Capitolo 28

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Harry provò a parlare con sua figlia, cercò almeno di calmarla ma quando vide che non voleva avere niente a che fare con lui o anche solo parlare, afferrò la giacca e si diresse verso la sua auto. Non vedeva l'ora che quella giornata finisse. Sua madre però era proprio dietro di lui ed ad ogni passo continuava a ripetere - "Devi dirmi qualcosa?" - si girò verso di lei, fissò quel verde che lui stesso aveva ereditato, il cipiglio adombrato e per un attimo fu sfiorato dall'idea di dirgli chi era veramente, davanti a tutte quelle persone che sembravano non vedere altro che loro- "Devo andare mamma".
Non aveva avuto il coraggio, nemmeno questa volta. Codardo, si disse, codardo, codardo, codardo.

Si fermò a pochi passi dalla macchina quando vide la figura di Louis appoggiata su di essa. Il cappuccio della giacca gli copriva gran parte del volto tenuto basso, sulla ghiaia, sulla punta delle sue scarpe, ovunque tranne che negli occhi di Harry. Si avvicinò lentamente, ogni passo sembrava scottare di più, pesare di più. Sussurrò un - "Lou..." - quando fu abbastanza vicino da essere sentito ma ancora troppo lontano per toccarlo. Fece un'altra serie di passi prima di ritrovarsi completamente davanti a lui, il viso rosso e segnato dalle lacrime, gli occhi avevano perso il loro solito azzurro. Era colpa sua. "Portami a casa" - furono le uniche parole che gli rivolse.
"Certo, sì..." - gli aprì lo sportello alla sua sinistra, sfiorandogli con la mano il gomito, un tocco impercettibile che però bloccò entrambi - "Smettila" - fece duro Louis, gli occhi ancora ovunque tranne che sul viso dell'altro.
"Possiamo prima parlare?" - chiese speranzoso. Non era ancora salito in macchina, pensò che ci fossero buone opportunità di risolvere in qualche modo quella questione. Magari Louis avrebbe accettato di restare un segreto ancora per un poco, il tempo necessario di accumulare il giusto coraggio per dire a sua madre ed alla sua famiglia la verità sulla sua vita. "Di cosa vuoi parlare eh? Hai trentadue anni e non riesci a dire a tua madre di essere gay! Le hai detto che sono nessuno per te. Cosa diavolo vuoi dirmi Harry perché adesso sono io che non ho voglia di parlare con te!" - urlò come mai aveva fatto. Si portò le mani al volto e fece un lungo respiro cercando di ritrovare almeno un po' di calma, poi riprese - "Non sono andato via perché dentro la macchina ci sono le mie chiavi di casa ed il mio portafoglio. Sarei già scappato da te. Tu mi fai solo male" - le ultime parole furono sussurrate, scemate dalle mani che tornarono a nascondergli il volto. Era sul punto di crollare di nuovo, o meglio, di cadere ancora più in basso ed era sicuro che Harry non lo avrebbe ripreso, non lo avrebbe raccolto dal suo dolore. Troppo orgoglioso per fare una cosa del genere mentre lui si stava mostrando così debole, così innamorato da piangere.
"Mi dispiace..." - furono le uniche parole che Harry disse prima di indicargli con un cenno del capo lo sportello aperto. Lo avrebbe riaccompagnato a casa, a casa sua, non quella che per qualche giorno avevano avuto l'illusione di chiamare loro e gli avrebbe detto addio. Louis non meritava tutto quel dolore, non poteva infliggergliene ancora di più.
Mentre la strada scivolava sotto i suoi occhi si rese conto che l'amore era quello, mettere la felicità o una parvenza di tale davanti alla propria. In quel momento pensò a Louis come l'amore, quello che pervade ed annienta, quello totalizzante, quello che vorresti tenere per tutto il resto della vita. Ma non sarebbe andata così, era sicuro che Louis non avrebbe voluto avere più niente a che fare con lui.
Alzò le spalle ed ingranò la marcia, se nel tragitto alzò il volume un paio di volte era per non far sentire all'altro nessuno dei suoi fremiti. James Arthur risuonava nelle casse, la stessa canzone che aveva accompagnato il loro primo bacio nel ritorno verso casa ora faceva da sottofondo ad un dolore ingiusto.

Louis continuava ad aprire la bocca ma ogni parola che voleva dire si smorzava subito dopo. Era arrabbiato, deluso e triste, quei momenti forse sarebbero stati gli ultimi che avrebbero potuto condividere insieme e restavano in silenzio. Non era giusto. "Sono due anni che mantengo tutto dentro, ti aspetto - iniziò con tono duro, l'attenzione di Harry ancora sulla strada - Pensavo che un giorno ti saresti accorto del mio amore e non solo del mio cazzo ma non è stato così".
"Louis..."
Il più piccolo distolse lo sguardo dal finestrino e per la prima volta guardò Harry, stringeva il volante così forte che le sue nocche erano bianche, un déjà-vu del loro primo bacio in macchina gli riaffiorò in mente - "Mi sono accorto di provare qualcosa per te un venerdì mattina, avevano passato la notte insieme e quando mi sono svegliato ho urlato il tuo nome ma tu non hai risposto. È da lì che ha iniziato a fare male, ogni volta" - Louis chiuse gli occhi e si rannicchiò nel sedile, le ginocchia portate al petto dove nascose il suo viso. Voleva rimanere il più possibile illeso dallo sguardo triste di Harry. Stava tutto crollando davanti a loro. "Ha fatto male tutte le volte in cui mi scopavi e la notte prendevi i tuoi vestiti per andartene. Non mi dicevi mai nulla. Sentivo che ti rivestivi ed andavi via senza neanche voltarti. Quanto volte ho sperato che ti girassi verso di me per una carezza o un bacio..." - Louis crollò completamente mentre Harry continuava a guidare, stava piangendo ma non distoglieva le mani dal volante. Lasciava vagare le sue lacrime sul suo viso e restava in silenzio. Tutto il dolore che traspariva dalla voce di Louis lo aveva procurato lui, cosa poteva dire? Come poteva solo pensare di aggiustare le cose tra loro se le ferite erano così profonde ed il male così annientante.

Garden Hill non gli era mai sembrata così silenziosa. Erano appena le sei di sera quando la macchina di Harry si fermò davanti il portone di quella casa in cui negli ultimi due anni avevano condiviso attimi di passione. L'amore l'avevano fatto solo in quella di Harry ed avrebbe dovuto convivere con il ricordo dell'onore di Louis nelle sue lenzuola, nei baci in cucina e persino nella loro foto che aveva incorniciato sul comodino. Avrebbe dovuto convivere con l'idea che almeno per un poco, in quella casa c'era stato dell'amore. Non solo un'effimera passione.

"Mi dispiace..." - ripeté di nuovo Harry, quasi come se fosse l'unica cosa che era in grado di dire.
"Stamattina sono passato dal negozio di Liam e mi sono fatto dare alcune scatole di cartone, in una ci sono già delle felpe" - Con la coda dell'occhio video l'espressione seria ed affranta del più grande. Tremava ma cercava di non darlo a vedere, nascondeva le sue mani tra le gambe ed il sedile mentre i suoi occhi sfarfallavano verso l'alto. Non voleva piangere di nuovo, era un uomo di quasi trentadue anni, dannazione!
"Quando ti ho detto di aspettare è perché avevo paura di questo. Tu non sei pronto per dire a tutti di noi ed io non sono pronto ad essere un segreto" - solo dopo aver detto ciò Louis mise a fuoco il volto rosso di Harry, non voleva fargli male. Cercò di consolarlo in qualche modo, posandogli una mano sulla spalla - "Io non sono stato in grado di renderti libero, spero che qualcuno dopo di me ci riuscirà..."
"No! No, no,no...Louis...." - mugolò piano, la voce incline ad un dolore che continuava ad attanagliarlo. Strinse la mano che il ragazzo poco prima gli aveva poggiato sulla spalla ed esercitò una lieve pressione. Voleva sentirlo che fosse una mano, il suo volto o il suo corpo. Aveva bisogno di sentire Louis, il suo calore tra tutto quel freddo, aveva bisogno di sentirlo per capire che era ancora lì, non sarebbe andato via. Non lo avrebbe fatto. "Non farmi scegliere tra te e loro, Lou..."
"Ti sto chiedendo di scegliere tra me e le tue paure" - controbatté. Gli sfiorò il viso con la mano libera dalla sua, gli accarezzò le guancia, asciugò una lacrima e con il pollice e l'indice sfiorò le sue labbra - "Se scegli loro, le tue paure, io non sono stato altro che un corpo per te. Nient'altro che una scopata". Mesi fa avrebbe detto che aveva ragione, quando Louis non era nient'altro che una scopata in un magazzino, un corpo di cui poteva usufruire quando voleva - "Non lo sei" - rispose schietto, stava per aggiungere altro ma fu interrotto di nuovo - "Ma non sono abbastanza".

Rimasero in silenzio per qualche secondo, ognuno a soppressate le parole coda dire mentre i brividi di freddo percorrevano il corpo di entrambi - "Amore..." - mormorò Harry, avvicinandosi a lui per stringerlo. Solo per un attimo pensò che tutto potesse andare bene finché non sentì Louis piangere tra le sue braccia - "Non chiamarmi amore se stai per lasciarmi" - si avvicinò alle sue labbra e depositò un lungo bacio, premette forte prima di aprire lo sportello e correre verso quella che era destinata ad essere casa sua - "Ciao Harry".
Videro le loro speranze crollare.

Louis fece i primi due gradini della scalinata esterna e si fermò, Harry era ancora nella sua macchina e non aveva intenzione di uscire o di ripartire. Lo guardava da lontano: le labbra serrate e le mani sul viso, stava cercando di nascondersi da lui eppure continuava a restare fermo su quelle scale ricoperte di neve. Harry sentì come se i suoi organi si stessero sgretolando uno a uno, un dolore immane al petto lo pervase quando vide Louis asciugarsi alcune lacrime e girarsi un'ultima volta verso di lui prima di sparire dietro il portone.
Avrebbe disfatto gli scatoloni e le valigie durante quel Natale.

Louis (18:21)
Posso sopportare di essere un segreto. Lo amo così tanto che non posso lasciarlo andare.

Liam (18:30)
Sta a te decidere Lou. Ma ricordati di mettere prima te stesso di lui.

Louis (18:33)
Lo sto facendo ed è dannatamente complicato.

Harry aveva guidato come un automa fino a casa sua, se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe saputo rispondere come era arrivato lì o quale strada avesse fatto. I suoi occhi erano annebbiati dalle sue lacrime e da quelle di Louis. Sbattete i pugni sul volante più e più volte, se avesse potuto avrebbe estirpati tutto quel dolore dalla sua testa e dal petto e quando trovò una delle maglie di Louis sotto il sedile capì cosa voleva davvero dalla vita ma soprattutto qual era la cosa giusta da fare - "Pronto, mamma?"

28 Days || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora