Il passato

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Erano trascorse più di due ore da quando il suo migliore amico l'aveva sorpresa presentandosi a casa nel cuore della notte, con una valigia tra le mani e un sorriso tra le labbra. Quel dannato sorriso che l'aveva fatta innamorare di lui anni prima. Un sorriso gentile, timido, a volte spento. E quel paio di occhi azzurri che sapevano parlare, in cui lei era sempre riuscita a leggere. Non potevano avere segreti, perché lei lo capiva al volo. Capiva i suoi sbalzi d'umore, le sue paure e i suoi sogni. Capiva perché d'un tratto quegli occhi diventavano spenti e quel sorriso scompariva. E allora senza risultare invadente, gli stava accanto. Gli accarezzava il viso, gli offriva un paio di braccia in cui lasciarsi andare o semplicemente gli sorrideva, per fargli capire di esserci quando avrebbe voluto parlare. Spesso le parole neanche servivano, perché entrambi sapevano di poter contare l'una sull'altro. Era sempre stato così, fin da quando erano solo due chirurghi con la divisa mimetica fermi in un aeroporto con un bagaglio pieno di vestiti e paure. Il caso ha voluto che i loro posti sull'aereo fossero vicini, in quel viaggio lungo che da New York li avrebbe portati in Iraq per prestare soccorso alle vittime della guerra.
Quel ragazzo coi capelli rossi seduto accanto a lei era silenzioso, fissava fuori dal finestrino. Lei, che non aveva mai avuto problemi a socializzare, si presentò e ottenne come risposta un sorriso impacciato. "Piacere mio, sono Owen. Owen Hunt, un chirurgo d'urgenza".
Erano passati anni, ma ricordava ancora quel giorno. C'era qualcosa, in quell'uomo, che l'aveva colpita. A distanza di tempo ancora non aveva capito perché in lui avesse visto una persona speciale. Dopo quel viaggio, erano diventati sempre più amici. Tra loro si era creato un rapporto intenso, che li aiutava a sopravvivere alla terribile realtà in cui si erano avventurati. Ogni giorno curavano donne e bambini malati, uomini mutilati dalla guerra. Al minimo rumore sussultavano, dovevano prestare attenzione a qualsiasi dettaglio e avevano sempre paura di non poter fare abbastanza. Alcuni loro colleghi erano morti, insieme a tanti piccoli innocenti. L'Iraq li stava rendendo freddi e distaccati, perché vivere in mezzo all'orrore richiedeva una grande forza.
Tornando indietro a quei momenti, ricordò lo spavento provato il giorno in cui per la prima volta lei e Owen si erano separati. Owen sul carro armato stava trasportando un paziente, lei era in elicottero per lo stesso motivo. Dovevano arrivare alla stessa destinazione. Lei aveva già finito di operare il suo paziente, ma dopo otto ore non c'era ancora traccia del suo amico. Una morsa le stringeva lo stomaco, era spaventata. Poteva essere successa qualsiasi cosa, ma non voleva pensare al peggio. Eppure qualcosa le suggeriva di chiedere aiuto, infatti decise di ascoltare l'istinto e due ore dopo finalmente avevano trovato quello che restava del carro armato su cui viaggiavano Owen e Denny.
Lo vide chino sul corpo di Denny, in preda ad un pianto disperato. "Teddy! Teddy! Denny è... lui... aiuto..."
Non si era mai realmente liberato dei sensi di colpa di quel giorno. Avrebbe voluto insistere, fare di più, ma Denny lo aveva implorato di lasciarlo andare. Soffriva troppo, credeva che nessuno li avrebbe salvati e invece appena Owen aveva tolto la mano che bloccava l'emorragia, era arrivato l'elicottero a prenderli. Continuava a ripetersi che se solo avesse aspettato un minuto in più, l'amico sarebbe ancora vivo. Diceva che lui era l'unico sopravvissuto e per quanto fosse felice di essere ancora vivo, non era giusto. Continuava a pensarci e si svegliava nel cuore della notte. Teddy non poteva fare altro che stargli vicino, ma spesso non era abbastanza.

I ricordi si rincorrevano nella sua testa, mentre lo aveva davanti che la fissava in attesa di una sua risposta. Eppure, come sempre, non avevano bisogno di tante parole. Lui si era sbilanciato per la prima volta in tanti anni, si stava mettendo davvero a nudo, spogliandosi di tutte le sue paure. Cosa poteva dirgli? Aveva sognato per anni un momento così perfetto. Sembrava che tutto stesse andando al proprio posto.
Voleva dirglielo, ma non aveva più voglia di parlare. Le parole erano superflue in quel momento magico. Il camino acceso, la neve fuori dalla finestra, le loro dita intrecciate: il momento perfetto per la loro prima volta. Non avrebbe mai immaginato che potesse accadere, ma era tutto così naturale. I loro corpi si appartenevano, era una certezza.

L'amore trova sempre la stradaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora