Le ali della sera

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Rhydian Urquhart era un uomo sulla trentina, non eccessivamente muscoloso e dai capelli mori. Stava in piedi davanti ai due individui con la schiena lievemente inarcata in avanti, avvolto in un piumino blu scuro, quasi intimorito, al punto che, nonostante superasse entrambi di qualche centimetro, pareva una figura più minuta di quanto non fosse.

Si trovavano nel giardino dietro la casa, dove anziché il viale alberato vi era una distesa di aiuole dai colori sgargianti, sostituite a intervalli regolari di alberi di rimu, faggio, matai, kauri, totara e di altre specie, alcune sconosciute ai due colleghi, imponenti ma ancora giovani, che non avevano ancora raggiunto l'apice della loro crescita, le quali sembravano formare uno spazio vuoto volto a catturare l'occhio verso il centro, costituito da un semplice spazio circolare erboso, in mezzo al quale era situata una grande voliera vuota.

«Conosceva bene il signor Braxton?» domandò Travor interrompendo il momento di silenzio che si era formato da quando avevano chiesto all'uomo di fargli qualche domanda. Il vento cominciava a placarsi e l'aria stava divenendo più calda con l'avanzare del Sole in cielo, rendendo le condizioni esterne più sopportabili.

«Sì, signore. Ho lavorato per lui per anni, conoscevo questi giardini più delle mie tasche. Non riesco a credere che qualcuno abbia potuto ucciderlo!». Le mani del giardiniere, segnate dal lavoro, tremavano appena mentre parlava, la sua voce sembrava quasi uno squittio, unito al fatto che egli incespicava appena sulle parole, quasi volesse dire molte cose ma le bloccasse sul nascere.

«Sa per caso se aveva dei nemici, qualcuno che avrebbe potuto ucciderlo?» domandò Robert, cercando di mantenere il tono rassicurante che gli era stato insegnato ad usare per mettere a proprio agio le persone con cui trattava e alzando gli occhi dal quaderno cercando il contatto visivo.

«No, non vedo come potrebbe essere stato possibile. Alberic era un uomo molto gentile, seppur eccentrico e schivo. Non parlava quasi mai con nessuno, eccetto con i suoi dipendenti, ma non ci ha mai trattato male, parola mia, ci pagava bene. Mi ha dato lavoro quando ero ormai disperato, signore, era uno dei miei più cari amici» affermò con la voce che si incrinava a tratti, il tremore alle mani che si accentuava. Era ben chiaro che l'uomo era prossimo al pianto, l'agitazione, lo stress, la paura e il trauma stavano avendo la meglio sul suo autocontrollo. Robert leggeva molto bene le emozioni sul suo volto, comprendeva che gli era difficile assorbire la notizia della morte di una persona conosciuta. Nei suoi anni di lavoro era entrato in contatto con molte persone e aveva assistito a molte reazioni diverse alla stessa situazione, ma non c'era giorno in cui la varietà della psiche umana smettesse di sorprenderlo.

Travor stava per porre un'altra domanda, quando venne interrotto da un forte stridio che riempì l'aria, sembrava il verso di un rapace che scendeva in picchiata sulla sua preda, annunciando a chiunque lo ascoltasse che il predatore aveva scelto il bersaglio della sua caccia e gli faceva iniziare la corsa disperata e stremante in cerca della salvezza. Le tre figure volsero lo sguardo verso Sud, scorgendo in cielo il profilo di un uccello, in controluce, che veniva verso di loro. La sagoma si avvicinava velocemente e i contorni divenivano più definiti, prima i colori, poi il piumaggio e infine si riuscivano a vedere gli occhi e il becco rapace del volatile, che si librava ormai rasoterra, al loro livello. Il volto di Rhydian parve distendersi completamente, le rughe di preoccupazione scomparirono e sul viso si fece spazio un lieve sorriso stanco, mentre, con un movimento che sembrava aver fatto un centinaio di volte a quella parte, prendeva dalla tasca un pezzo di stoffa marrone, che Robert riconobbe come un guanto da falconiere, per poi infilarlo nella mano destra e tendere quest'ultima in avanti, alzata sopra al livello del suo capo. Il rapace non dava segno di voler rallentare, volava dritto in una posa aerodinamica, tanto che dava l'impressione fendesse l'aria con un taglio netto, deciso, guizzando su di essa come il migliore dei nuotatori. Quando ormai sembrava che l'uccello li avrebbe sorpassati sotto lo sguardo meravigliato dei due colleghi, esso spalancò le ali frenando e dando una splendida visione dei colori neri, marroni e bianchi che avevano le sue piume, poggiandosi con grazia sulla mano del giardiniere. Richiuse le maestose ali e fu in quel momento che Rhydian tornò a girarsi verso Robert e Travor, permettendo al falco di rivolgere il suo sguardo fiero e solenne verso di loro. I due guardavano meravigliati la creatura che avevano davanti, le zampe ricoperte di piccole piume bianche, quasi fossero una sorta di pelliccia, erano provvisti di acuminati artigli, le ali, da quello che avevano visto, erano immense, quasi tre volte la lunghezza del corpo dell'animale, ovvero persino più di un metro e mezzo, e dalle sfumature armoniosamente alternate nella porzione interna di quella parte del volatile, mentre in quella esterna tutto ciò veniva coperto da uno strato di piume marroni. Il ventre era niveo come gli arti inferiori, candore che si estendeva fin sopra il collo, sino alla testa, dove veniva interrotto da una fascia di colore scuro che circondava la testa e incorniciava i vigili occhi gialli e comprendeva anche il becco aguzzo, nero e dalla parvenza pericolosa.

La misericordia di InvercargillDove le storie prendono vita. Scoprilo ora