Senso di colpa

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Il mattino seguente, prima di attaccare il turno in Commissariato, Caputo decise di andar a far visita a Francesco. Una volta arrivato nei pressi della stanza dell'Ispettore trovò Rosa appisolata sulla sedia di fianco al letto. Aveva il gomito appoggiato sul braccio della sedia e la testa sulla sua mano. Nonostante la posizione scomoda, i suoi lunghi capelli neri scompigliati e le borse sotto i suoi grandi occhi, anch'essi neri, bagnati ancora dalle lacrime versate durante la notta, quella mattina Rosa si mostrava in tutta la sua semplicità, anche se a dir la verità non è mai apparsa come una ragazza eccentrica. Caputo decise, allora, di svegliarla battendo le nocche dell'indice e del medio contro il vetro che lo separa dalla stanza. Rosa si svegliò di sopra balzo, si girò e vide Antonio che gli fece segno di uscire. La ragazza diede un'ultima occhiata al letto di Francesco e poi raggiunse il Sovrintendente.

-Sei stata tutta la notte qui?- chiese Antonio accennando un sorriso

-Mi sono addormentata- rispose Rosa passandosi i palmi delle mani sui rispettivi occhi.

-Come sta?

-È stabile- disse storcendo le labbra.

-Dai vatti a casa a darti una rinfrescata. Ci vediamo più tardi in ufficio- continuò Antonio accarezzandole la guancia. Rosa annuì e raggiunse l'uscita, mentre Caputo si voltò ancora una volta verso Francesco e sospirò scuotendo il capo.
Era un'immagine dura e triste. Gli uomini del Commissariato avevano visto sempre un Francesco pimpante, pulito, con barba sempre fatta, capelli tirati indietro col gel e adesso vederlo trascurato, immobile in quel letto, attaccato ad un macchinario lasciava una sensazione di vuoto.
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In commissariato c'era già Leo, arrivato in ufficio all'alba. Aveva la testa china sui fascicoli relativi al caso, ma il suo pensiero fisso era il suo migliore amico. Staccò per un attimo la testa dai fogli quando entrò Ludovica in ufficio.

-Buongiorno-

-Ciao- rispose freddo Leo tornando a sfogliare le carte sul suo tavolo.

Ludovica preferì non far caso alla risposta del collega e andò a sedersi alla sua scrivania.

-Che fai?

-Controllo il responso della scientifica.-

-Che dice?-

-I proiettili sono gli stessi che hanno ammazzato la moglie di Ferri.

-Questo ce l'aspettavamo- continuò Ludovica alzandosi e dirigendosi verso la scrivania del collega. -Sei già passato a trovare Francesco stamattina?

-E a che servirebbe? L'ho abbandonato nel momento più importante e adesso la compassione non cambia le cose.- rispose Leo guardando un punto della stanza lontano dagli occhi di Ludovica.

-Ma che cazzo dici? Che colpa ne hai tu?- Continuò Ludovica sedendosi sulla scrivania e girando la faccia di Leo verso la sua.

-Dovevo esserci io a coprirgli le spalle. Sono il suo migliore amico- disse in punta di lacrime. In faccia gli si leggeva la rabbia che aveva dentro e che avrebbe voluto sfogare sull'artefice di questa situazione. Infondo Leo è un ragazzo che non si contiene così facilmente, ma stranamente in quel momento preferì tenersi tutto dentro.

-Tu non c'entri nulla. Lui stava facendo il suo lavoro e tu stavi facendo il tuo.-

-Si, ma adesso lui in punta di morte-

-Ha avuto la sfortnua di trovarsi in quella cazzo di sparatoria- continuò Ludovica alzando il tono della voce. -Ma io sono sicura che se al posto suo c'eri tu, lui non starebbe qui a piangersi addosso.-

-Ma che cazzo ne sai tu.- Rispose aggressivo Leo. -Tu non sai un cazzo di me, di lui, di noi. Te lo dico per l'ultima volta: fatti i cazzi tuoi Ferretti.- rispose Leo puntandogli il dito contro prima di prendere il suo giubbotto e lasciare il Commissariato.

Ovviamente Ludovica rimase molto colpita dalla reazione del collega, ma d'altronde l'avevano avvisata del suo carattere alquanto bizzarro. In quel caso, però, Ferretti sembrò comprendere l'atteggiamento di Leo e tornò a sedersi alla sua scrivania senza indugiare troppo.
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Dopo aver tenuto d'occhio Gaetano Romano tutta la notte inutilmente, Ferri tornò a casa all'alba. La prima cosa che fece fu aprire la porta della cameretta di suo figlio. Gli si avvicinò e si sedette sul bordo del letto. Rimase lì a fissarlo per qualche minuto accarezzandogli i capelli. Affianco a lui c'era Alina che ormai si era trasferita a casa di Ferri dopo la morte di Maria. La ragazza si svegliò accorgendosi della presenza di Ferri.

-Dottore.-

-Scusami Alina, non volevo svegliarti-

-Non si preoccupi- rispose la ragazza sgranchiendosi. -Come va? Ci sono novità?

-Purtroppo no.-

-L'Ispettore Rinaldi come sta?

-È stabile. Se non dovesse farcela io...-

-Non deve pensarci dottore.- Lo interruppe Alina. -L'Ispettore ce la farà e insieme prenderete chi ci sta facendo del male.
Ferri annuì e si dirisse verso il bagno per darsi una ripulita. La doccia fa pensare e Ferri capì che doveva restare con i piedi per terra, ma soprattutto non doveva abbandonare Giacomo che stava già soffrendo tantissimo per la morte della madre. Per sua fortuna aveva trovato Alina che aveva anch'essa stravolto la sua vita per stare accanto a lui e suo figlio.

Ciao ragazzi! Ho scritto questo capitolo lasciando in disparte le indagini e soffermandomi sulle personalità dei personaggi protagonisti. Spero che la storia vi stia colpendo. Si accettano consigli. A presto!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 29, 2017 ⏰

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