Capitolo 16 - Tutto l'amore che c'è -

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Claudio poggia la birra sul tavolo, cammina su e giù per il soggiorno, il cellulare tra le mani che iniziano a tremare. Sa benissimo che sta per fare una cazzata. Ma non vede altra scelta al momento. Deve parlare con quel ragazzo, nella sua mente adesso è l'unica soluzione per mettere fine a questa storia.
Si ferma. Digita.

*Dietro casa mia ci sono dei giardini, non ti sarà difficile trovarli visto che sai tutto. Tra mezz'ora lì. Andrea non fare scherzi, perché se mi succede qualcosa, stai pur certo che risalgono a te in un attimo. *

*Prova a fidarti. A dopo. *

Si certo. Prova a fidarti. Ma questo è proprio stupido.

Claudio sospira.
Ormai ha deciso, lo vuole affrontare.
Prende un foglietto, lascia un messaggio a Mario nel caso si svegliasse.

Sono uscito a prendere un po' di latte per fare colazione domani. Torno subito.

Va in camera cercando di non fare rumore, appoggia il foglio sul comodino, accanto al cellulare di Mario.
Dorme beatamente.
Prende i vestiti dalla sedia, torna in cucina e si prepara a uscire.
Si abbottona il giubbotto, prende chiavi e telefono e comincia a scendere.
Dopo la prima rampa di scale si ferma.
Un "piccolo" particolare finora dimenticato, gli arriva dritto in faccia.

Come cazzo faccio a uscire con quel poliziotto lì davanti? che gli racconto? Merda. Devo trovare il modo di non farmi vedere. Mi basterebbe girare l'angolo della strada e sarei già fuori dalla sua visuale.
Si ma come ci arrivo.

Claudio arriva al portone del palazzo, lo apre appena e sbircia fuori. Non crede ai suoi occhi.
Un furgone alto e lungo è parcheggiato proprio sul suo lato della strada e con un po' di attenzione, riesce ad arrivare all'angolo e a svoltare nella via accanto senza essere visto.
Aumenta il passo e si dirige verso i giardini pubblici. Sono praticamente attaccati al suo palazzo, confinanti con il dietro della sua facciata.
Si posiziona al centro del parco, dove c'è più luce e qualche panchina. Si appoggia ad un lampione, incrocia le braccia. Aspetta.
È nervoso, incazzato, stanco. E impaurito.
Si sta rendendo conto solo ora del gran casino in cui si potrebbe essere cacciato. Ma ormai è lì.
Quasi spera che il poliziotto l'abbia visto allontanarsi.
Passano i minuti e ad ogni piccolo rumore salta su se stesso.
Le campane della Chiesa vicina hanno appena suonato le ventitré.
E ad un certo punto lo sente. Sente pronunciare il suo nome.

"Claudio."

Si volta. Lo vede.
È dietro di lui appoggiato ad un albero. In una zona poco illuminata. Claudio gli fa cenno di raggiungerlo lì sotto al lampione. Dove c'è più luce.
Andrea si incammina, guardandosi intorno con fare sospetto.
Gli arriva davanti. Claudio lo guarda stupito.

"Dovrei essere io quello che si guarda intorno preoccupato. Non tu. Che diamine sta succedendo?"
"Grazie per essere venuto Claudio. Non era così scontato. "
"Mi hai quasi minacciato. Non avevo molta scelta. "
"Lo so...ma era l'unico modo per poterti vedere. Ti devo dire delle cose. E dobbiamo fare alla svelta perché non so per quanto tempo saremo soli. "
"Che cazzo stai dicendo??? Che significa??"
"Significa che molto probabilmente mio padre mi ha seguito, come ha fatto con voi negli ultimi giorni. Quindi adesso ascoltami attentamente perché credo di non avere un'altra possibilità di dirti queste cose. "

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