Il punto di vista (POV)

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Nonostante l'approccio di questo piccolo manuale tecnico sia (per quanto possibile) metodico e schematizzato, se vuoi diventare un bravo ingegnere dello storytelling devi trovare uno stile capace di distinguerti dai colleghi. E la ricerca parte dal settaggio delle variabili di narrazione. Iniziamo dal punto di vista, meglio noto come POV (dall'inglese point of view).

Il punto di vista definisce l'angolazione attraverso cui il narratore osserva e racconta la storia. È un concetto valido anche nei fumetti, film e videogame, ma raggiunge la sua massima complessità (e varietà) nella narrativa, di qualsiasi genere o lunghezza. La scelta del POV influenza l'empatia dei lettori verso i personaggi e le loro azioni, e può determinare anche il tono e il tema della storia.

Pensa, per esempio, a una trama incentrata su un omicidio. Scegliendo il punto di vista della moglie della vittima, i lettori saranno spinti a odiare l'assassino, mentre scegliendo quello di quest'ultimo, i lettori potrebbero conoscere le sue motivazioni (magari è stato solo un incidente, magari è stata legittima difesa) e giustificare il crimine commesso. Oppure immagina di scegliere il POV del responsabile delle indagini, se è un poliziotto scorbutico ottieni un thriller/noir, mentre se è un investigatore privato alle prime armi potrebbe venir fuori addirittura una commedia. Qualsiasi vicenda appare diversa a seconda di chi la racconta e di quali sono i suoi interessi all'interno di essa, è questa la forza del punto di vista.

Ora entriamo nel dettaglio.

Prendi il grande pulsante rosso e osserva il pannello di controllo della variabili di narrazione, posto su un lato del dispositivo. La sezione dedicata al POV è divisa in tre macro categorie chiamate: prima, seconda e terza persona.

Prima persona

In un racconto in prima persona, il narratore è un personaggio della storia (di solito il protagonista) e i lettori osservano le vicende attraverso i suoi occhi. La prima persona garantisce una sensazione di intimità tra il narratore e il lettore: il primo racconta tutte le sue emozioni, senza filtri o barriere, mentre il secondo viene catapultato nella vicenda e ha l'impressione di viverla sulla propria pelle. Nonostante questo evidente pregio, tuttavia, la prima persona non è adatta a strutture narrative complesse. Il narratore conosce solo quello che vive o ha vissuto, e lo può raccontare solo attraverso la sua prospettiva: non può entrare nelle teste di chi lo circonda, non può narrare eventi che non ha visto. Di conseguenza, dovrà essere presente in tutte le scene del romanzo, e la sua caratterizzazione spiccherà in confronto a quelle degli altri personaggi.

Per ovviare al problema, puoi scegliere di usare una prima persona multipla, cioè di raccontare la storia attraverso gli occhi di più personaggi che si alternano al comando della narrazione. Questo espediente è funzionale ma pericoloso: se usi più narratori, ognuno di essi deve avere una voce diversa, e quindi il tono e il registro lessicale del racconto deve variare a seconda del personaggio narrante (un esempio di uso perfetto di questa tecnica ce lo ha regalato Nick Hornby nel romanzo Non buttiamoci giù). Nel caso in cui tu non riesca a interpretare in maniera efficace e realistica due o più narratori, ti consiglio di evitare la prima persona multipla, perché usarla in maniera esitante equivale a condannare il tuo progetto al fallimento.

L'ingegneria delle storie. Piccolo manuale tecnicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora