» somebody help me tame this animal I have become

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Tre giorni dopo, Gerard non c'è a scuola.
Quattro giorni dopo, nemmeno.
Passano cinque, sei giorni, una settimana.

Frank si tortura nei pensieri.
Impazzisce, si droga, si incrina.
Il dolore sfrega sul suo cuore come quella lama affilata sui suoi polsi.
Ha sete di sangue, del suo stesso sangue.

Perché Gerard non c'è più?

Da quando lo ha imboccato in mensa non riesce più a toglierlo dalla sua testa.
Fragilissimo e aggraziato.
Non sa cosa è successo, cosa gli è preso.

È arrabbiato con se stesso, in un certo senso; cosa cazzo sta facendo?

Cosa cazzo stai facendo?
Se l'è chiesto tutto il tempo, mentre gli dava da mangiare e anche dopo, mentre al posto che pensare a se stesso e alla miriade di problemi che ha si è ritrovato a contemplarlo mentre prendeva gli appunti di filosofia, mordicchiandosi le labbra e tracciando dei piccoli cerchiolini sul banco con il tappo della penna.

Ma tutto questo prima che non ci fosse più.
Prima che sparisse.
Prima che andasse in ospedale: finalmente viene a saperlo.
Le voci girano in fretta.

Adesso Gerard non c'è.
Manca.
A Frank manca.
Manca.
Se lo ripete e gli sembra incredibile.

Persino nei pomeriggi spesi tra il fumo delle canne sente qualcosa rodergli dentro. Una vita che non è abituato a percepire pulsa dentro di lui in cerca di un'altra scintilla di speranza a cui aggrapparsi per non morire. E' esile, appena nata, lotta in un'agonia in cui Frank si sente soffocare.
Un giorno, quando torna a casa, vede il suo spettro di marijuana seduto sul suo letto. Danza per lui tutta la notte, fino a farlo addormentare, esausto e sfinito dalla guerra civile del suo corpo contro sé.
Il cigno e l'esile fiore muoiono in un'unica figura, ancora e ancora.
Gli sembra che guardino con le sopracciglia corrugate i suoi polsi reticolati rosso sangue.

Nelle ore prima dell'alba si sveglia di soprassalto sussultando, in fermento per l'erba, si perde in elenchi infiniti di tutto ciò che sa di lui.
Solo per il gusto di assaporare quei piccoli particolari.

Gerard ha i capelli neri, la carnagione pallida.
E' magrissimo, sembra che possa volare via con un soffio di vento: tutti dicono che all'ospedale ci è andato perché è anoressico.
Si morde spesso le labbra.
A pranzo non è mai in mensa, forse perché è a ballare - forse perché non vuole mangiare.
Ecco perché è svenuto.
Ecco perché è così fragile.
Si è trasferito con la sua famiglia da New York.
Ha un fratello, è più piccolo.
Arrossisce non appena deve parlare davanti a tutta la classe.
Frequenta i suoi stessi corsi di arte, letteratura, francese, matematica, chimica e filosofia.
Gerard.
Chissà che gli ha fatto.
Gerard.
Lo ha imboccato davvero nella mensa?
Gerard.
E' brillante in tutte le materie.
Gli ultimi raggi di sole dell'autunno che entrano dalla finestra al pomeriggio lo illuminano di una bellissima tonalità aranciata, e la sua bocca, i suoi occhi, il suo collo, sembrano ancora più belli, ancora più puri e perfetti, intoccabili, ancora più sacri.

Si è sempre seduto di fianco a lui - per forza, Frank è l'unico ad avere sempre un banco vuoto di fianco a sé, chi cazzo lo vuole un fattone di fianco?
Non si sono parlati quasi per niente.
Solo qualche cenno, di tanto in tanto, quando si sorprendono a guardarsi. Un "ciao" occasionale alla mattina, con un sorriso triste e felice insieme - Frank è colpito, non lo ha salutato mai nessuno alla mattina.
Ma lui sì.
Dice sempre "ciao", con quel tono sottile e acuto.
Sembra che si dicano: quanta merda, ma almeno salutarti anche stamattina è bello.

Frank non ha più il coraggio di entrare nella palestra, dopo le lezioni. Sa che lui si allenava lì, e che anche il suo fantasma lo fa in sua assenza: Gerard - prima di andarsene - rimaneva sempre in classe per ultimo, sistemando le sue cose, poi non andava verso l'uscita come tutti, ma prendeva la direzione opposta, verso il fondo del corridoio, attraversava le pesanti tende scure con un sorriso e poi, lì dentro, ballava di nuovo, con la sua danza di vita e morte.
E anche adesso la balla.
Frank ne è sicuro. Ha paura di entrare e vederlo anche se non c'è.
Ha paura dell'illusione dello splendido cigno bianco e nero.

Da una parte vorrebbe conoscerlo.
Avere il coraggio di chiedergli riguardo al balletto.
Avere il coraggio di domandarsi perché lo ha fatto sedere e gli ha dato da mangiare come si fa con i bambini.
Avere il coraggio di salire sulla luce di quel palco e lasciarsi illuminare.
Forse di andare all'ospedale a trovarlo, anche. È sicuro che non ci è andato nessuno. Figurarsi. Per loro è il povero nerd in rovina.
Da una parte vorrebbe andare all'ospedale, sì.
Tenergli la mano.
Imboccarlo come ha fatto una sola volta.

Dall'altra è rintanato nelle distrazioni della droga, dall'altra sua madre è chiusa in camera da due giorni, dall'altra Ray si è fatto così tanto di cocaina che ha il viso scavato e giallo e gli occhi fuori dalle orbite e adesso se non si fa una dose alla sera quasi non riesce a dormire.
E Gerard non c'entra niente con tutto questo.
Gerard è fuori dalla sua vita, fuori dalle sue mani corrotte, fuori dalla sua terra, Gerard è del cielo e forse dovrebbe accettarlo.
Gerard non si merita nemmeno di rivolgere la parola a uno come lui.

Quando comincia a mancare, poi, Frank si perde di nuovo.
Si sente confuso come prima.
Non reduce, ma in piena guerra.
Non ha più quel piccolo riferimento.
Quel minuscolo cuore pulsante, quel guizzo di vita.

Frank annega.

Va giù.

Giù.

Giù.

Giù.

Dov'è Gerard?

Ha bisogno di imboccarlo, di vederlo danzare, di vederlo cadere, di guardare il suo debole sorriso prima di ogni lezione.

Ha bisogno di tutto questo.

Per sentirsi vivo.

Una notte arriva a farsi così tanto da non ricordare manco più la strada di casa, pensa che forse nella roba che ha preso c'era qualcosa di più pesante dell'erba, forse le due bottiglie di birra che ha bevuto dopo non lo hanno aiutato per niente.
Dorme su una panchina del parco e la mattina dopo, con le tempie che pulsano, riesce per miracolo a trovare il suo condominio.
Entra nella sua stanza e si mette a dormire anche se dovrebbe essere a scuola.
Sua madre, ovviamente, non si accorge di nulla.

Si sveglia e pensa a Gerard.
Forse non ce la fa di nuovo a stare solo.

Decide di stare a casa.
Sta a casa una settimana.
Non fa niente in particolare, compra droga scadente a poco prezzo che probabilmente è mischiata ad altre sostanze stupefacenti di scarto, fuma, suona, vaga per la sua casa senza una meta precisa.
Una sola volta sente entrare un uomo, di notte.
Le altre nemmeno incrocia un essere vivente.
Gli sembra di essere morto.

Vorrebbe svegliarsi ma non ce la fa.
Ha le occhiaie e i polsi che sembrano un campo insanguinato e si sta lasciando marcire.

Dalla presidenza arriva una lettera. La apre lui, perché tanto sua madre la butterebbe direttamente nel cestino.

E' dalla presidenza.
Le assenze che sta facendo durante questo anno, ma soprattutto il fatto che stia facendo del suo peggio in quasi tutte le materie, sarebbero indice di una certa angoscia che potrebbe essere risolta semplicemente partecipando al Programma di Recupero della Belleville High School, una nuova iniziativa per tutti gli sfigati depressi dell'istituto. In pratica un corso pomeridiano che dovrebbe sostituire una terapia dallo psicologo di fiducia, o qualcosa di simile.

L'eventuale non partecipazione porterà alla sospensione.

Dio, ci mancava anche questa.

Frank lancia la lettera sul tavolo e si butta sul divano, chiudendo gli occhi.

Merda, merda e merda.

Solo merda.

E se Gerard nemmeno ci ritornasse, a scuola?

𝖆𝖑𝖑 𝖙𝖍𝖊 𝖆𝖓𝖌𝖊𝖑𝖘  ❥   𝖋𝖗𝖊𝖗𝖆𝖗𝖉Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora