Greedy for love.

Capitolo trenta.

Bussai un paio di volte, ma nessuno rispose. Mi voltai verso Gemma, che scosse le spalle. «Entra dal retro, sicuramente sarà chiuso in camera» annuii e obbedii. I loro genitori erano in vacanza, quindi in casa c'era solo il riccio.

La vetrata sul retro era aperta, così entrai, chiudendomela alle spalle. Vagai per il piano inferiore, ma di Harry nessuna traccia, così salii al piano superiore. Andai direttamente verso la porta della sua camera e bussai. Nessuna risposta.

Aprii la porta lentamente, con la fronte corrugata, e vidi Harry, darmi le spalle, seduto davanti alla scrivania, intento a scrivere qualcosa su un foglio, con la matita. «Harry?» chiamai, ma non rispose.

Notai poi la sua gamba muoversi e vidi che aveva le cuffie, stava dunque ascoltando la musica, ecco perché non sentì né il campanello, né la mia voce. Mi avvicinai e oltre le sue spalle vidi che stava disegnando una bozza di qualcosa.

Mi sporsi un po' di più, rimanendo dietro di lui, e d'un tratto sobbalzò, urlando, togliendosi di scatto le cuffie e alzandosi dalla sedia. Mi guardò ad occhi sgranati e si portò una mano sul cuore, chiudendoli e respirando profondamente.

«Mio dio, Louis. Mi hai fatto prendere un colpo!» disse, riaprendo gli occhi e guardandomi. Io mi morsi il labbro inferiore per trattenere le risate, ma non ci riuscii e scoppiai a ridere.

«Oddio..scusa..ma dovevi vedere..la tua faccia» dissi, in preda alle risate.

Harry scosse la testa e sorrise. «Idiota. Ho rischiato un infarto.»

«Scusa» mi calmai, schiarendomi la voce.

«Che ci fai qui?» chiese, tornando a sedersi sulla sedia, rivolto però verso di me.

Scossi le spalle, non sapendo da dove iniziare il discorso. «Cosa stavi disegnando?» chiesi, sorvolando la sua domanda.

Lui sospirò, afflitto, e spostò lo sguardo sul disegno. «E' soltanto una bozza. Mi hanno preso come stagista per uno studio di architettura, insieme ad altri, e dobbiamo portare un nostro progetto entro la fine del mese di Settembre. Chi presenterà il progetto migliore, potrà lavorare al fianco dell'architetto in un progetto importante» spiegò, senza guardarmi negli occhi.

Subito dopo, invece, alzò nuovamente lo sguardo. «Perché sei qui, Louis?» chiese nuovamente.

Abbassai io lo sguardo quella volta, e sospirai. «Perché meriti una risposta» dissi, facendo alcuni passi avanti e poggiandomi contro la scrivania. Lo guardai.

«E sarebbe?» Impaziente, il ragazzo.

Mi schiarii la voce e iniziai a parlare. «Più di quattro anni fa non mi sarei mai immaginato di iniziare una storia con te, col fratello della mia migliore amica. Non ti consideravo nemmeno più di tanto, anzi, mi eri totalmente indifferente» ammisi, ridacchiando.

«Ma il bacio a quella festa, aveva ribaltato tutto. Non dico che mi sono innamorato di te in quel preciso momento, ma qualcosa è cambiato. Non mi eri più indifferente, non ti consideravo più solamente come il fratellino riccio di Gemma, il compagno di classe figo, con amici altrettanto fighi. No» scossi la testa, col sorriso sulle labbra.

«Prima ti vedevo come uno spocchioso, un figlio di papà, un ragazzo viziato, che ha avuto tutto dalla vita, che non gli è mancato nulla. Ti consideravo totalmente diverso da tua sorella. Lei era una ragazza d'oro, e tu il fighetto della famiglia, che si porta a letto l'intera scuola. Insomma, avevo una brutta considerazione di te, assolutamente sbagliata» ammisi.

«E l'ho capito quando ho visto i tuoi occhi non appena hanno incontrato quelli di Thomas. Ho visto come brillavano di luce propria, ho visto le fossette comparire e si, allora mi sono innamorato di quei due solchi che amo infinitamente tuttora. Ti sei preso cura di me, quel giorno in cui ero svenuto. Mi hai aiutato nel momento del bisogno, quando hai deciso di fare il baby-sitter a Thomas, nei weekend per giunta, rinunciando alle uscite in giro con gli amici, rinunciando a divertirti.»