Capitolo 1

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"- Allison, sbrigati!-" mi urlò mia madre dall'altra parte della casa, con una voce così assordante che dovetti portare le mani alle orecchie.

Mio padre, da buon alleato, le ribatté contro: "- Abbassa la voce! È a due camere da te non serve urlare così -".

Mia mamma aveva questo vizio, questo difetto anzi, di gridare anche se ti fossi trovato difronte a lei, e a volte ciò era davvero insopportabile.

"- Un attimo mamma! Ora arrivo, dammi il tempo però, sto prendendo lo zaino! -" le dissi, leggermente ad alta voce, tanto da farmi sentire, senza provocare la perdita dell'udito a qualcuno.

Probabilmente devo aver pronunciato quelle parole con un tono di sfida forse, tanto che lei riurlò di nuovo dicendo:
"- Abbassa i toni signorina,
stai calma -".

Ecco fatto. Avevo iniziato la giornata in un bel modo, che ormai mi accompagnava da sempre. Il battibecco con mia madre era una routine mattutina, se non accadeva, quasi ne sentivo la mancanza.

Come al solito lasciai correre e andai in sala, dirigendomi verso la porta, quando sentì mio padre esclamare:
"-  Mi raccomando, ti chiamo poi per sapere com'è andata! -". Io annuì e sorrisi, uscendo con mia madre che intanto aveva lasciato un bacio sulle labbra di mio padre.

Era strano vederli così, non so, mi faceva sempre un certo effetto vedere che si baciavano per salutarsi. Forse perché litigavano spesso, o anche perché semplicemente per i miei occhi erano "vecchi" per aver certi atteggiamenti l'uno con l'altra.

A quel pensiero accennai una piccola risata coperta dal rumore delle chiavi che chiudevano il portone di casa.

Vivevamo in un condominio di periferia. Esso non era enorme, credo che all'interno fossimo in 15 o 16 appartamenti. Tutti ci conoscevamo abbastanza bene, ma come in tutti i condomini che si rispettino, non mancava di certo la solita coppia di anziani, veterani del palazzo, che tendevano a vedere tutti con un certo distacco e si lamentavano per ogni singolo rumore che si udiva dalla loro casa. 
Con la fortuna che ci ritrovavamo, il nostro appartamento era quello adiacente al loro. Che bello avere per conoscenti una bella coppietta di vecchietti con la lingua lunga!

Scendemmo le scale in fretta, abitavamo al primo piano, quindi fu davvero veloce raggiungere il portone condominiale e dirigerci a prendere la macchina.

Era il primo giorno di scuola. Era l'ultimo di una serie di primi. Finalmente, o quasi, stavo per iniziare a frequentare l'anno conclusivo al college. Quella scuola che mi aveva cambiata così tanto, che mi aveva regalato momenti indimenticabili.

Per tutta l'estate non avevo fatto altro che pensarci.
Come sarebbe stato lasciare alla fine dell'anno tutti i miei amici?
Come sarebbe stato lasciare miss Fisher, la mia professoressa di storia dell'arte, la persona più profonda che abbia mai conosciuto?
Come avrei reagito io a questo
improvviso scombussolamento?

Non sapevo darmi delle risposte, avevo solamente la certezza che quello che stava per arrivare sarebbe dovuto essere a tutti i costi un anno indimenticabile.

Venni risvegliata dai miei pensieri dalla voce stridula di mia madre che prendeva a parolacce un signore davanti a lei, che a quanto sembrava non aveva intenzione di accelerare un minimo.
Così mia madre tentò con successo di sorpassarlo.

Mentre gli passavamo accanto notai che si trattava di un anziano signore sulla settantina d'anni forse, con una folta barba bianca e due occhi soffocati quasi dalle palpebre cadenti. Si vedeva che però aveva uno sguardo triste e dispiaciuto nel vedere che gli stavamo passando avanti.
Mi fece quasi tenerezza. E mi rimase impresso a lungo, non so per quale strano motivo.

Guidava un'auto blu scura, si vedeva che era di molti anni o comunque non tenuta in modo particolarmente preciso e curato.
Pensai persino che invidiasse la nostra macchina.

Continuai ad osservare quell'uomo dallo specchietto attaccato allo sportello, quando scomparve appena mia madre girò per una via diversa da quella dell'anziano signore.

Mi rimisi appoggiata con la testa al finestrino, nonostante i piccoli urti che ricevevo nel momento in cui l'auto cadeva in lievi buche dell'asfalto.

Fissai il cielo, intenta a giocare con le nuvole, cercavo di creare qualcosa anche lì. Non mi stancavo mai.
Fissai anche il vuoto, non sapendo neanche a cosa pensare, vedevo solo il mio abbozzato riflesso nel vetro della portiera, provavo ad osservarmi meglio ma invano.
Così continuai a giocherellare con i batuffoli di soffici nuvole bianche che si trovavano in cielo quella mattina di settembre.

Quando finalmente arrivai davanti scuola, mi sentii felice, ma anche oppressa da qualche senso di non so che, però scacciai quello stato di pesantezza, e uscii dalla macchina.
Salutai frettolosamente mia madre e iniziai a dirigermi verso il mio solito gruppo d'amiche.

Nel mentre, parecchie persone vennero a salutarmi e porgermi diversi sorrisi. Ero davvero contenta di essermi fatta così tanti amici lì.
Quando invece alle scuole medie ero una tipa piuttosto solitaria, con poche conoscenze strette e nessuno che la mattina si degnava di salutare o sorridere semplicemente.

Mah, con molte probabilità non si trattava dell'ambiente in cui sarei potuta riuscire ad emergere.

Invece lì, alla VCAD ero in poche parole quella ragazza che alle medie non era per niente uscita fuori.

Mi stavo sempre più avvicinando alle mie amiche e intanto nella mia mente balenavano le presunte immagini dei miei due fratelli minori sull'autobus.
Samuel e David erano due persone completamente differenti. Si portavano tre anni di differenza e quasi non sembravano appartenere alla stessa famiglia.

Fisicamente erano l'uno l'opposto dell'altro.
Samuel era magro, piuttosto magro, con i cappelli lisci e scuri. Due occhi neri e un naso non piccolissimo ma neanche adunco. Era nella norma più o meno.
Mentre David, il minore di tutti, era più robusto, ma non grasso, riccio e biondo, con un naso a patata. Anche lui alto e con gli occhi molto scuri.

Bisticciavano continuamente, per ogni singola stupidaggine. Fortunatamente mi trovavo in una camera diversa dalla loro in casa, e questo mi consolava parecchio.

Si muovevano nella mia testa loro due che tentano di trovare un posto a sedere sull'autobus per scuola, questa mattina, che presumibilmente era morto affollato, e intanto facevano cadere fogli e si scontravano con le vecchiette che si mettevano sempre in mezzo alle corsie.

Venni scossa da questi pensieri, dall'inconfondibile voce della mia migliore amica Eleonor, che urlava come una pazza il mio nome, come se non mi vedesse da una vita. Mentre mi aveva visto solamente due giorni prima.

Mi girai e le corsi incontro, abbracciandola forte. In fondo lei era sempre stata l'unica persona con cui avevo condiviso tutto di quegli anni.

Arrivai dalla nostra combriccola d'amiche.


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E il primo capitolo è andato.
Spero vivamente che da voi che lo avete letto sia stato apprezzato.

Questa è la prima storia che scrivo su Wattpad e mi auguro di aver fatto una buona impressione almeno dalle prime parole.

Ad esso ho dedicato parecchio tempo affinché potesse risultare completo ed anche dettagliato.

!!

- Mel.

Him 1- L'ombra era solo uno scudo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora