Capitolo 12

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Al suono della campanella, Lane si accinse ad entrare nell'edificio scolastico. Mentre avanzava tra i polverosi corridoi, notò affissi all'albo gli annunci dell'imminente inizio della stagione di football e sorrise. Aveva giocato a football da piccolo, poi talvolta lui e Jeremy avevano partecipato a dei tornei amatoriali con altri compagni di classe. Lane non se la cavava affatto male, ma non si riteneva adatto ad intraprendere quella carriera. Ciononostante, come ogni anno avrebbe guardato tutte le partite e fatto il tifo per la FUHS e, soprattutto, per il suo quarterback. Appena scorse il proprio armadietto infondo al corridoio, vide Miranda scattare nella sua direzione. Alzò gli occhi al cielo ma non cambiò strada, trovandosela pochi secondi dopo dinnanzi a lui.
«Lane,» disse lei, appoggiando una mano all'armadietto che il castano stava provando ad aprire. Questi sbuffò e roteò gli occhi, poi la fissò.
«La mano,» rispose, indicando il blocco che lei aveva apposto alla sua principale fonte di libri scolastici.
«Lane, dobbiamo parlare,» sostenne la ragazza. Lane incrociò le braccia e non rispose. «Andiamo! Non fare il bambino di due anni.»
«No, Miranda, non c'è nulla di cui parlare. Ti sei schierata dalla sua parte, lo rispetto, mi hai detto di tornare da voi quando avrei smesso di fare il bullo, ebbene non ho ancora finito. Quindi, o te ne vai o andrò in classe senza libri,» chiarì lui, guardandola negli occhi. Era proprio bella, non capiva come potesse essere single.
«Okay, forse non mi sarei dovuta schierare e ti chiedo scusa se ti ho dato l'impressione di non sostenerti. Ciò che ha fatto Jack è orribile, ma non puoi continuare così. Lo sai che sono passate due settimane, vero? Non hai parlato né a me né e a lui. Io... mi manchi, Lane, mi manchi tanto,» fece lei, con occhi sinceri. Il castano si sciolse dalla sua posa rigida e composta e le mise una mano sulla spalla, stringendola.
«Mi manchi anche tu, Miranda, ma lui no,» mise in chiaro Lane. Poteva perdonare lei, ma non Jack. Non l'avrebbe mai scusato per ciò che aveva fatto a Dylan e Jeremy. Proprio quest'ultimo si stava avvicinando a loro dalle spalle di Miranda, probabilmente per andare in classe con Lane.
«Ti prego, perdonalo Lane. Sta male senza di te,» tentò ancora la donna. Lui sbuffò.
«No, Miranda. Non potrò mai perdonarlo. Mai.» Jeremy li raggiunse e sorrise al castano, quindi la ragazza si voltò e lo vide.
«Ciao ragazzi. Vedo che finalmente siete tornati a parlarvi. Non lo sopportavo più, finalmente avrà qualcun altro a cui dire quelle cose da gay,» disse il nuovo arrivato. Miranda alzò gli occhi al cielo e abbracciò Lane.
«Sono contenta che mi hai perdonata, ma pensaci, okay? Pensa a Jack, prenditi il tuo tempo ma non chiudere il capitolo così. Ciao, Jeremy,» fece la ragazza, quindi si allontanò dai due. Il più grande la fissò finché non ebbe svoltato l'angolo, quindi tornò a guardare Lane.
«Secondo te le piaccio?» Chiese all'amico, che scoppiò a ridere.
«Tu e Miranda? Assolutamente no,» rispose, non riuscendo a smettere di ridere. L'altro lo guardò male, poi scrollò le spalle e attese che prendesse i libri, quindi i due si diressero verso la propria aula.
«Secondo me le piaccio. Ho sicuramente qualche possibilità con lei. Ma tu devi aiutarmi, quindi comincia a sondare il terreno.»

Lo spogliatoio femminile era sempre la zona più pulita dell'intero istituto scolastico. Le panche in legno, gli armadietti colorati, le docce, i lavandini, tutto era perfetto. Al contrario di quello maschile, ovviamente, dove probabilmente si prendeva la sifilide solo guardandolo. Miranda si sedette sulla panca più vicina al proprio armadietto e iniziò a cambiarsi, mentre si chiedeva che fine avessero fatto tutte. Persino Laurel, la ragazza con cui era solita stare nelle ore di palestra, era scomparsa. Poi udì delle voci provenire da alcune file addietro, quindi si alzò e corrugò la fronte. Si avvicinò con cautela e riconobbe perfettamente il soave tono di voce di Lisa. Dall'angolo del muro spiò le loro espressioni sconvolte.
«Te lo giuro, Taylor, è andata così,» disse Lisa. La sua migliore amica era sgomenta.
«E quindi l'hai lasciato?» Domandò la mora, portandosi una mano davanti alla bocca con fare da oh mio Dio.
«Certo, mi ha fatto male, guarda ho ancora i lividi!» Rispose lei, mostrando degli evidenti segni sulle braccia. Poco dopo un vociare evidente irruppe nello spogliatoio, quindi Miranda tornò di gran carriera alla propria postazione con lo sguardo fisso nel vuoto. Dylan aveva picchiato Lisa? Non era possibile, non era da Dylan. Scosse la testa. Doveva dirlo assolutamente a Lane. Attese la fine delle due ore di palestra e si cambiò il più in fretta possibile, quindi procedette a passo spedito verso la mensa. Si appollaiò al suo solito tavolo e attese Lane. Jack non c'era, erano due settimane che né lui né Lane si facevano vedere a pranzo. Jeremy varcò la soglia della porta e sorrise alla ragazza, avvicinandosi a lei.
«Ehi, posso?» Chiese. Lei lo guardò stranita. Da quando Jeremy si sedeva al loro tavolo?
«Penso di sì,» rispose, quindi lui si accomodò, ancora sorridendo. Sì, era decisamente strana la situazione. In quel momento apparve Lane e si sedette al proprio posto, cercando di trattenere una risata rivolta a Jeremy. Si era seduto lì per Miranda?
«Lane, grazie a Dio. Ho sentito Lisa parlare con Taylor, in spogliatoio. Pare che Dylan l'abbia picchiata e che lei l'abbia lasciato,» disse lei tutto d'un fiato. Il castano spalancò gli occhi.
«Se lo sarà inventato. Dylan non è il tipo da mettere le mani addosso,» assunse lui, guardando Jeremy in cerca di conferme. Lui scrollò le spalle, ignaro.
«Ho visto i lividi, Lane. Erano brutti, come se l'avesse afferrata e stretta ai polsi,» spiegò Miranda. Lane deglutì e serrò la mascella.
«Non è possibile. Io... perché?» Fece il castano. Jeremy gli strinse una spalla.
«Probabilmente c'è una spiegazione logica che ci sfugge. L'ideale sarebbe parlarci alla fine della scuola, dato che qui non mi pare di vederlo,» suggerì, Lane annuì, con sguardo fisso nel vuoto. Quella notizia l'aveva devastato, eppure sarebbe dovuto essere contento che Dylan si era lasciato, ma aveva una sensazione spiacevole che gli stringeva lo stomaco. Lui non stava bene, e Lane odiava che stesse male. Trascorse il resto della giornata in maniera semi assente, poi appena la campanella suonò, si precipitò fuori. Jeremy lo seguì, braccandolo quando stava superando i cancelli della scuola.
«Lane, aspetta! Ti porto io,» disse lui, indicando la sua auto. Lane annuì e saltò su. Il viaggio fu estremamente silenzioso e, pochi minuti dopo, i due giunsero alla casa dei Carlyle. Il castano congedò Jeremy, ringraziandolo, e si accinse a entrare. Superò la cancellata maestosa e percorse il vialetto che tagliava in due il giardino perfettamente curato. Appena raggiunse la porta a doppio battente, suonò il campanello. Qualche secondo più tardi, la porta si aprì ed apparve una donna abbastanza in carne, sulla quarantina, con i capelli neri raccolti e i tratti somatici sudamericani. Indossava un grembiule bianco e aveva in mano un piumino.
«Sì?» Chiese, con un accento evidentemente messicano. Lane si passò una mano tra i capelli.
«Cerco Dylan,» annunciò, scorgendo dei movimenti alle sue spalle. Poco dopo, il signor Carlyle apparve sulla soglia della porta.
«Grazie Dolores, ci penso io,» fece l'uomo, lei annuì sorridente e si allontanò. «Dylan non c'è.»
«E dove posso trovarlo?» Domandò Lane, guardando bene Byron. Aveva un aspetto per niente fresco: le occhiaie marcate erano la prima cosa che si notavano sul suo viso stanco e dolorante. Ma lui era un assassino.
«Probabilmente a scuola, suppongo tornerà a minuti, vuoi aspettarlo dentro?» Chiese, Lane scosse il capo.
«No, grazie. Se lo vede può dirle che Lane Derrick è passato? Grazie.»
«Derrick? Salutami tua madre,» rispose Byron, chiudendogli la porta in faccia. Lane rimase interdetto: il signor Carlyle conosceva sua mamma? Scosse il capo e si allontanò, ci avrebbe pensato in un secondo momento. Prima doveva trovare Dylan, dal momento che era certo che non fosse a scuola. Un'idea gli balenò in testa. Corse sino alla fermata del bus dove solitamente prendeva lo scolastico e guardò gli orari appesi alla pensilina. Doveva attendere una decina di minuti. Al termine di essi, un pullman arancione si fermò in parte a lui. Lane salì e fece il biglietto, quindi si accomodò infondo al mezzo. Una mezzoretta più tardi arrivò in prossimità del lago, quindi scese e raggiunse il molo. Ricordava di dover proseguire verso sinistra, così percorse le assi scricchiolanti e raggiunse l'insenatura del Discoteque Roby Club. Appena arrivato, sospirò e spalancò le porte, venendo invaso dall'odore di alcool e cibo di quel posto. Sulla sinistra, infondo alla sala, c'era un ragazzo dall'aria triste, intento a tracannarsi tutti i liquidi del locale. Bingo.

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