Amanita

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La notte prima della partenza, Amanita fece il sogno più inquietante del mondo. Non era la prima volta che faceva sogni strani, ma quello aveva tutta l'aria di essere il tipico incubo da semidio e lei ne avrebbe fatto volentieri a meno.

La prima cosa che capì, grazie al luogo impervio, scuro e pieno di guglie nere e crepacci, con un'aria tossica che lo infestava, era che si trovava nel Tartaro, probabilmente nella sua parte più remota e dimenticata. Beh, nel Tartaro c'era già stata, aveva buone ragioni per supporre che il sogno fosse ambientato lì.

Ti ho vista la prima volta che sei venuta qui... e ho capito che eri tu.

La voce che le arrivò alle orecchie non era la stessa che le aveva già parlato. Era forse più subdola e tagliente, ma meno profonda. Era carica di astio e risentimento. La malignità pura permeava quelle parole, che le ferirono le orecchie come rasoi. Si voltò verso una specie di caverna e percepì un gelido respiro. Trasalì, intuendo chi le stava parlando.

- Crono- fece, con voce strozzata. Si sentiva completamente preda del terrore.

Una risata gelida riecheggiò; la sua risposta. Amanita indietreggiò e andò a sbattere contro qualcosa, una specie di roccia alta e acuminata, che si attorcigliava su se stessa. Lo spuntone aguzzo pareva un enorme stuzzicadenti di ossidiana, lucente e talmente appuntito da poter trapassare un carro armato ricoperto di diamante. In cima sembrava esserci infilzato qualcosa. Amanita alzò gli occhi e trattenne un grido: una testa.

Quello che vedi è mio padre... io ho fatto in modo che la sua testa mozzata fosse qui. Mia madre Gea mi ha dato il potere di farlo.

Prima che Amanita potesse replicare, un vento caldo l'avvolse, trasportandola da un'altra parte, lontano dalla caverna e da Crono. Una grossa falce, identica a quella del Titano ma non d'oro, bensì nera come la notte, era piantata per il manico nel terreno scosceso e brullo. La lama nera e argento brillava sinistramente come un cielo stellato invernale. Il manico, lungo e sottile, aveva una linea semplice ma elegante.

Prendila. È ciò che ti serve per sopravvivere, così tu− noi vinceremo. Tu hai bisogno di me e io ho bisogno di te.

Quella era una voce diversa, era quella che aveva già sentito. La voce di Urano. Non che ci si potesse fidare di un Titano, ovviamente, ma Urano aveva ragione. Se Caos avesse inghiottito ogni cosa, anche ciò che rimaneva del signore del cielo sarebbe andato perduto. Nessuno poteva riportare in vita Urano, però lui poteva ancora esercitare il proprio potere tramite gli dei nati da lui e tramite Amanita.

- Ok, allora ci aiutiamo a vicenda- disse Amanita, afferrando con la mano destra il manico della falce nera- però questo non vuol dire niente, intesi? Nessuno ti riporterà in vita.

Un'altra risata, meno amara, meno carica di odio e la ragazza lo prese come un "ok, tanto lo immaginavo". Per un secondo, un pensiero sfiorò la mente di Amanita: e se Urano non fosse stato davvero così malvagio come lo avevano sempre dipinto i miti? Non sarebbe stata la prima volta che i racconti non dicevano il vero riguardo gli dei. Gea aveva sobillato Crono e gli altri Titani affinchè uccidessero il padre, Gea aveva risvegliato i Giganti... mi sa che era mammina quella più cattivella. E, forse, aiutando lei ora, Urano avrebbe riscattato il proprio nome. Oppure era solo una favola che si stava raccontando da sola.

Dopo un bel respiro, Amanita estrasse il manico come fosse la spada nella roccia... e si svegliò di colpo. Non era a letto, ma in piedi e aveva tra le mani davvero la falce. La osservò, ammirata, metteva paura ma era anche splendida. Proprio mentre si chiedeva come accidenti portarsi dietro un'arma così ingombrante, quella si ridusse alle dimensioni di un ciondolo con uno scintillio. Amanita si ritrovò in mano una collana. Sorridendo la indossò, poi uscì in punta di piedi dalla stanza messa a disposizione per lei da Chirone nella Casa Grande e uscì, affacciandosi al portico. Le stelle brillavano in cielo e il campo dormiva tranquillo.

- Pensavo di essere il solo a non avere sonno- le disse Luke, affiancandosi a lei- che fai sveglia?-

- Ho avuto una bella chiacchierata col mio Urano interiore, che gentilmente mi ha fatto un regalo- rispose Amanita- dimmi, è possibile che Urano non fosse così cattivo come lo hanno dipinto? Non dico che fosse buono, solo non così tremendo-

- Beh, vista la simpatia di Gea, è possibile, magari era succube della moglie- ammise Luke.

Solo in quel momento, Amanita si rese conto di quanto lei e Luke fossero simili. Quello che era successo a lei nel Tartaro, probabilmente era capitato a lui con Crono, in passato.

- Non importa- liquidò Amanita, guardandolo- ciò che conta è che possiamo sconfiggere l'esercito di Caos-

Annuendo, Luke notò il ciondolo al suo collo. Per un attimo parve turbato, forse perché somigliava davvero tanto alla falce di Crono, ma subito dopo annuì e l'abbracciò.

- Tu non farai la mia fine, questo è sicuro- le sussurrò- sei cento volte più forte di me, Amanita. Mi sento più forte anche io, grazie a te-

- Tu sei forte, Luke. Ma nel caso dovessi scordarlo, ci penserò io!-

Gli diede un bacio e poi notò qualche luce al campo, verso la foresta. A quanto pareva, erano tutti un po' svegli.

- Andiamo anche noi? Credo che qualcuno stia già preparando la partenza, malgrado non siano ancora le quattro del mattino-

Luke annuì e assieme raggiunsero gli altri, gli zaini già in spalla. I loro compagni si erano effettivamente già radunati, probabilmente elettrizzati per la partenza imminente. Nessuno parve troppo sorpreso di vedere gli altri.

- Prepariamo la partenza, visto che siamo svegli?- domandò Adam- Però dobbiamo aspettare l'orario per partire, o gli altri ci uccideranno-

Di comune accordo, il gruppo preparò la nave alla partenza, senza fare troppo rumore. Amanita osservò Alabaster disegnare qualcosa sul tavolato del ponte con un gessetto particolare, che brillava.

- Cos'è?- chiese.

- Il nostro passaggio per il tunnel nella Foschia- rispose lui.

Iris passò in quel momento con in mano alcune cose e abbassò gli occhi sul disegno a terra.

- E' storto- osservò.

Alabaster alzò appena gli occhi, guardandola un po' male. Amanita soffocò una risata. Iris gli strizzò l'occhio e proseguì, divertita.

- E' divertente prendere in giro il proprio ragazzo- commentò.

Alabaster borbottò qualcosa di abbastanza incomprensibile, continuando il suo lavoro e lanciando occhiatacce quando qualcuno passava sopra il suo lavoro, cancellandolo. Alla fine, sistemate le cabine, si misero tutti in un angolo del ponte, per non disturbarlo.

- Il tuo uomo è davvero strano, Iris- le disse Luke.

- Oh, lo so, è un musone con davvero poco senso dell'umorismo!- esclamò la figlia di Afrodite, sorridendo- Ma non importa, ha tante altre qualità. Mi piace lo stesso-

- E' una cosa davvero carina da dire- commentò Reeve, annuendo convinto.

Finalmente, Alabaster finì il suo strano pentacolo pieno di rune e simboli bizzarri. Scesero tutti dalla nave, ormai era ora di colazione e si diressero al padiglione delle mensa. Amanita pareva la più tranquilla e allegra, la verità era che l'avere un'arma potente la rassicurava, almeno non sarebbe stata d'impiccio ma di aiuto.

- Sembri felice- le disse Luke.

- E' eccitante partire per una impresa, non essendo una semidea- rispose lei- inoltre, ora che Urano mi ha concesso il suo aiuto, potrò darvi davvero una mano senza fare la classica mortale in pericoloso che non serve e niente!-

- Tu non sei mai stata la classica mortale in pericolo che non serve a niente-

- Lo so, ma non vorrei rischiare di iniziare proprio ora-

- Andrai alla grande, fidati-

Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora