5. Supermarket

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La prima cosa che faccio è stiracchiami come un gatto che si rotola per terra, con gli occhi ancora chiusi.
Io suono delle ossa che scrocchiano mi dona un immensa sensazione di benessere.
Una volta che apro gli occhi vedo i segni delle pieghe delle lenzuola sulle braccia, segno di un sonno veramente pesante.
Mi alzo dal letto continuando a stiracchiarmi e guardo fuori dalla porta scorrevole.
Guardo la macchina e no, ancora non riesco a essere sicura se era la realtà o un fervido sogno.
Mi lavo il viso con dell'acqua gelata e mi preparo per andare a fare la spesa come mia mamma mi aveva pregato ieri lasciandomi la lista della spesa.
Così mi vesto molto leggera visto la radiosa giornata, jeans a vita alta canottiera bianca che mi lascia scoperta un filo di pancia e le mie amate ma malconcia Vans.
Dopo aver rifatto il letto e salutato Fiocco di neve prendo le chiavi, la lista i soldi ed infine il telefono per poi uscire da casa.
Prima di scendere le scale mi fermo con le spalle rivolte alla porta di casa e mi fermo a fissare la macchina e il punto in cui mi ricordo di essermi fermata con i piedi nudi sul asfalto.
Dovrei raccontare questa cosa a Jennifer ma non lo farò fino a finché non sarò certa di non aver preso una botta in capo, poi Jennifer nonostante siano le undici non mi risponderebbe dato le sue innate doti nel dormire.
Un rumore mi sveglia dai miei pensieri.
Una porta che si chiude.
Mi volto verso la mia destra e lo vedo.
Okay, non può più essere una mia immaginazione.
«Hey!» mi saluta scendendo gli scalini di casa sua velocemente.
Kelsey svegliati e... act cool.
«Hey buongiorno.» dico deglutendo rumorosamente.
«Buongiorno.» dice venendo in mia direzione.
Mi sorride e Dio, non può essere vero.
«Sei ancora convinta di essere in un tuo sogno?» chiede a 10 cm dal mio viso.

Come si respira?

«Diciamo che dovevo rivederti alla luce del giorno per convincermi.» dico ridacchiando nervosa sotto il suo sguardo attento.
Io faccio lo stesso e anche oggi è total black ma è vestito comodo e sportivo.
«Tranquilla non sono Edward Cullen.» dice ridacchiando.
Dio, quella risata sembra entrarmi nelle ossa.
«Fammi vedere... no non stai brillando.» dico guardandogli le guancia rosee.
Lo vedo trattenere una risata scuotendo la testa.
«Ora devo andare che se mia madre torna e non trova la spesa mi fa fuori.» dico guardando il foglietto quadrettato con sopra la calligrafia di mia madre.
«Vieni, ti do un passaggio.» dice sbloccando l'Audi nera.
Mi fermo un attimo.
Dovrei accettare?
«Ma no tranquillo, avrai da fare. Posso benissimo andare a piedi.» dico mentre la mia me interiore vuole letteralmente prendermi a calci. Insomma quando mi ricapita una occasione del genere? Ma da un'altro lato sono molto orgogliosa di come sto gestendo la situazione. No momento fangirl davanti a lui, no balbettio, sono davvero fiera.
«Devo solo andare in palestra e non scappa da nessuna parte quindi...» dice aprendo la portiera.
Ci guardiamo entrambi e ci sorridiamo.
Con la testa mi fa cenno di entrare nella macchina.
«Okay.» dico superandolo e salire in macchina.
Lui chiude la portiera e fa il giro della macchina.
La macchina sembra nuova di zecca, senza nessuna ammaccatura, senza un briciolo di polvere.
Appena sale in macchina mi sento un po' ad disagio.
Appena mette in moto si volta verso di me sorridendomi e mi chiede: «Ti dispiace?» mi chiede indicandomi la radio.
Mi preso un'attimo per scrutarlo bene negli occhi per poi passare ai suoi capelli che fanno l'idea di essere più soffici del cotone.
«Oh niente affatto.» dico.
Così con le sue lunghe dita accende la faccio mentre lasciamo il vicinato.
Drag Me Down. La adoro.
Inizio a battere il piede a ritmo, mimo le parole mentre guardò fuori dal finestrino.
«Ah! Di questa hai pure fatto la Cover tempo fa.» dico ricordandomi e lui sorride compiaciuto.
«Già. L'hai ascoltata?» chiede guardandomi con la coda del occhio cercando di stare attento alla strada.
«A essere sincera, ho ascoltato prima la tua cover che la canzone originale.» dico ridendo.
«No! Davvero?!» chiede unendosi alla mia risata.

Appena scende si guarda attorno e lo vedo tirare un sospiro di sollievo difronte al parcheggio vuoto.
Immagino quanto gli manchi trascorrere almeno una giornata da ragazzo "normale".
«Allora grazie.» dico ma lui chiude la portiera.
«No vengo con te.» dice.
«Ma no, già mi hai dato il passaggio.» dico fermandomi davanti a lui.
«Come ti ho già detto, la palestra rimane dove è poi come farai a tornare a casa con le buste?» chiede, vorrei tanto ribattere dicendogli che il tragitto ormai lo faccio da mesi ma l'unica cosa che faccio è sorridergli ed avviarmi verso l'entrata.

Everything means nothing if I can't have you ||Shawn Mendes||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora