Quando dicevo che la mia vita è una merda non scherzavo mica. Sono sfigata tutto il giorno e a volte cado anche dal letto per la mia voglia di rotolare.
E ora mi trovo a stare seduta qui con la mia maledetta maglietta sporca di sugo, su una sedia nera di plastica e scomoda, ma soprattutto mi ritrovo un troglodita affianco che sta fischiettando come se fosse un angioletto.
Oh fanculo a lui!
Sbatto il piede incazzata nera mentre sento l'odore dolciastro del sugo che penetra nelle mie narici.
E quello lì sta ancora fischiettando.
Guardo la porta della presidenza masticando la mia gomma all'anguria e quasi spero che venga espulsa pur di non convivere con mister perfetto.
E lui continua a fischiare.
Ora lo ammazzo.
«Smettila!» Strillo dopo dieci minuti che guardo la porta con aria da chi vuole morire.
Mi giro verso l'atleta e lo fulmino con lo sguardo.
Lui mi fissa come se non avesse fatto niente.
«Faccia da culo.» Borbotto prima di prendere il mio telefono per messaggiare con Mike.Mi stanno ancora trattenendo qui con il troglodita. Tu che fai?, chiedo.
Faccio finta che la mia migliore amica non sia in presidenza. Cazzo., risponde.
Già. Divertente., rispondo per poi smettere di scrivergli.
Tanto lo so che adesso mi manderà messaggi di calunnia. Essere immondo.
Finalmente la porta della presidenza si apre e il preside ci fissa con aria minacciosa prima di ordinarci di entrare dentro il suo ufficio.
Io resto in piedi non volendo sporcare la poltrona bianca che c'è davanti alla segreteria.
Edward Posey si butta sulla sedia vicina senza badare a me.
Il preside fissa la mia maglietta e poi la faccia livida dell'atleta.
«Signor Posey e signorina Trainor, siete consapevoli che questi atti sono azioni di bullismo e soprattutto di violenza?» Chiede fissandoci con la sua aria da sapiente.
In realtà il Preside Baket è un tipo non tanto alto e con una pancia da bevitore.
Non so cosa sia peggio: la violenza o l'alcol?
«A un mio compagno di squadra è scivolato il vassoio e ci sono passato io.» Si scusa l'atleta.
Alzo gli occhi al cielo capendo che finirò solo io in punizione.
«E chi sarebbe?» Chiede il preside.
La faccia del divo della scuola passa da indifferente a pensierosa. Ma che attore!
«Un certo Zach.» Afferma.
Sbuffo ridendo. Il preside punta lo sguardo su di me. «Qualcosa da obbiettare, signorina?»
Forse è meglio parlare prima che tutti m'inculino. Senz'offesa a chi piace essere inculato.
«Non esiste nessuno Zach. Semmai Mark.» Dico spostando il mio sguardo su Edward Posey che si gira verso di me e mi fulmina.
Io sorrido soddisfatta.
«Sì quello.» Dice l'atleta.
Il preside lo fissa incredulo. «Signor Posey sa almeno chi sia questo Mark?»
«È un novellino, non conosco tutte le nuove entrate della scuola.» Afferma tranquillo.
Sembra che si sia appena fatto una canna.
«E signorina Trainer, per quale motivo la guancia del signor Posey è violacea?» Chiede il preside.
«Mi è sfuggito un pugno in difesa.» Affermo.
«Se reagisce così per questo, signorina Trainer, non immagino come potrebbe reagire in altre circostanze.» Dice il preside.
Edward Posey se la ride.
Tanto poi si affogherà con la sua stessa saliva.
«Comunque siete entrambi in punizione. Farete una giornata a scuola a pulire la classe di disegno.» Afferma. «Ora andate a lezione.» Ci ordina.
Alla fine usciamo dalla presidenza. Lui mi guarda in cagnesco e poi con le sue gambe lunghe se ne va. Io sospiro e poi vado a lezione sapendo che Mike mi sta aspettando per dargli tante notizie.***
«Spera non dica stronzate perché altrimenti finisco per dagli un altro pugno.» Dico mentre Mike si siede in macchina.
Mi fissa con i suoi occhi chiari e sorride. «Ricordati che domani dobbiamo organizzarci per la beneficienze.» Afferma.
«Ancora?» Sbuffo esasperata. «Hai almeno parlato con Martha?» Chiedo.
Lui fa una smorfia contraria. «Prima occupati della tua punizione con Mister Muscoli, poi insieme parleremo con Martha.»
«Mangia cose buone da parte mia.» Dico prima che si allontani con il suo catorcio verso la strada principale.
Mi siedo su una panchina per qualche minuto e cerco di riprendere tutta la pace interiore che ho abbandonato il giorno in cui sono nata.
«Vuoi togliere le cingomme dal sottobanco o pulire i vetri di ogni singola finestra?» Chiede una voce affianco a me.
Sobbalzo spaventata e lo guardo di sbieco. «Stavo cercando un modo per non ucciderti.» Dico acida.
«Ci sei riuscita a trovarlo?» Chiede sedendosi di fianco a me. Anche da seduto è troppo alto.
Che diamine!
«No. Sei troppo rompi coglioni. E ti conosco da meno di due ore.» Gli ricordo tanto che lui si alza e s'incammina verso l'ingresso della scuola come se non volesse starmi a sentire.
Poi ad un certo punto si gira e mi fa un cenno con la testa. «Ti vuoi muovere o vuoi fare altre quattro ore qua dentro?» Chiede.
Io mi alzo velocemente e lo seguo mentre lui ricomincia a camminare.
«Quattro?» Strillo indignata.
«Già. Non sei mai stata in punizione?» Mi prende in giro.
Mentre entriamo dentro la scuola, il bidello ci fissa con i suoi occhi indagatori e poi ci lascia passare.
«Io, se fossi in te, non mi vanterei di esser stato in punizione, sai?» Dico cercando di fargli capire quanto sia stupido.
«Senti, gioia, non so chi tu sia, ma dovresti calmarti.» Dice. Io guardo le sue spalle larghe e muscolose con fare indignato e quasi offeso.
«Prima cosa: chiamami di nuovo gioia e ti ritroverai un altro livido sulla faccia; seconda cosa: con me puoi anche smetterla di fare il figo che non si abbassa a parlare con la plebe.» Dico.
«Eh?» Sicuramente si è perso al primo punto.
«Lascia perdere.» Sospiro superandolo e andando nell'aula di disegno.
Il bidello ha lasciato tutte le cose che ci servono per pulire questo ammasso di tempere, pennelli sporchi e vetri schizzati.
Mi faccio una crocchia disordinata e prendo quel che mi serve per pulire i vetri.
Edward Posey arriva dopo venti minuti, in cui non so dove sia stato.
So solo che sono stati dei bei venti minuti senza la sua presenza.
«Quindi? Muovi il culo oppure fai il figo?» Chiedo girandomi verso di lui.
I suoi occhi caramello si puntano sui miei e in lui nasce il sorriso da rimorchiatore. Non posso fare a meno di mettermi a ridere. «Non mi eccito guardandoti.» Dico prima di rigirarmi e continuare a pulire.
«Frigida.» Se la ride.
Sbuffo e guardo il mio riflesso sullo specchio mentre lui guarda la stanza curioso.
Frigida. Non è il primo a dirmelo.
Che strano. È così che si chiamano le ragazze che non te la danno? Che sono vergini?
È davvero ridicolo tutto questo.
Essere femmina e dover sentire tutto questo.
A volte vorrei girarmi e avere abbastanza muscoli per batterli, per colpirli fino a fargli capire chi comanda. Ma non succede mai.
Appena ho finito di pulire i vetri mi occupo dei cavalletti che sono stati lasciati.
Mi guardo intorno e noto che Edward Posey è sparito. Maledico lui e tutta la sua squadra di basket mentre sistemo tutto.
Alle sei il pavimento è completamente pulito e la stanza brilla di luce propria.
Sorrido prima di andare a sistemarmi in bagno.
Entrata dentro apro il lavandino e mi rinfresco la faccia, poi mi faccio la stupida crocchia disordinata e infine mi guardo allo specchio.
Frigida.
Forse è vero, lo sono. Eppure non mi da' fastidio. Mi piace esserlo. Non dover avere una scollatura provocatoria o una gonna troppo corta per dover far indurire i loro uccelli.
Non mi serve, non lo voglio.
Sono Elen. Non una qualunque.
Il telefono vibra dentro la borsa e per curiosità lo prendo in mano.
Mike mi ha inviato uno dei suoi messaggi stupidi.Credi che qualcuna mi cagherà mai?, chiede.
Sorrido allo schermo del telefono.Sì, Mike. E guarderà i tuoi capelli spettinati come se fossero perfetti, e non le darà fastidio il tuo amore verso Mulan. Troverai qualcuno, okay?, scrivo.
Rimetto il telefono in borsa, mi asciugo la faccia e poi esco dal bagno.
Canticchio una canzone di Lady Gaga mentre percorro il lungo corridoio che finisce con la luce scura, a causa dell'ora, che proviene dalla porta d'ingresso della scuola.
«Luccica.» Salto dallo spavento quando Edward Posey spunta dalla porta dell'aula di arte. Mi metto una mano sul petto come reazione alla sua comparsa.
«Porca puttana.» Dico semplicemente.
Lui ride.
E un po' capisco le ragazze che gli sbavano dietro. Ha fascino. Un fascino pericoloso e magnetico.
«Che ne dici di andare a casa mia a fare i compiti insieme?» Chiede facendomi l'occhiolino.
Gli sorrido avvicinandomi a lui. Sembra sorpreso da quello che sto facendo dato che indietreggia un po'. «Edward, non sono quella che va a casa tua per fare i compiti, okay? E poi abbiamo due anni di differenza.»
Lui sembra colpito ma lo maschera subito. «Era solo una prova. E chi ti potrebbe scioglierti. E soprattutto chi vorrebbe mai provarci con te.» Ride prima di superarmi e camminare a passo svelto verso l'uscita.
Io lo guardo con un mezzo sorriso, ma dentro sto scoppiando di rabbia e malinconia.
Quando esce dall'edificio respiro lentamente e poi ritorno in bagno.
Mi riguardo allo specchio e cerco di sorride.
Una lacrima scende giù senza che io possa fermarla. Si ferma sul mento e poi cade sul marmo nero.
«Cazzo.» Sussurro.
Mi rilavo la faccia e me la riasciugo.
Poi esco dal bagno e spero che questa volta nessuno mi fermi e lascio l'edificio.*Spazio Stellare*
Ciao girls, spero che vi stia piacendo.
Un bacio❤️

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Perché sono qui
Teen FictionElen Trainor vive a Santa Barbara, ha un amico fantastico e una mamma e un fratello che la supportano in tutto ciò che fa. Nella sua scuola tutto è ingarbugliato in un unico nodo pieno di cuffiette da cui esce un sacco di musica di diverso genere...