Prologo

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Credo che ognuno di noi, in un punto imprecisato della propria vita, abbia riflettuto sulla propria morte.

Potrebbe avvenire per mano di un estraneo oppure potrebbe solo essere una fatalità, un incidente.

Negli ultimi mesi, ho pensato parecchio alla mia morte, ma nemmeno nei peggiori scenari avrei immaginato di finire così.

Sospiro sconsolata prima di abbassare lo sguardo sui cadaveri, distesi scompostamente, uno affianco all'altro, ai piedi di questo piccolo agglomerato roccioso.

Mentre i miei occhi accarezzano i lineamenti di Kevin, la mia mente torna indietro a quando è tutto iniziato, a quel giorno di 4 anni fa.

Era una giornata come tutte le altre: io e mio marito avevamo fatto colazione assieme e poi mi aveva annunciato la sua partenza per quel pomeriggio. Non ero arrabbiata, capitava spesso che lui dovesse partire improvvisamente per qualche ricerca; dopotutto, era uno scienziato molto bravo e qualificato, nonostante qualche idea balzana che ogni tanto gli frullava in mente.

Gli diedi un bacio e lo salutai tranquillamente, senza sapere che non l'avrei più rivisto.

Passarono tre giorni e, mentre il mio animo si riempiva d'angoscia e preoccupazione, mi decisi a chiamare la polizia.

Perché dopo così tanto tempo?

Me lo chiesero anche i detective.

Non mi ero preoccupata perché il mio Kevin era fatto così: quando una ricerca lo appassionava era capace di dimenticarsi di tutto, persino di me, sua moglie.

Le indagini iniziarono e finirono.

Passarono mesi, anni, senza sue notizie finché non trovai quella foto.

Fu lei la causa di tutto questo.

Il boato di un'eruzione mi risveglia dal doloroso viale dei ricordi: devo andarmene da qui.

Un'insistente bip risuona dalla tasca della mia giacca sbrindellata: è il congegno di Connor. Metto una mano in tasca, lo tiro fuori e do' un'occhiata al display.

Sono nei guai fino al collo.

Secondo il mini computer,una scatolina nera grande poco più della mia mano, fra qualche giorno, o forse fra qualche ora, si scatenerà l' Evento K-Pg.

Connor non è un ragazzo molto preciso.

La piccola eruzione di poco fa è stata solo un assaggio di quello che succederà: ho poco, pochissimo tempo per mettermi al riparo.

Cercando di tenere sotto controllo il panico crescente che mi sta per soffocare, scendo dal piccolo agglomerato di rocce che è diventato la tomba di Kevin e cerco di riflettere sul dà farsi.

Davanti a me c'è un'immensa distesa pianeggiante: gli animali brucano tranquilli l'erba verde pallido, senza sapere che fra poco scompariranno dalla faccia della terra.

Alle mie spalle, invece, si trova una foresta, intricata ed oscura; i miei occhi non riescono a perforare la cappa d'oscurità che sembra scaturire direttamente dagli alberi.

Non ho molta scelta: se andassi in pianura non avrei nascondigli mentre nella foresta...

Dannazione!

E giungla sia!

Il mio piano, abbastanza ridicolo, a dir la verità, consiste nel perlustrare l'umida foresta nella speranza di trovare un passaggio che mi porti al Giardino.

Da lì sarebbe stato tutto più semplice.

Fra gli alberi, l'aria è afosa ed umida, i vestiti chiari e laceri mi si appiccicano alla pelle già imperlata di sudore.

Anomalie (disponibile e-book e cartaceo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora