondo Harry si siede a pochi centimetri da me.
Il mio cuore batte forte e per un attimo ho paura che lo possa sentire anche lui. Giro lentamente lo sguardo. È così bello.
"Harry, perché sei qui? Intendo a Vancouver, in questa biblioteca?" Parlo velocemente, quasi trattenendo il respiro. Questa domanda mi frulla in testa da giorni, ma non sono mai riuscito ad arrivare da solo a una risposta che mi convincesse o non ho mai trovato il coraggio di chiederglielo. Lui ridacchia a bassa voce, portando lo sguardo su di me. "Sono io che mi dovrei stupire di trovarti in una biblioteca" Inevitabilmente sorrido anche se la tensione nell'aria è palpabile. La sua espressione si fa seria e gli occhi più scuri. "Non sei l'unico che ha avuto il bisogno di fuggire da qualcosa, Louis" Quella frase mi spaventa e mi confonde allo stesso tempo. Harry abbassa lo sguardo, non permettendomi più di avere accesso ai suoi occhi. Sto per porre un'altra domanda quando lui mi interrompe.
"Ti va di leggere ad alta voce?"
Non rispondo e dopo aver aperto il libro su una pagina a caso, inizio.
"Viviamo, mia Lesbia, e amiamo" Deglutisco lentamente e poi continuo "E riteniamo le chiacchiere dei vecchi troppo severi, come una moneta senza valore"
La mia respirazione si fa più difficile e mi sento mancare il fiato. Riapro la bocca ma non esce nessun suono. "Continua tu" Gli porgo il libro. Appoggio il gomito sul bracciolo del divano e la testa sulla mano. Il cuore sta per uscirmi dal petto.
"Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi ancora cento, poi sempre altri mille" Le sue labbra si muovono lentamente e la sua voce suona roca. In un attimo perdo ogni coscienza e mi sembra come se mi stesse chiedendo di essere la sua Lesbia e di baciarlo ponendo fine a quella straziante lettura.
"E quando ne avremo totalizzati molte migliaia, li rimescoleremo, per non sapere quanti sono" Mi avvicino a lui lentamente, lasciandomi scivolare sul tessuto del divano.  Desidero le sue labbra, desidero che le parole di Catullo si avverino anche a distanza di centinaia di anni, desidero sapere che riserva ancora qualcosa per me e che quella sera non ho semplicemente distrutto tutto ciò che avevamo. Harry blocca la lettura e lentamente sbatte le lunghe ciglia. Lo sento inspirare profondamente prima che alzi gli occhi dalle pagine e mi guardi. Mi avvicino al suo viso velocemente, con la paura che se non agissi in fretta, il momento potrebbe svanire ed Harry potrebbe ritornare a innalzare il pesante muro di ghiaccio tra di noi.
Le nostre labbra si sfiorano e il mio corpo va in fiamme. In un secondo ricordo perfettamente il suo sapore, come se dall'ultima volta che ci siamo baciati fossero passati cinque minuti e non quattro anni.
Emetto un muguglio e passo la punta della lingua sul suo labbro superiore. Sto per approfondire il bacio quando un'immagine comprare come un flash nella mia mente: un ragazzino con il viso di Harry che mi guarda disperato, deluso e schifato allo stesso tempo. Riconosco le luci del bar di quella notte e la sensazione di disgusto che mi arriva dallo stomaco fino alla gola. Mi blocco.
"Io... Non posso farlo di nuovo... Io... Scusa" Balbetto senza riuscire a guardarlo negli occhi. Mi alzo dal divano e con le lacrime agli occhi, lascio la stanza.

Le notti di Brighton Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora