Capitolo 80

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Il mio sonno viene interrotto dalla sveglia che avevo precedentemente impostato sul cellulare. Dopo la doccia sono caduta in un sonno profondo, ero talmente stanca che non ho nemmeno pranzato. Ho sognato ancora lui, mi guardava in modo deluso e triste, dopodiché è sparito. Mi chiedo quando passerà tutto questo. Sono quasi le cinque e tra poco arriverà Cem, meglio se mi do una mossa. Mi dirigo al bagno, sciacquo il viso, lavo i denti e mi spazzolo i capelli. Metto sulle guance un leggero strato di blush rosa e un lucidalabbra color pesca. Corro in camera, dato che il cellulare sta squillando e rispondo senza nemmeno guardare lo schermo.

«Emy, sono quasi da te.» dice la voce di Cem.

«Va bene, io sono già pronta.»

«Dieci minuti e arrivo.»

«Okay.»

Nel mentre che attendo, telefonerò Tiffany, strano che non l'abbia fatto lei stessa, ma forse non voleva disturbarmi. Compongo il suo numero e metto in chiamata.

«Emy, ciao.» risponde con voce roca.

«Ehi, dormivi?»

«Sì, stanotte non ho chiuso occhio.»

«Come mai?»

«Ho litigato con Hunter.»

Chissà perché litiga sempre con tutti.

«Perché?»

«Mi ha visto insieme a Sam e ha frainteso le cose. Gli ho spiegato che è gay, ma non ha voluto credermi e così mi ha mollata. Che stronzo! Ma tanto tornerà, brutto figlio di...»

«Ho capito.» la interrompo, prima che potesse concludere il suo insulto. Certo che le capitano di ragazzi strani, sembra che la sfortuna ci perseguiti. «Mi dispiace, vedrai che farete pace.»

«Col cazzo che lo perdono! A meno che non lo vedrò strisciare.» Soffoco una risata, immaginando la scena. «A proposito, com'è andato il viaggio?»

«Bene, tra poco andrò a vedere la casa in cui vivremo io e Sam.»

«Ma sei sicura di voler vivere con Sam?»

«Sì, perché?»

«Mah... così.»

Non mi piace la sensazione che provo, è come una specie di avvertimento e mi capita spesso quando parlo con lei.

«Tiffany, devi dirmi qualcosa?»

«No, niente.»

«Uhm... va bene.» Avverto un bip nell'orecchio, allontano il cellulare e guardo lo schermo. Cem mi sta telefonando. «Tiffany, devo riattaccare, ci sentiamo più tardi.»

«Va bene, tesoro, a dopo.»

Riattacco e rispondo alla chiamata di Cem: «Ehi, arrivo.»

«Sono nell'atrio.»

«Okay.»

Terminata la chiamata, ripongo il cellulare in borsa, prendo le chiavi della camera ed esco in corridoio, chiudendo la porta alle mie spalle. Sono abbastanza nervosa, chissà com'è questa casa e chissà se riuscirò a trovare un lavoro in fretta. Sta tranquilla, ti trovi a New York, ci sono molte opportunità di lavoro. Già, è vero, devo stare calma.

Arrivo nell'atrio, mi guardo intorno alla ricerca di Cem e lo vedo poggiato al muro, con le braccia incrociate al petto e indossa una t-shirt nera con un paio di jeans scuri e anfibi dello stesso colore. Appena si rende conto della mia presenza, mi sorride e mi viene incontro.

«Ehi, eccoti.» mi posa un bacio sulla guancia e il gesto mi fa arrossire. «Sei pronta?» aggiunge, mentre ci dirigiamo all'uscita. Annuisco e gli sorrido. Ma lo sono davvero? Probabilmente no, però devo convincermi del contrario. Raggiungiamo il taxi, Cem mi apre la portiera per permettermi di entrare. «Allora, com'è andato il viaggio?»

«Bene.»

Mi sento un po' imbarazzata, non so il perché, è come se mi mettesse in soggezione.

«Tra poco arriveremo nel centro di Manhattan, la casa ti piacerà di sicuro, anche perché si trova a pochi chilometri dal college.»

«Hai pianificato proprio tutto.» mi meraviglio.

«Mi piace tenere sempre le situazioni sotto controllo» Sorrido sarcastica, l'avevo capito che fosse un maniaco del controllo. «e poi mi piace aiutare le persone.» mi fa un occhiolino. «Te in particolare.»

Il mio viso assume nuovamente un colorito rosso. Sta cercando di flirtare con me? La colpa è tua, se non l'avessi baciato in vacanza ora non sarebbe così convinto di poterti conquistare. Non diciamo sciocchezze e poi ero ubriaca. Ma sono l'unica pazza che litiga coi propri pensieri?

«Emy, siamo arrivati.» Cem interrompe i miei pensieri assurdi.

Scendiamo dalla macchina e mi guardo intorno. Il posto è proprio bello, in giro c'è praticamente tutto, supermercati, negozi d'abbigliamento, bar, libreria, un pub e tantissimo movimento.

«Wow!» esclamo affascinata.

«Bel posto, vero?»

«Già.»

Sembra troppo bello per essere vero, tutto così perfetto.

«Vieni, l'appartamento è da questa parte.» afferra la mia mano, facendomi sussultare. «Oh... scusa.» la ritrae imbarazzato.

Io lo sono più di lui e chissà perché ho uno strano presentimento.

Siamo all'interno dell'appartamento, è all'ultimo piano e il panorama è qualcosa di stupendo, si può vedere tutta Manhattan. L'arredamento è in stile moderno, proprio come piace a me. È enorme, forse troppo per due persone soltanto, chissà quanto mi chiederà.

«Allora, che te ne pare?» chiede eccitato.

«È bellissimo! Credo sia troppo per me.»

«Ehi, non accetto rifiuti!»

«Solo che... dovrò trovarmi prima un lavoro, altrimenti non potrò pagarti l'affitto.»

«E chi ha parlato di soldi?»

«Cosa? No, io non posso restare in questa casa senza pagarti.»

«Sta tranquilla, quando sarai pronta ne riparleremo.»

Mi costringo a restare in silenzio, dopodiché mi siedo sul divano di fronte alla grande vetrata e noto che è comodissimo. Non posso credere che questa sia casa mia, non posso credere che Cem mi abbia aiutata, sembra un sogno. Si siede accanto a me e mi poggia una mano sul ginocchio, accarezzandolo delicatamente. Lo guardo imbarazzata e mi chiedo cos'abbia in mente, poi mi alzo di scatto e cammino su e giù per il salotto.

«Devo chiamare il mio amico e avvertirlo del fatto che abbiamo una casa.» sbraito tutto d'un fiato.

Cem si acciglia e si alza anche lui, mi posa una mano sulla spalla e mi costringe a fermarmi.

«Sei troppo nervosa, rilassa i nervi, okay?» fa scorrere la sua mano lungo la mia schiena.

Il suo gesto mi spiazza e allora mi allontano prontamente da lui, oltrepassandolo.

«Forse è meglio se torno in albergo.»

Mi fissa con quello sguardo da ammaliatore troppo diverso da quello di Mark.

«Non vuoi che ti accompagni a trovare lavoro?»

Cavolo, ha ragione, il lavoro. Posso fare a meno di lui? Non credo. Non conosco niente in questa città così grande, così piena di gente, ma allo stesso tempo vuota perché lui non è con me. Adesso finiscila, ti stai rendendo ridicola. Ti ho mai detto che non mi importa della tua opinione?

«Okay, andiamo.» dico quasi in un sussurro.

«Perfetto!»

«Hai qualche preferenza riguardo al lavoro?» chiede Cem. «Cioè, ti piacerebbe fare qualcosa in particolare?»

«Uhm... mi piace stare a contatto con la gente, conversare, consigliare.»

Mi guarda con un sorriso soddisfatto, come se avesse avuto un'idea.

«Ho il lavoro che fa per te! Vieni con me.» afferra la mia mano ed inizia a correre.

«Non c'è bisogno di correre.» mi lamento.

Ti amo e ti odio!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora