Thirty four.

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Un tuono illuminò per pochi istanti il cielo buio della notte, le stelle erano state coperte da grossi nuvoloni grigi che, dopo poco, si erano trasformati in una pioggia torrenziale dando alle persone un po' di sollievo da quel caldo che da giorni si era impossessato della città.
Nelle strade del paese regnava il silenzio, non c'era nessuno per le strade intento a passeggiare, erano tutti rinchiusi nelle loro case, per chi ne aveva una altrimenti si rifugiavano in qualche capanna creata da qualche padrone e poi abbandonata, per ripararsi dalla pioggia, per tutto il pomeriggio i compaesani non avevano fatto altro che chiedersi cosa fosse successo al gran signore per farlo infuriare in quel modo e per costringerlo a cercare, per giorni, Benjamin e il suo amico dai capelli biondi e si domandavano, anche, se fosse riuscito a trovarlo dato che nessuno in paese li vedeva da giorni e anche la famiglia di Federico era davvero preoccupata per la sua sorte.

Un altro tuono illuminò il cielo e la grande stanza in cui Benjamin era rinchiuso, se ne stava sdraiato in malo modo sul letto e con lo sguardo perso verso il mondo esterno, si domandava dove fosse il suo Federico, se ancora poteva definirlo così, e se anche lui lo stesse pensando, nella sua mente erano ben impressi gli occhi rossi dal pianto di Federico e sembravano seguirli ovunque, nel buio della sua stanza non faceva altro che rivedere i suoi occhi.
«Ti prego, non lasciarmi!»
Nella sua mente continuavano a ripetersi quelle parole e si malediva per essersi mostrato tanto debole, gli aveva giurato di lottare per lui e, invece, si era lasciato portare via da suo padre senza ribadire quanto fosse forte il loro amore e dirgli, ancora una volta, che voleva restare con il piccolo Federico.
Non sapeva se l'avrebbe rivisto, se suo padre gliel'avrebbe permesso ne tantomeno se Federico stesso avrebbe voluto rivederlo, la sua unica consolazione era quella di sapere che Maria era della sua parte, anche se non era certo della sua totale sincerità, non la conosceva e non poteva sapere se anche quello era o meno una strategia di suo padre.
Un rumoroso sospiro fuoriuscì dalle labbra carnose del moro interrompendo il silenzio che si era creato tra quelle mura.
-"Mi manchi Federico, mi manchi tantissimo." Sussurrò il ragazzo e strinse forte a sè il suo cuscino mentre un singhiozzo disperato riecheggiò nella stanza.
La sua mente lo riportò a quella notte che avevano passato insieme, quella volta che avevano dormito stretti l'uno all'altro nella vecchia capanna costruita da suo padre, seppur non avessero fatto altro che stringersi e lasciarsi qualche bacio di tanto in tanto, era stata la notte più bella della sua vita, si era sentito completo per la prima volta, aveva sentito di appartenere finalmente a qualcuno che non faceva altro che renderlo felice, avrebbe rinunciato a tutto ciò che possedeva solo per poter passare un'altra notte stretto a lui.

La notte fu abbastanza lenta e dolorosa per Benjamin che, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che osservare il cielo illuminarsi per pochi istanti e poi tornare ad essere buio e aveva continuato a pensare al più piccolo che non si era fatto vivo, non sapeva nemmeno se fosse tornato a casa sua.
Benjamin, con non poco sforzo, si alzò dal letto, si costrinse a lavarsi e cambiarsi i vestiti e a scendere per fare colazione.
I suoi passi lenti, e rumorosi, risuonarono per tutta la casa avvertendo i suoi genitori del suo arrivo.
-"Buongiorno figliolo!" Esclamò raggiante Alberto.
Tutto ciò che ottenne in risposta fu uno sguardo fulminante da parte di suo figlio che si diresse a tavola ma scelse il posto più lontano da suo padre.
-"Buongiorno Benjamin." Disse Maria e gli sorrise gentile.
-"Buongiorno a te." Rispose il moro e ricambiò il sorriso, era felice che la ragazza fosse rimasta a casa loro, data l'assenza della madre, che era dovuta andare fuori dal paese per alcune questioni familiari, era sollevato nel sapere che accanto a lui c'era qualcuno che lo sostenesse.
-"Ma che bella mattina!" Disse allegro il padre dopo aver notato lo scambio di sguardi che si era verificato tra i due ragazzi.
Poco prima che Benjamin dicesse brutte parole a suo padre qualcuno bussò alla porta e attirò la loro attenzione, pochi minuti dopo una cameriera li raggiunse in sala e si avvicinò al più grande.
-"Signore, il ragazzo mi ha lasciato questo per lei." Disse e passò al ragazzo un piccolo foglio che, lui, afferrò al volo. "Ah, signore, prima che me ne dimentichi, c'è un uomo, credo si chiami Osvaldo, e vuole parlarle." Continuò la donna, questa volta, riferendosi ad Alberto.
-"Vado subito." Rispose l'uomo e si alzò da tavola prima di uscire di casa.
Il moro, approfittando dell'assenza di suo padre, aprì il foglio e si affrettò a leggere.
«Ti aspetto al nostro solito posto, quando il sole tramonta io sarò lì.» Recitava il foglio.
"Ci sarò, amore mio." Pensò il ragazzo e sistemò il biglietto nella tasca interna della sua giacca.

Poco dopo suo padre li raggiunse, nuovamente, in sala, si sedette al suo posto e rivolse un'occhiata curiosa al moro che non riusciva a fare altro che sorridere.
-"Di chi era quel biglietto che ti è arrivato?" Chiese.
-"Dei figli del signor Teo, mi hanno invitato a fare merenda a casa loro questo pomeriggio." Mentì il ragazzo.
-"Brave persone, vai pure." Sorrise Alberto.

Il sole stava per tramontare, Benjamin era uscito di casa già diverse ore prima per rendere più credibile la bugia che aveva raccontato a suo padre, si era recato al solito posto che condivideva con Federico e aveva lasciato che i ricordi di lui e quest'ultimo gli invadessero la mente, quegli alberi li avevano visti crescere e avevano visto il loro amore nascere e diventare sempre più forte, non avrebbe mai portato un'altra persona in quel posto perché mai nessuno sarebbe stato tanto importante per lui come lo era Federico.
-"Benjamin." La voce debole del biondo giunse alle sue orecchie e lo fece girare di scatto ma, ciò che vide, non lo fece sorridere, anzi, ma non gli impedì di avvicinarsi.
-"Piccolino..." Sussurrò Benjamin e allungò una mano per accarezzargli la guancia ma l'altro gliela scacciò via. "Che ti prende?" Chiese.
-"Che mi prende?" Ripetè Federico e nella sua voce era nel udibile una punta di ironia. "Hai rinunciato a me, cosa dovrebbe prendermi?" Continuò.
Quelle parole ferirono il moro che, involontariamente, abbassò la testa.
-"Io non ho rinunciato a te, non lo farei mai." Rispose lui.
-"L'hai fatto Benjamin, magari non per tua volontà, il destino ha scelto per noi.
Credevamo di essere nati per stare insieme, che il destino ci volesse far amare ad ogni costo, ma ci sbagliavamo.
Questo periodo con te è stato il più bello della mia vita ma, come tutte le cose belle, è finito.
Noi non siamo nulla e mai lo saremo, tuo padre aveva ragione, due ragazzi non possono stare insieme.
Noi non possiamo stare insieme.
Io ti amo, più di qualsiasi cosa, ti amo più della mia stessa vita ma proprio per questo motivo devo lasciarti andare via da me e darti la possibilità di avere un buon futuro, quello ti meriti.
Io ci sarò sempre, anche quando non mi vedrai, sarò sempre lì a vegliare su di te e a proteggerti da qualsiasi cosa ti accadrà.
Se un giorno dovessi sentire la mia mancanza vieni qui, io non sarò presente fisicamente ma il mio cuore resterà sempre qui, sarà sempre tuo." Una lacrima rigò la guancia di Federico che, a fatica, finì il discorso.
-"Se mi ami non puoi lasciarmi, non puoi davvero credere di vivere senza di me, come io non posso farlo senza di te.
Ti prego, Federico..." Lo supplicò Benjamin e gli prese la mano mentre il suo viso era innondato da lacrime.
-"Io ti amo, Benjamin, e ti amerò sempre ma questo è un addio.
Magari nella prossima vita potremmo stare insieme ma ora dobbiamo restare separati.
Addio amore mio." Sussurrò Federico e gli diede un bacio a stampo prima di correre via.
Quel posto era vuoto senza di lui.

Illegal love || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora