Prologo||

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prologo

Sono sempre stata fermamente convinta che la verità disarmata e l'amore disinteressato avrebbero avuto l'ultima parola.

Sono sempre stata convinta che fare del bene ed essere sempre gentili con le altre persone avrebbe fruttato un giorno.

Non è sempre così.

La mia storia non è una delle migliori, non è neanche una di quelle di cui non si sente mai parlare al telegiornale; la mia storia è una delle tante.

Ma proprio perchè è una delle tante che voglio raccontarvela; la mia è una di quelle storie che si sente molto spesso nominare al telegiornale e appunto perchè si sente nominare spesso viene data per scontata.

Quando accade una disgrazia non bisogna mai voltarsi dall'altra parte, facendo finta di nulla; la mia vita purtroppo è stata tutta una serie di disgrazie causate da persone che hanno voltato troppe volte le spalle dalla parte opposta alla mia, fingendo di non sentire le grida bisognose di aiuto.

Ma partiamo dal principio; Mi chiamo Beatrice Vendramin e questa non è altro che la solita storia sentita tante e tante volte al telegiornale.

La mia vita.

Tutto incominciò con una malattia; mio padre morì affetto da un grave male e la sua assenza in casa si sentì. Io e la mia famiglia, ovvero mia madre e la mia sorellina Maya di sei anni, pur di curare la malattia di mio padre sprecammo tutti i nostri risparmi, ma invano. Il cancro se lo portò via. Che brutto il cancro, una malattia silenziosa, che ti divora piano, silenziosamente, fino a farti sparire completamente.

Così, senza più un padre e senza più un soldo, fummo costrette a vendere la nostra vecchia casa e a trasferirci in periferia, in un appartamentino squallido in una cittadina ancora più squallida.

Le persone che abitavano in quella cittadina però erano anche peggiori.

La nostra situazione economica era molto grave, per cui io e Maya dovemmo abbandonare la scuola.

Per me fu molto difficile dover dire addio sia agli amici che allo studio. Avevo sempre sognato di laurearmi in medicina e poter salvare molte vite, ma non andò così.

Mia mamma pur di raccimolare qualche soldo in più, oltre al suo misero lavoro di badante dovette anche andare a fare le pulizie per qualche privato, togliendosi così la possibilità di riposare e di crescere Maya. Mi presi la responsabilità di accudire la mia piccola e fragile sorellina, occupandomi così anche della casa.

Avevo sedici anni, l'esigenza di trovarmi un lavoro era tanta, ma mia madre non volle sentire ragioni. Dovevo rimanere in casa al sicuro. Con l'andare avanti degli anni capì le sue motivazioni; quella periferia era pericolosa, molto.

Finì di asciugare le stoviglie e mi asciugai le mani con lo strofinaccio. Da quando mio padre era morto sia io che la mia famiglia ci trascurammo molto. Un po' per la mancanza di soldi, un po' anche per la depressione.

I miei capelli biondi erano tutti rovinati per averli lavati troppe volte con il bagnoschiuma, non potevamo permetterci anche lo shampoo.

Le mie mani erano ruvide, per colpa dei lavori domestici.

Il mio corpo era ricoperto dai vestiti di mio padre, quelli meno rovinati. Eppure, nonostante il mio vestiario largo e maschile, mi sentivo a mio agio. Quei vestiti mi facevano sentire più vicina a papà che ero certa ci stesse vegliando dal cielo.

La porta di casa si aprì.

-Ciao tesoro.-Mormorò mia madre entrando in casa con Maya in braccio. Mia sorella aveva preso una brutta influenza ed erano di ritorno dal medico del paese.

Prostitute ||Beatrice VendraminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora