La caviglia fa male e Mike non vuole riportarmi a casa perché deve incontrare Martha al bar tra poco e si deve cambiare.
In più sto aspettando Edward Posey da dieci minuti in questo posto inquietante.
Ho sentito strane storie su questo posto e se resto ancora un po' qui finirò per diventare pazza e avere allucinazioni.
Quando la porta si apre esce tutta la squadra di basket e quella di football. Mi guardano di sbieco e poi senza fare domande s'incamminano verso l'uscita.
Sento rumori sinistri alla mia destra e mi viene voglia di correre via anche con questa caviglia malandata.
Quando la porta si riapre ed esce Posey quasi sorrido alla sua vista. «Ti hanno mangiato i topi?» Chiede sistemandosi i capelli bagnati e mettendosi la sua borsa in spalla.
«Ah ah! Divertente.» Dico per niente divertita. Voglio andarmene da questo posto. «Prima di andare dobbiamo prendere la mia roba dagli spogliatoi.» Mi ricordo.
Lui mi fissa con i suoi occhi caramello. «Vado a prenderli io?» Chiede.
Quasi non ci credo che sia così gentile, ma non voglio restare ancora da sola.
«Vengo anche io.» Dico. Cerco di alzarmi ma la caviglia fa ancora male.
Lui guarda la mia caviglia e poi il mio viso. «Penso che non toccherai terra per un po'. Forza, ti prendo io.» Dice mettendo le braccia una sotto le cosce e una sulla schiena.
Finisco per essere appiccicata interamente a lui e la situazione sembra piacere al mio corpo.
Entriamo negli spogliatoi e ci accertiamo che non ci sia nessuna ragazza prima di arrivare al mio armadietto. Gli dico la combinazione, sapendo che se la dimenticherà tra qualche ora, e gli dico di prendere tutto e metterlo dentro la borsa nera.
Mentre sistema la mia roba dentro la borsa lo guardo curiosa. «Non devi andare a lezione?» Infondo è l'una e mezza. Manca ancora un'ora.
«Sì, ma dopo manderò una mail di scuse al professore. M'inventerò qualcosa.» Dice.
Lui sta trafficando ancora nel mio armadietto quando si gira e tira fuori il mio reggiseno fucsia con un coniglietto tra le due coppe.
«Non lo avevo ancora visto così.» Ride.
Glielo strappo dalle mani e lo nascondo tra le mie. «È stata una stronzata mia.» Affermo.
Lo metto dentro la borsa e poi chiudo quest'ultima.
«Andiamo in infermieria.» Dice prendendomi di nuovo. Io tengo la mia borsa nera tra le mani.
Passiamo per le scale che si connettono alla scuola e poi arriviamo all'infermieria. Posey entra come se conoscesse a memoria il posto.
Io in tutti questi anni ci sono entrata solo una volta, e l'infermiera non era tanto felice.
Ora invece, appena vede Edward, sorride come una Pasqua.
«Ma che cosa ti porta qui?» Chiede l'infermiera. Edward mi poggia su un lettino e l'infermiera mi fissa.
Ecco cosa lo porta qui.
La sua espressione muta da felice a scazzata.
«Che cos'è successo?» Chiede allungando lo sguardo sulla mia caviglia non proprio carina in questo momento.
«Sono caduta mentre correvo.» Affermo.
«Mettila sul lettino.» Dice l'infermiera. Appena mi mette sul lettino, lei mi controlla la caviglia. «Non è niente di che. In tre giorni riuscirai di nuovo a camminare normalmente. Adesso ti metto un po' di ghiaccio e poi avremo finito.» Dice. Prende una busta bianca e la schiaccia per poi metterla sulla mia caviglia. «Ecco.»
Il contatto con il freddo mi fa rilassare.
Mi distendo sul lettino e guardo quello che fa l'infermiera. Poi indirizzo lo sguardo su Edward.
È seduto sull'altro lettino e ha le mani sulla faccia. Sembra stanco.
«A te serve qualcosa?» Chiede l'infermiera a lui che alza lo sguardo e i suoi occhi caramello puntano su di lei.
«Hai per caso i cerotti?» Chiede lui.
«Ti sei di nuovo strappato i muscoli? Ieri sono venuti quattro della tua squadra a chiedermeli.» Dice lei.
Guardo le sue spalle scoperte e noto che come si muove prova dolore.
«Tieni.» Dice l'infermiera. Gli passa i cerotti grandi e blu e poi si mette a sistemare delle scartoffie.
«Signorina Lopez!» Spunta l'insegnante di ginnastica della quarta e della quinta dalla porta. L'infermiera alza lo sguardo allarmata.
«Un giavellotto ha preso un ragazzo in pieno.» Dice il professore. Sposto velocemente lo sguardo verso Posey che sembra non sorpreso.
Ma che cavolo è? La battaglia finale?
L'infermiera abbandona le scartoffie e si dirige alla porta. Si ferma davanti a noi e ci sorride. «Se dovete andare a lezione filmate l'entrata e l'uscita dall'infermeria.» Dice e poi corre via.
«Ma che...» Dico sorpresa da tutta questa frenesia.
«Questa scuola è disordinata.» Dice Posey alzandosi. Mi guarda prima di togliersi la maglietta.
«Woah! Che cazzo stai facendo?» Chiedo vedendo i suoi addominali scolpiti.
Lui fa una smorfia di dolore. «Sistemo questi muscoli.» Dice. Alza lo sguardo verso di me e sorride. Questa facci non mi trasmette molt sicurezza. «Potresti sistemarli tu?» Chiede.
Mi porge i cerotti blu e io resto per qualche secondo immobile. Poi prendo quelle fasce colorate.
«Come devo metterle?» Chiedo innervosita da fatto di avere la sua schiena muscolosa vicino a me.
«Segui la colonna vertebrale. Inizia dal fondo della schiena fino alla scapola.» Mi guida. Tolgo la carta che copre la parte adesiva del cerotto e poi faccio quello che vuole lui.
Lo faccio lentamente per paura di fargli male.
Le sue mani si tendono fino al mio materasso per sorreggersi.
La mia mano passa due volte sullo stesso punto per fissare il cerotto e questo lo fa rabbrividire.
Io dentro tremo come una foglia.
Appena finisco di mettere l'ultimo cerotto, mi allontano sentendomi scottata.
Non ho mai provato niente di simile e questo mi fa restare in allerta.
Si gira verso di me e ha uno sguardo che non promette niente di positivo.
Mi allontano ancora di più e mi concentro sulla mia caviglia.
«Forse dovrei mettere altro ghiaccio.» Dico cercandolo invano. Lui nel frattempo si è rimesso la maglietta.
«Forse devi rientrare a casa per sdraiarti.» Dice lui. Lo guardo curiosa mentre si sistema il suo ciuffo nero corvino. «Hai qualcuno che ti accompagni?» Chiede avvicinandosi a una me malconcia con ancora la maglietta gigantesca e i pantaloncini troppo corti.
Mi guarda e io resto incastrata in questi occhi caramello. «Sì.» Dico volendo che si allontani.
Si avvicina e continua a guardarmi.
Cazzo.
«Sicura?» Chiede sorridendomi.
Lo guardo e noto tutte le lentiggini che ha, i piccoli nei sulla guancia sinistra, le labbra carnose e spaccate in certi punti.
Forse dovrei continuare a dire che c'è qualcuno che mi prenderà anche se non è così, ma i suoi occhi mi dicono che un po' mi dovrei fidare e che tutte quelle stupide chiacchiere su di lui non lo identificano.
Sono solo stupidi gossip che una scuola come questa tiene stretta pur di avere fama.
«In realtà non c'è nessuno che mi possa prendere.» Ammetto.
Mi prende in braccio e poi s'incammina con le nostre borse sulle spalle. Arriviamo davanti ad una macchina nera, non un nuovo modello, e mi appoggia al cofano per prendere le chiavi.
«Ce la fai a restare qui fin quando non avrò aperto la macchina?» Chiede.
Rido perché mi sta trattando come se fossi una bambina. «Non sono una bambola di porcellana.» Dico.
Lui apre la macchina con la chiave e mette i borsoni nei sedili posteriori. Mentre lo fa mi fissa divertito. «A quanto pare lo sei.» Dice uscendo dalla macchina per aiutarmi ad entrare nel posto del passeggero.
«Non mi sono mai fatta male. Di solito sto attenta.» Ribatto.
Lui sembra non crederci. «Certo che sei bassa.» Afferma mentre mi aiuta a sedermi. Quando sta per chiudere la portiera lo guardo in cagnesco. «La mia altezza è sottovalutata.» Dico.
Scuote la testa divertito e poi chiude la portiera. In poco tempo è seduto e sta partendo.
«Direzione?» Chiede. Gli do le informazioni per arrivare a casa, lui sembra sorpreso. «Viviamo nella stessa via.»
Fantastico.
«Beh, sei pregato di non fare strane scampatelle a casa mia.» Dico seria.
Lui però va sul gioco. «Magari, tra qualche mese ... Se ovviamente non sarai caduta dentro un tombino.» Dice prendendomi in giro.
Spontaneamente gli do un colpo sul braccio, lui ride.
Poi accende la radio e una strana musica elettronica esce fuori dalle casse. La blocco subito.
«Neanche per sogno.» Dico linciandolo.
«Io lo sapevo che eri tipa da Justin Bieber.» Dice lui lanciandomi un'occhiata discriminante.
Io mi sento offesa e quindi devo subito ribattere. «Guarda che io non ascolto Justin Bieber.» Dico.
«Non l'hai ascoltato neanche una volta? Neanche una canzone?» Chiede. «Non ne hai neanche una sul tuo telefono?»
I miei occhi diventano delle fessure. «Pezzo di merda.»
«Ah! Lo sapevo!» Urla.
Alzo gli occhi al cielo e mi rinchiudo nel mio mutismo mentre lui riattacca la musica.
Cristo, è orribile.
Quando si ferma davanti a casa mia spegne quella schifezza ed esce fuori per aiutarmi.
Prende il mio borsone e poi me per poi accompagnarmi alla porta. Apro la porta d'ingresso e poi mi blocco girandomi verso di lui.
«Beh, grazie.» Dico imbarazzata dalla sua vicinanza.
«Se hai ancora bisogno, avvisami.» Mi fa l'occhiolino e poi se ne va via.
Io resto immobile sulla porta mentre guardo il suo fondoschiena che se ne va via.
Quando vedo che il mio sguardo sta diventando un po' troppo esagerato mi giro ed entro in casa.
Mio fratello sbuca dalla cucina con fare indagatorio.
«Che c'è?» Chiedo.
«Quel tipo era Edward Posey?» Chiede.
«Già.»
«Fantastico. Fidanzati con lui così poi possiamo fare le partite insieme.» Dice.
Alzo gli occhi al cielo. «Kyle ...!»
Il resto della giornata lo passo con mia madre che preoccupata mi controlla ogni secondo la caviglia.
Di notte parlo con Mike. Lui mi parla di Martha, io di Edward.
La sua frase su questa mia faccenda mi preoccupa. «Tutto quello che dicono di lui è vero.»
E io resto tutta la notte sveglia sapendo che domani non andrò neanche a scuola.*Spazio Stellare*
Diciamo che mi sono fatta desiderare...
Comunque... Voi che ne pensate di Edward?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto👀✨

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Perché sono qui
Teen FictionElen Trainor vive a Santa Barbara, ha un amico fantastico e una mamma e un fratello che la supportano in tutto ciò che fa. Nella sua scuola tutto è ingarbugliato in un unico nodo pieno di cuffiette da cui esce un sacco di musica di diverso genere...