51

4.9K 428 38
                                    

Seduto su un triclino in una delle tante stanze da letto presenti nella villa, Eren si lasciava medicare le ferite da Levi, senza dire una parola e senza mai voltarsi a guardarlo.
Questo suo comportamento stava facendo preoccupare l'altro all'inverosimile, ma il moro decise di lasciar correre, per ora: che il ragazzo fosse sotto shock, per il dolore patito poco prima e forse anche per la gioia di vedersi salvato, era il minimo.
L'importante adesso è curarlo, si disse Levi, e continuò a passare un panno bagnato sulla schiena del più piccolo per pulire le cicatrici lasciate dalla frusta, prima di spalmarci sopra una sorta di pomata disinfettante ricavata da alcune erbe che il medico del senatore gli aveva gentilmente dato.
Quella, era una ferita che loro due avevano in comune.
Ma le altre?
Levi poteva solo immaginare quanto dovevano essere state dolorose tutte le altre ferite che deturpavano il corpo smagrito di Eren: tagli profondi sul viso e sulle braccia, pezzi di carne strappati sul petto, un paio di unghie mancanti dalle mani, sicuramente strappate via anche quelle, e poi quella striscia di carne bruciata che dall'inizio del petto gli arrivava quasi alle parti basse. Non era possibile medicare una ferita simile; gli sarebbe rimasta addosso per sempre. E sommato a tutto questo, senza ombra di dubbio, anche gli stupri: anche se magari preferivano le donne agli uomini, i romani non badavano mai molto al sesso di uno schiavo, quando erano preda delle loro pulsioni, e al moro risultava difficile credere che ad un pervertito che si diverte a torturare un ragazzo non fosse venuta in mente anche qualche fantasia sessuale.
Non li perdonerò mai per quello che gli hanno fatto! pensò con un moto di rabbia, mentre le sue dita si stringevano compulsamente intorno allo straccio bagnato che aveva in mano.
"Non serve arrabbiarsi: ormai quel che è fatto è fatto ormai"
Levi sussultò, alzò gli occhi e vide Eren girato a guardarlo. Aveva le labbra sollevate in un sorriso stanco, spento. Quelle che gli aveva appena rivolto erano le prime parole che pronunciava da almeno un'ora.
"Come hai fatto a...?"
"Ti conosco, Levi" rispose il ragazzo alla sua domanda lasciata a metà, poi tornò a dargli le spalle, ed il moro sentì male al cuore nel momento in cui si rese conto, di colpo, che anche se lo aveva ritrovato, anche se il giovane gli aveva praticamente letto dentro, Eren era lontano da lui anni luce, ora come ora. La natura di quella distanza non la capiva nemmeno lui, ma era certo di non sbagliare al riguardo.
Il ragazzo sbagliò sonoramente, e al moro sfuggì un sorriso carico di tenerezza. Posò il panno con cui gli stava lavando le ferite sulla schiena e si portò difronte a lui, accarezzandogli le guance con le mani: "Perché non provi a dormire un po'?"
"Sì... Forse è il caso" acconsentì il ragazzo, strofinandosi gli occhi con la mano chiusa a pugno. "Però tu potresti restare con me almeno finché non mi addormento? Ho paura a stare da solo..."
Levi lo fece stendere sul triclino e lo coprì con il proprio mantello, per poi sedersi sul bordo del mobile e cominciare a passare la mano tra i capelli morbidi del più piccolo, un tante dolci carezze che lo fecero sospirare rilassato.
Mano a mano che Levi lo accarezzava, le palpebre di Eren si abbassavano sempre di più, ma all'ultimo, quando sembrava stessero per chiudersi definitivamente, tornavano ad aprirsi di colpo, come se il ragazzo rifiutasse inconsciamente di addormentarsi, e Levi non sapeva come aiutarlo a prendere sonno...
Poi però si ricordò di una cosa: una ninna nanna che sua madre gli cantava da bambino, quando, proprio come Eren ora, non riusciva a prendere sonno. Purtroppo di quella canzone ricordava solo una piccolissima parte, ma sperò che, sommata alle carezze, potesse bastare.
Avvicinò le labbra all'orecchio del giovane steso accanto a lui, e continuando ad accarezzargli la testa, cantò la parte di ninna nanna che ricordava, usando un tono di voce talmente basso e dolce che quasi non lo riconobbe come proprio: "Se vedi ovunque fiorire lavanda blu, saprai che il mio grande amore ora sei tu"
Incredibilmente, quelle poche parole ebbero l'effetto di un sonnifero, e pochi istanti dopo averle ascoltate, finalmente, Eren sprofondò nel sonno.
"Come sta?" sentì sussurrare Levi alle proprie spalle.
Voltandosi, vide Spartacus che lo guardava, e insieme a lui c'era anche Barka.
Era stato così preso da Eren che non li aveva nemmeno sentiti entrare.
"Non lo so" rispose con sincerità. "È... strano. Lo sento... distante. Non so come altro dirlo"
"Dagli tempo" gli suggerì il trace poggiandogli una mano sulla spalla.
"E se il tempo non servisse? Se non tornasse più..." Levi si bloccò a metà della frase, troppo spaventato all'idea che Eren non tornasse più felice e allegro come una volta per poter esprimere il concetto a parole.
"Se è cocciuto solo la metà di quanto lo sei tu, sicuramente si riprenderà" affermò Barka con convinzione.
Levi sorrise involontariamente: "Questo moccioso è almeno dieci volte più cocciuto di me"
"Non hai di che preoccuparti allora"
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
I suoi amici gli avevano assicurato che non aveva di che preoccuparsi, e Levi aveva voluto crederci i primi giorni e voleva continuare a farlo ora, ma era così difficile quando i miglioramenti del suo compagno si facevano vedere con la lentezza di mesi... A poco a poco, gli sembrava che Eren stesse cercando di tornare quello di una volta, ma vedeva benissimo quanta fatica questo gli costasse e non era così illuso da pensare che i mesi di inferno che aveva passato sarebbero potuti essere semplicemente cancellati.
Fisicamente il ragazzo si era ripreso: mangiava dinuovo normalmente, senza più vomitare tutto dopo poche ore, e tutte le ferite che Levi gli aveva trovato addosso erano ormai semplici cicatrici.
Sul piano psicologico invece era tutto un altro paio di maniche: Eren non si schiodava mai da lui, usciva dalla stanza che si erano presi solo se il moro lo accompagnava, e anche così, appena un uomo gli si avvicinava o anche solo lo guardava, si nascondeva tremante dietro la schiena del più grande; parlava poco, molto poco, e se lo faceva era solo con Nevia o Levi. Di notte poi, gli incubi lo assediavano e non riusciva a dormire che per poche ore, con il risultato che i suoi occhi erano stanchi e opachi, cerchiati sa occhiaie scure anche più marcate di quelle del moro.
Poi arrivò il giorno dello spostamento del loro gruppo verso il tempio abbandonato nei pressi del Vesuvio, che richiese quattro giorni di marcia infernali per tutti: si spostarono attraverso la foresta, tenendosi ben lontani dalla via maestra per evitare di imbattersi nei romani, ma nonostante questo Eren era palesemente terrorizzato, e si irrigidiva come una corda di violino ad ogni minimo rumore, che fosse il fruscio delle foglie o lo scricchiolio di rami morti, e le parole gentili che Levi gli rivolgeva servivano a poco, soprattutto di notte, quando le urla che il giovane lanciava nel sonno tenevano svegli anche la maggior parte degli altri componenti del gruppo...
Le donne comunque non si lamentavano più di tanto, forse perché riuscivano a comprendere almeno in parte lo stato d'animo del ragazzo.
Gli uomini invece erano tutta un'altra storia: dopo il secondo giorno di marcia e insonnia dovuta ai vaneggiamenti di Eren, molti cominciarono a proporre, quando erano convinti che Levi non li potesse sentire, di togliere di mezzo il moccioso.
"Ci dovete soltanto provare" li sfidò il moro ad un certo punto, intromettendosi di colpo nel loro discorso.
Gli altri lo guardarono in silenzio, intimoriti dallo sguardo assassino che Levi gli rivolgeva, poi Crisso Rascos prese la parola: "Levi, io capisco che per te quel ragazzo sia importante, ma cerca di ragionare: non sa combattere, fisicamente è debole e anche la sua mente è evidentemente danneggiata... È solo una palla al piede per tutti noi"
L'altro non prestò attenzione neanche ad una singola parola: "Da quando l'ho incontrato entrambi non abbiamo fatto altro che rischiare la vita per poter stare insieme, fosse anche solo per un'ora del cazzo, e adesso che finalmente non dobbiamo più nasconderci e possiamo amarci liberamente, voi vi aspettate che lo getti via come un vestito stracciato? O non sapete cos'è l'amore o siete pazzi"
Poi si girò per andarsene, ritenendo superfluo aggiungere altro.
"Gli incidenti nella foresta accadono spesso, Levi!" gli gridò un altro di loro.
Levi si voltò di scatto, le zanne scoperte in un ringhio, ed in una singola mossa schiacciò l'uomo che aveva parlato contro un albero ed estrasse la spada, poggiandogliela sulla gola.
"Fate un passo e l'ammazzo!" gridò ai compagni del tizio.
Poi si rivolse direttamente a lui, aumentando la pressione della lama sulla sua gola: "Tu prova anche solo ad avvicinarti ad Eren e giuro su tutto l'Olimpo che ti sviscero come il maiale che sei"
Quello deglutì sonoramente, e annuì.
Allora Levi gli diede le spalle, e tornò verso la sua unica ragione di vita.





Luuuuuunnnnggggggggoooo capitolo di passaggio!
Vi è piaciuto?
Manca davvero poco alla fine ragazzi! Io da una parte non so perché ma non vedo l'ora!

Schiavi di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora