«Buenos Dias» dico con un sorriso. Una cosa ho imparato a dire e la ripeto tutto il giorno come un disco rotto.

Abbassa gli occhiali da sole sulla punta del naso e i suoi occhi scuri mi squadrano seri. «Sei nuova?»

«Sì, signore. Sono ancora in prova, in realtà.»

«Capisco.» Un certo disagio mi fa distogliere lo sguardo dal suo. Allunga cento euro e quando torno con il resto, mi sorride.

«Cara, il resto tienilo per te.»

«Mah. Signore... » Sto per dirgli che sono davvero troppi, che non posso accettarli, ma lui si massaggia il mento, continuando a muovere il suo sguardo su di me e mi interrompe.

«Chiamami Victor, e ti ho detto di tenerli. Comprati qualcosa, magari per uscire stasera.»

Sento le guance scaldarsi davanti al suo sguardo allusivo.

«Non ho nessun impegno, a dire il vero, ma grazie. Davvero.»

Lo dico amareggiata e non certo per incoraggiarlo ad offrirsi volontario, ma è ovvio che il mio messaggio arriva distorto.

«Alle nove davanti alla Hall. Mettiti qualcosa di carino, ti porto in un posto speciale.» Oddio.

Mi ritrovo ad annuire senza quasi comprendere il perché.

Mi sento molto lusingata, anche se forse, per lui il termine più giusto è acquistata.

Resto a parlare con lui per qualche minuto e mi spiega che acquisire è il suo mestiere e che non esiste niente al mondo che non si possa comprare. Ed è qui che mi sento tirare in ballo.

Ma è solo una cena in fondo, che male c'è?

Ha carisma. Sembra sapere cosa vuole dalla vita.

Quando il suo cellulare si mette a suonare sul tavolo, mi allontano in silenzio.

«Punti in alto, eh?» Clarissa, la mia collega, mi guarda con un sorriso beffardo sulle labbra. «Mi ha invitato a cena. Perché chi è?» chiedo, alzando le spalle. Lei si mette a ridere, agitando una mano.

«Oh, lo scoprirai. Buona fortuna!»

Finito il turno, esco con l'intenzione di comprarmi qualcosa di bello da indossare stasera.

Non che Victor mi interessi, è troppo grande per me, ma non voglio fargli fare brutta figura. Entro in una piccola boutique vicino al lungo mare. Compro tre vestiti bellissimi e un paio di scarpe alte. Cammino con la mia busta tra le mani e un sorriso sulle labbra. Mi sento leggera e anche un po' elettrizzata.

Poi dicono che i soldi non fanno la felicità. Di sicuro, chi lo dice, non ha mai provato a vivere senza. Mentre la mia testa si perde nei suoi ragionamenti, il mio cuore si mette a rimbalzare forte nel petto, non appena incrocia un volto familiare. Eccolo.

Tre giorni a cercarlo come una disperata e adesso è qui, a pochi passi da me, insieme ad un'altra. Resto impalata come una stupida finché i suoi occhi non mi trovano a fissarlo, allibita.

«Ciao.» dice, avvicinandosi a me. La ragazza bionda resta un passo indietro a lui e mi osserva. «Ciao.»

Provo un insensato risentimento nei suoi confronti.

«Come stai?» Mi chiede, passandosi una mano tra i capelli.

«Ti interessa?» è la risposta acida che esce dalla mia bocca.

«Ho mai detto il contrario?»

Incrocio le braccia al petto mentre la mia attenzione si sposta sulla bionda che mi guarda di sottecchi. Se ne accorge subito e con un cenno della testa, invita la ragazza a lasciarci soli.

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