Capitolo 39

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Pov Luca

Mi passai le mani nei capelli con nervosismo, mentre camminavo avanti e indietro agitato, squadrando con attenzione tutto l'ambiente circostante per verificare che fosse tutto perfetto.

Sulla spiaggia privata della mia abitazione era stato sistemato un ampio telo, al di sopra del quale giaceva un tavolo ordinatamente apparecchiato, mentre la luce soffusa delle candele veniva supportata dalle luminarie di Napoli e dal chiarore di luna, quella sera piena. Il tutto poi condito da un panorama mozzafiato e da un mare calmo che caricavano l'atmosfera di romanticismo.

Puntellai le mani sui fianchi e sospirai affranto.

- Sono diventato frocio. – commentai rammaricato.

Erano mesi ormai che io e Flaminia stavamo insieme e mai come in quel momento mi resi conto di essere caduto nella trappola.

Non guardavo più le altre donne e non facevo più cadere il mio sguardo nelle spesso profonde scollature che mi offriva il gentilsesso. Beh, questo forse non era proprio vero, ma quando l'occhio cadeva, non mi ritrovavo più a fare apprezzamenti spassionati come una volta, ma mi perdevo in confronti.

Inutile dire chi avesse la meglio alla fine dei conti.

Alla vista di un bel pezzo di mammifero, non avvertivo più quel brivido insinuarsi tra le cosce e stanziarsi lì, dove non batteva il sole.

Non avevo mai creduto di avere un cuore di ghiaccio e nemmeno mi ritenevo incapace di amare. Anzi, chi più di me amava le donne? Quelle creature perfette e calde, frutto del dispiego delle forze della natura, chi più di me era in grado di apprezzarle?

Semplicemente ero incapace di amarne una sola. Il mio cuore non era mai stato in grado di battere in quel modo ossesso, quasi malato, per una sola donna.

Non era un cuore freddo, era solo...difettoso. Un difetto della fabbrica della natura, o almeno così credevo.

Non avevo mai tradito Flaminia; inspiegabilmente, la sola idea di poterle mancare di rispetto mi causava disgusto, stupendomi. Non mi ero mai posto questo genere di problemi: Barbara aveva avuto una quantità di corna tali, che per un considerevole periodo il nostro giro di amicizie si era convinto che non stessimo più insieme.

Ma con Flaminia era diverso: il suo viso era sempre impresso nella mia mente, il mio corpo bramava anche a distanza la sua pelle ed il suo odore inebriava costantemente le mie narici, impregnandole.

Ed io, come un segugio, lo cercavo in ogni dove.

- Cristo santo! – mormorai, sull'orlo della follia.

Ero caduto nel baratro. Mi ero innamorato e quella sera avevo organizzato una cena romantica per confessarle i miei sentimenti.

Flaminia sarebbe arrivata a breve ed io fissavo le lancette dell'orologio con timore. Man mano che l'orario dell'appuntamento si avvicinava, la mia gola si faceva secca, lo stomaco si stringeva in una morsa soffocante e gli arti venivano attraversati da un formicolio. Due erano le cose: o stavo per avere un infarto, o avevo un attacco di panico in atto, eppure nessuna delle due prospettive era allettante.

Mi portai una mano al collo, sentendomi soffocare e tremavo alla sola idea di aprire il mio cuore, mentre l'istinto di fuggire si concretizzava a poco a poco, in modo a dir poco disperato.

Afferrai d'impeto il cellulare e con le dita tremolanti, composi il numero di Ferraro.

- Pronto? – farfugliò Marco, masticando.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora