STORIA 18 ⚡ 'Morning

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ECCOMI! Già, sono mancata un bel po' ma adesso che é estate avrò più tempo! ☀ Non siete contenti/e?
Bhe, mi scuso per l'assenza e vi lascio a questa storia... A dopo!

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Esther posò piano le labbra carnose sul freddo bordo in ceramica della tazza, poi, dopo aver sorseggiato uno o forse due sorsi di caffé, la adagiò con delicatezza sul largo piano in betulla della cucina, lasciando che il forte, amaro sapore della bevanda appena ingerita le marchiasse a fuoco il florido petto, riscaldandole la gola ancora impastata dal sonno.

Non si era mai sentita così... si leccò le labbra e chinò il capo, alla ricerca di una parola che potesse descrivere il suo stato d'animo in quel momento perso nella confusione più assoluta.

Strana.

Non si era mai sentita così strana dopo una notte passata a fare... arrossì. Sesso.

Batté le palpebre più volte, stringendo le mani intorno alla tazza, e per un istante giurò di sorridere, anche se, stordita com'era, non ne poteva essere del tutto sicura.

E dire che amava farlo, persino più dello shopping, la sua attività preferita. Eppure quella volta era andata diversamente. Forse perché si era spogliata del tutto, cosa che di solito non faceva mai, forse perché si era sentita amata per la prima volta, forse perché a tenerla intrappolata fra due potenti ginocchia quella volta c'era stato il suo migliore amico, e non una persona qualunque.

Mark.

Rabbrividì e si chiese come il suo nome, all'apparenza così banale e assurdo, potesse possedere la straordinaria capacità di frastornarla al solo pensiero, e confonderla, facendola sprofondare in un vortice di piacere che non era mai riuscita a controllare.

I ricordi della notte precedente le riaffiorarono vividi in mente, obbligandola a stringersi nelle spalle con un moto di imbarazzo nei gesti.

Inutile sottolineare quanto fosse stata magica quella meravigliosa ora, o quanto Mark l'avesse amata con una passione senza pari, quasi avesse avuto un precipitoso calo di affetto e l'unico modo per ripristinarsi era stato attaccarsi alle sue labbra e nutrirsi del loro sapore di rossetto che, ne era sicura, gli era piaciuto da morire. E poi... poi l'aveva toccata con mano bollente, incendiandole la pelle, l'aveva carezzata fra i capelli, annusandone il profumo di cacao, si era impossessato delle sue labbra, torturandogliele con i denti fino a fargliele sanguinare, le si era adagiato con rabbia sul corpo e glielo aveva unito follemente al suo, agganciando gambe e petto alla perfezione.

Chiuse gli occhi e rabbrividì ancora, sempre con la bocca piegata in uno di quei suoi stupidi sorrisi che le venivano fuori solo ed esclusivamente quando si perdeva nell'osservare le spalle forti di un ragazzo.

Quanto lo aveva amato ieri notte, cavolo, quasi se ne vergognava. Quante volte, stesa sotto di lui, gli aveva chiesto con un bacio di più, di più, di più, sempre di più, dannazione, quante volte gli aveva tastato i biondi capelli, quasi la loro morbidezza fosse diventata una droga per i palmi delle sue mani, quante volte lo aveva stretto a sé, graffiandogli la schiena in un vano tentativo di emergere da quel travolgente oceano di piacere in cui lui aveva tentato - riuscendoci - di affogarla.

Assurdo.

Da anni aveva cercato di sentirsi così dolcemente adorata, così... ancora si inumidì il labbro inferiore, pensando al termine corretto. Così donna fra le braccia di un uomo, così preziosa.

Ritornò a sorseggiarsi il suo amato caffé, per fortuna ancora bello caldo e fumante, quando dei passi sulle scale la fecero trasalire.

Poi, una voce. La voce più bollente, sensuale, dolce, decisa e virile di tutt'America.

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