34. Polvere

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Sotto il corpo svenuto della donna, le piastrelle consumate esplodono di fiori dai colori intensi e sottili rami neri.

La bocca della sconosciuta è socchiusa, mentre il viso è leggermente arrossato e gli occhi paiono quasi solo due linee leggere sotto le sopracciglia chiare. I capelli biondi invadono con onde candide il pavimento. Sembrano serpenti vestiti di pelle lunare. Un grande abito come una notte scura circonda il corpo, che giace ancora scomposto e immobile.

Luce si accuccia spaventata accanto alla donna, mentre io sussulto tra le braccia di Dalila. Un coltello luminoso invade affilato la mia memoria con un alito freddo.

«O mio Dio!», Luce gira il viso della donna ancora incosciente tra le sue mani e poi solleva il corpo afferrandolo dalle spalle. Una cascata di capelli lucenti si riversa sulla schiena incurvata, fino a sfiorare il pavimento. Il viso della sconosciuta, appoggiato sul collo incipriato di Luce, pare quello di una bambola impolverata.

Poi i miei occhi si spalancano.

Solo in quel momento mi accorgo del rigonfiamento sotto il suo vestito blu: la donna è incinta.

«Chi è?», chiedo con un filo di voce, stringendomi al collo di Dalila che resta immobile ancora sulla soglia.

«Oddio, cosa facciamo!», dice Luce tremando. Non risponde alla mia domanda e, per un secondo, nel suo sguardo scorgo qualcosa che mi fa sussultare, come se improvvisamente una sconosciuta abitasse i suoi occhi.

Solo allora Dalila decide di entrare nella stanza e riesco a mettere a fuoco ciò che ci avvolge.

Il luogo angusto in cui entriamo è pieno di ragnatele e di polverosi tappeti persiani, ammassati uno sull'altro. Nella debole luce, distinguo un letto a baldacchino troneggiare nel mezzo della stanza. Le pesanti tende drappeggianti di velluto rosso sono imprigionate da rosai rampicanti, su cui esplodono enormi rose rosse, che paiono quasi sanguinare.

Mentre Luce sposta qualche ciuffo di capelli dalla bocca della donna, Didì avanza guardandosi intorno, prima di appoggiarmi tra le lenzuola stropicciate del letto. Forse ha paura che non riesca ancora a reggermi in piedi e probabilmente ha ragione.

Sento improvvisamente freddo, come quanto ti senti vulnerabile nell'ignoto che avanza.

Solamente quando una rosa cade tra le mie mani e sfioro i suoi petali di sangue, la donna inizia a tossire e sollevo lo sguardo.

«Lu-Luce?», le sue dita sottili spingono leggere nel viso di Luce, che l'aiuta a mettersi a sedere, mentre vedo Dalila accarezzare la parete di pietra, prima di appoggiarsi con le spalle contro un caminetto murato.

«Che sta succedendo? Chi è lei?», le parole mi incendiano la bocca e mi spavento, perché escono senza controllo. Forse è il panico che mi divora lo stomaco a spingermi all'impazienza.

La donna bionda si accorge di me solo in quel momento.

Quando i suoi occhi si sollevano, resto turbata dalla loro vacuità. Sono occhi spalancati leggermente, come se si fossero violentati per diventare specchi e non tradire l'enorme vuoto che graffia dentro.

«Sono la figlia della Regina Bipolare. L'avrai di certo conosciuta. Tu chi sei? », dice la donna, recuperando velocemente lucidità.

«Ciscandra», deglutisco il mio nome in bocca, senza pronunciarlo bene, mentre il blocco nel mio stomaco si fa sempre più pesante.

La figlia della regina.

Nella mia mente torna la stanza circolare, la grande statua di bronzo con quel fazzoletto di stoffa bianca, mosso da una corrente invisibile.

Credo che la donna non mi abbia neanche sentito, anche perché Luce l'aiuta ad alzarsi in piedi e l'accompagna verso una poltrona di velluto verde.

La donna si siede accarezzandosi l'enorme pancia, che con il suo peso, sembra quasi farla sprofondare nei cuscini che ha dietro alla schiena.

Non mi sembrava fosse così grande il pancione poco prima.

«Dolce Luce, sono felice di vederti, ma mi addolora saperti rinchiusa di nuovo qui. Che cosa è accaduto? Chi sono queste due persone?», la sua voce è strana, molto dolce.

«Sono successe molte cose dall'ultima volta che ci siamo viste. Loro sono mie amiche. Lei è Dalila e lei Ciscandra», risponde Luce indicandomi, mentre Didì si stacca solo un attimo dal caminetto per fare un cenno. Mi impressiona come a volte riesca a diventare così profondamente silenzioso da sembrare invisibile.

«Ciscandra, già. La lingua insolente», dice sprezzante la donna e vedo un frammento della Regina Bipolare romperle il volto.

Mi tengo i polsi perché ho bisogno di trattenere lo stordimento che vuole esplodere in testa.

«Abbiamo bisogno di uscire di qui», dice Luce abbassando lo sguardo.

«Oh, certo che ne avete bisogno», sospira la donna, senza staccarmi gli occhi di dosso. C'è una certa dolcezza nel vederla con questa enorme pancia, ma c'è anche qualcosa di profondamente inquietante: è come se fosse steso un enorme velo bianco dietro al suo sguardo.

Guardo la rosa tra le mie mani.

Forse è solo il ricordo dell'incubo a influenzarmi. Dopotutto se Luce non sembra preoccupata, perché non fidarsi?

«Chi sei tu?», chiedo disorientata, mentre la donna mi sorride vuota.

«Lo scoprirai, Ciscandra. Ma c'è un prezzo da pagare», mi risponde questa, sistemandosi sulla poltrona.

«Un prezzo?», chiedo a voce un po' più alta.

«Non ti facevo così ingenua, Ciscandra. Devi averne passate molte, eppure ogni volta che vieni racchiusa nel vortice delle difficoltà, ti stupisci sempre che la nuova lotta sia ancora più impietosa. Sei giovane?», chiede fissando la rosa nelle mie mani.

«Forse sono solo stanca», rispondo, mentre la voce mi svuota lo stomaco.

«Stanca, sì. Siamo tutti molto stanchi qui, ma il prezzo da pagare resta. Per crescere bisogna piangere molto sangue. Ora dunque, a te la scelta. Puoi uscire dal Sanatorio solo avvicinandoti alla tua verità.»

«Cosa devo fare?», sento la pelle del mio viso tirare in uno strano modo mentre parlo.

«Avvicinati», dice la donna. I lunghi capelli biondi l'avvolgono come un mantello invecchiato.

Quando mi alzo sulle gambe, le ginocchia scricchiolano in modo strano e la testa sembra voler giocare a rincorrere vertigini, così mi aggrappo a un tendaggio, ma le spine delle rose mi graffiano e mi ritraggo spaventata, barcollando sui piedi.

Com'è strano trovarsi di nuovo nel vuoto. Ogni volta non me lo ricordo così violento.

Il pavimento sotto le piastrelle colorate sembra allungarsi a ogni passo e pare trascorrere un'infinità di tempo prima che riesca a raggiungere la donna incinta. A volte poi, credo che i miei occhi mi tradiscano, perché mi sembra quasi di vedere l'impronta di un piccolo piedino blu, su quella sfera di seta.

Una mano bianca si allunga verso di me e mi scopro sorpresa nel sentire che è calda. Sembra una mano così fragile, eppure, toccando i sentieri sul suo palmo, scopro che sono mani che hanno attraversato tante guerre.

«Guardami, Ciscandra. Qual è la mia storia?», mi perdo nel vedere il mio riflesso nei suoi foschi occhi, come se fossero specchi pieni di fumo.

Perché tutti mi fanno domande?

Io sto esplodendo di confusione e tutti continuano a farmi domande.

«Io non lo so, come posso conoscere la tua storia?», la mia mano trema sudata nella sua stretta. La donna si raddrizza, staccandosi dallo schienale della poltrona e io vedo solo la sua bocca.

«Noi sappiamo tutto, nel profondo. Andiamo, chiudi gli occhi. Prendi le mie mani. Qual è la mia storia?», dicono così le labbra secche, spaccate da tagli vivi, prima che una nebbia mi scenda sugli occhi.


♥♥♥

Ciscandra - Il Mondo Bipolare || 1° LibroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora