16.

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«Madison! Apri questa cazzo di porta!» i colpi alla porta mi fanno saltare giù dal divano dallo spavento.
Durano per qualche minuto poi cessamo.
Apro la porta.
Il corridoio e deserto, come il soggiorno e la cucina.
Prende le scarpe da ginnastica e un pantalone, metto una semplice felpa, prendo il telefono dal comò e quando lo accendo dopo una settimana, trovo un centinaio di messaggi da parte di mia madre, Samantha, mio padre e molti altri sempre da parte di Samantha.
La segreteria è intasata di messaggi e chiamate.
"Dove cazzo sei?"
"Sono Samantha. Se non rispondi entro cinque minuti giuro che ti ammazzo."
"È il decimo messaggio che ti mando. Dove sei?"
"Madison, inizio a spaventarmi. Dove sei finita? Richiamami."
Leggo i messaggi, e fra imprecazioni di ogni genere da parte di Samantha, ci sono molti messaggi da parte dei miei genitori che sono preoccupati per me.
Non posso chiamarli ora.
Scrivo solo un messaggio a Samantha.
"Non preoccuparti. Sto bene." Invio e spengo il telefono.
Scendo le scale e vedo Brent passare davanti alla cucina.
Cammino il più velocemente possibile verso di lui, sperando ci sia solo lui in casa.
«B-brent...» al solo suono della mia voce lui si gira.
Il suo sguardo è pieno di preoccupazione.
«Signorina ma dov'era? Il signor Ryan la sta cercando per tutta San Francisco.» dice, prendendomi per le braccia.
«Ti prego portami via.» dico, afferrandomi a lui.
Lui mi guarda sbigottito e quando alza lo sguardo, nota gli occhi rossi, le lacrime, e un livido alla guancia.
«Dio ma che le ha fatto?» dice, accarezzando la guancia e io al solo tocco, gemo di dolore.
«Lasci che chiami il signor Ryan. Era disperato quando non l'ha trovata. Ha quasi ucciso Richard ieri sera dopo che voi siete andata in quella stanza. Richard e in ospedale per una commozione celebrale e il setto nasale rotto.»
Jack ha fatto cosa??
«Cosa??» sono scioccata.
Prima organizza un orgia e poi picchia uno di loro.
Ma è bipolare o cosa?
«Ma mi ha fatta scopare da...» mi fermo.
L'accordo. Non posso parlare di nessuno di quello che succede fra me e lui.
Brent mi osserva e ha capito cosa sto pensando.
«Io so tutto. Idem Estela.» dice e io mi rilasso.
«Mi ha fatta scopare da parecchi uomini e poi li picchia? Che problemi ha?» urlo e la mia voce rimbomba nel salone.
«Voleva capire fino a che punto saresti riuscita a sopportare la cosa. Ma quando ha visto che non era piacere e iniziava a essere più violenta come cosa ha provato a fermare il tutto. Ma quando Richard ti ha picchiata e insultata, non c'ha visto più. Lui ti ama. Come non ha mai amato nessuno, e io che lo conosco da anni lo so bene. Non permetterebbe a nessuno di farti del male, e se qualcuno te ne facesse...be'.. Sai giá cosa è capace di fare.» dice.
Io mi siedo al divano.
Sono senza parole.
«Allora perchè ha fatto il contratto e tutto il resto? Non potevamo conoscerci come due persone normali?» chiedo, Brent si siede di fronte a me vicino a me.
«Non ha molta pazionza. Voleva che diventassi sua. E di nessun altro. Quando mi hai salutato la prima volta hai visto come si è incazzato? Detesta che ti parli con altri. È parecchio geloso.» ridacchia Brent.
La sua risata è la prima cosa bella in questa giornata.
Ora capisco perchè il contratto e tutto il resto.
Ho bisogno di staccare un po'.
Tornare a casa o partire per qualche giorno.
Potrei andare a Seattle dai miei, insieme a Samantha e il suo ragazzo Edward.
Ho bisogno di riflettere, cosa che non posso fare stando qui.
Mi alzo dal divano e Brent si alza con me.
«Voglio andare via. Di a Jack che quando sei arrivato a casa non mi hai trovata. Non dirmi niente di tutto questo.» e lui annuisce.
Prendo l'ascensore e scendo.
Quell'ascensore mi ricorda la prima volta che sono stata qui.
Il mio primo bacio con lui...
Arrivata fuori dall'edificio, chiamo un taxi e dopo mezz'ora ad aspettare, il taxi arriva, portandomi fino a casa.
Busso alla porta qualche volta.
Samantha apre e il bicchiere che ha in mano pieno di succo gli cade a terra, rompendosi in mille pezzi.
Scoppia a piangere e si copre gli occhi.
Io corro ad abbracciarla.
Mi è mancata tantissimo.
Ci sediamo sul divano e provo a calmarla.
«Dov'eri? Cos'è successo? Chi ti ha fatto questi?» dice fra le lacrime Samantha indicando i lividi visibili.
«Non pensarci. Io sto bene, sono qui.» dico. Lei mi abbraccia di nuovo, più forte di prima e quasi mi soffoca dal quanto mi sta abbracciando forte.

You are my slaveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora