Epilogo

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Se Harry faceva attenzione e si isolava dal frastuono del locale di Zayn poteva ancora sentire i singhiozzi di sua madre. Quel 'Non puoi essere gay, ti ho cresciuto bene' risuonava forte nella sua testa, le urla di suo padre in sottofondo. In quattordici minuti di conversazione aveva sentito la parola delusione un numero incalcolabile di volte ed aveva sorriso ad ognuna di esse. Aveva spezzato le catene che lo tenevano ed adesso era pronto a correre verso Louis, verso quella libertà agognata per fin troppi anni.
Sua sorella Gemma gli aveva mandato un messaggio - È quello del centro commerciale? - e lui gli aveva risposto di sì. Conciso e diretto. Per troppo tempo aveva girato intorno alle cose, a se stesso. Chiamò anche Leigh e le raccontò tutto: le parole di sua madre, Louis, come si era sentito e le emozioni contrastanti che aveva provato. Le chiese anche scusa per come si era comportato con lei e soprattutto con Sophia che non disdegnò di certo una lunga chiacchierata con il suo papi, estorcendogli la promessa di una battaglia a palle di neve durante la loro vacanza.
Prima di riattaccare sussurrò ad entrambe quanto le amava.
Leigh prima di dare la buonanotte a Sophia le disse di essere sempre orgogliosa del papà che aveva.

"Mi stai ascoltando?" - fece Zayn sventolandogli una mano davanti al viso. Harry era immerso nei suoi pensieri, fissava la pinta di birra come se fosse l'unica cosa che era legittimato a vedere. Aveva cercato Louis con lo sguardo, distogliendolo subito dopo quando notò che quegli occhi blu già stavano cercando i suoi.
Non lo aveva visto per un giorno, un intero e lungo giorno, ma sentiva come se fossero stati lontani per una vita intera. Harry lo osservava mettere la sua musica, vestito con una felpa grigia fin troppo familiare, capì che non avrebbe mai voluto distogliere lo sguardo dalla sua figura.

"Ho detto a mia madre che sono gay..." - disse pacato mentre sorseggiava la sua birra, un mezzo sorriso nascosto dietro il bicchiere di vetro. "Tu cosa?" - urlò il suo migliore amico, attirando l'attenzione di Niall che si precipitò al suo fianco. "Ha fatto coming out! Offro da bere a tutti!" - urlò il cameriere prima di baciare Harry su entrambe le guance.
Il mezzo sorriso divenne un sorriso intero quando notò Louis mordersi entrambe le labbra per reprimere una risata.
Era sicuro che aveva capito anche lui.

"Posso rubarti il DJ per qualche minuto?" - il suo migliore amico alzò gli occhi al cielo e fece un cinque con la mano, prima di dileguarsi per servire bicchierini di tequila ad un gruppo di ragazze che stavano festeggiando la fine degli esami. Fu per primo Zayn ad andare da Louis per dirgli di prendersi una piccola pausa, per qualche minuto avrebbero potuto fare a meno della sua presenza. Quando il più piccolo dei due vide Harry alzarsi e raggiungere il magazzino, lì dove avevano fatto sesso per la prima volta, capì cosa stava succedendo. "Non voglio parlare con lui" - disse in modo brusco, tornando indietro di qualche passo per raggiungere di nuovo la sua console, ciò che lì dentro poteva tenerlo al sicuro.
"Non so cosa sia successo. Non so perché tu hai la faccia stravolta e lui sembra essere passato sotto ad un camion ma vuole parlare con te".
"Abbiamo litigato ieri..." - spiegò, la sua voce era più sottile seppur ancora amareggiata ma Zayn lo interruppe, mettendogli una mano davanti la bocca - "Ha fatto coming out con la sua famiglia ed io non so cosa gli hai fatto in questo ultimo mese ma grazie per essere stato il suo rumore". Quando Niall aveva urlato ed abbracciato Harry, promettendo di offrire a tutti un giro di vodka, sapeva che era per qualcosa di bello, estremamente bello. Si era auto convinto che la parola coming out che aveva sentito era stata solo un'illusione dettatagli dal suo mal di testa, da tutto ciò che era successo quel giorno e se aveva sorriso era perché Harry lo stava facendo.
Uno speculare all'altro.
"Se questo fosse un film adesso ti dovresti precipitare da lui" - scherzò Zayn ma Louis effettivamente era già andato via. Stava correndo verso di lui.

Harry sentì la porta in metallo aprirsi ed un rivolo di luce entrare dentro la stanza - "Mi spieghi perché sei al buio?" - chiese, tastando il muro in cerca dell'interruttore. "Faceva scena" - rispose l'altro, un ghigno impercettibile sul viso. Si sentiva più leggero Harry, come se non avesse più nessun peso sulle spalle o catene che lo contenevano. Gli unici pesi che adesso voleva avere sopra di sé erano quello del ragazzo davanti a lui e di portare sua figlia sulle spalle durante una passeggiata al parco.
Si era sentito libero e leggero dopo quella telefonata e doveva ringraziare Louis: prima di incontrarlo, prima di perdere totalmente la testa per lui non avrebbe mai fatto nulla del genere.
Doveva dirgli grazie per aver aperto non solo il suo cuore ma anche il suo armadio, la sua gabbia.
Quando Louis accese la luce poté vedere gli occhi verdi e luminosi, quasi iridescenti ed un sorriso che per un momento gli tolse il respiro: Harry era bello e per quanto il suo petto fosse ancora dolorante l'unica cosa che voleva fare era stringerlo a sè, annullare quella sensazione con il corpo dell'altro premuto sul suo.
"Mi dispiace" - iniziò Harry avvicinandosi all'altro, solo due passi dividevano i loro corpi, mezzo metro non gli era mai sembrato così distante - "Sono stato un codardo ed uno stupido ma ho scelto te, sono qui..." - sussurrò appena. Aveva molti altri aggettivi con cui definirsi e sapeva che Louis me aveva altrettanti. "Ho detto ai miei genitori di noi, di me e..." - ma l'altro lo interruppe - "Cosa ti hanno detto?" - domandò preoccupato perché non voleva che Harry potesse chiudersi in se stesso, rimpiangere la sua scelta, recriminare il loro essere stati, il loro essere.
Nonostante tutto, Louis lo sapeva, a quegli occhi verdi avrebbe perdonato sempre tutto.

28 Days || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora