Prologo

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" E ricordiamoglielo al mondo chi
eravamo
E che potremmo
Ritornare"

Prologo
My Loving Clash
Clary

24 Giugno 2019

Faceva caldo in quella sera di inizio estate. Il sole era tramontato già da qualche minuto. Io osservavo la vista della città più caotica del mondo in silenzio. Avevo sempre amato stare a New York, mi piaceva la vita nella Grande Mela.
Il viavai della gente sempre di corsa, le macchine pronte ad investirti pur di arrivare in orario a destinazione, gli Starbucks stracolmi, con una fila chilometrica di gente sin dalle sette del mattino - perché nessun newyorkese può iniziare la giornata con il piede giusto, senza la propria bevanda di caffè fumante tra le mani, da sorseggiare mentre cerca disperatamente di fermare un taxi, o di riuscire a prendere un autobus senza morire soffocato al suo interno-, erano solo alcune delle caratteristiche che adoravo e ammiravo.

Ogni volta che mi allontanavo da lì, ogni volta che i taxi gialli non dominavano più la mia quotidiana vista cittadina, che nessun fischio si udiva per le strade, così come nessuna imprecazione da menager e assistenti in giacca e cravatta, mentre correvano e imprecavano per raggiungere i propri uffici in orario, provavo nostalgia.

Eppure, forse, mi ci sarei dovuta abituare, come mi ero abituata a tutti quei grandi e piccoli cambiamenti a cui ero stato soggetta negli ultimi quattordici mesi.

Nuove conoscenze, nuove amicizie, nuove abitudini, nuove cicatrici, nuove sofferenze e nuove soddisfazioni erano state il pane quotidiano delle mie giornate. Faticavo a riconoscere la me stessa di un anno prima, ancora così sfiduciata, acida e riservata, persino con i propri amici. Faticavo a immedesimarmi ancora in lei.
Molte delle sue azioni mi apparivano insensate e molte delle sue emozioni non mi appartenevano più.

Eppure, c'era stato un filo conduttore, qualcosa che era stato presente da prima di quel mio cambiamento e che, anzi, era stato il suo principale fautore.
Chiusi gli occhi, lasciando che il vento leggero mi accarezzasse il viso, cullandomi piacevolmente e facendomi rilassare del tutto. I ricordi dell'ultimo anno si presentarono nella mia mente.

Un anno. Quattordici mesi. 402 giorni.
Era passato così tanto tempo dal mio primo incontro con lui, da quello scontro, da quella litigata, da quello schiaffo? Ne avevamo passate molte insieme, questo era vero, forse addirittura più delle vicissitudini di una commedia romantica e sentivo di conoscerlo da molto di più. Il mio cuore si era spezzato per lui molte volte e si era ricomposto quasi altrettante. Gli alti e i bassi erano stati una costante del nostro rapporto. In quel momento, però, mentre osservavo il tramonto su quella collina da cui era possibile vedere metà della città, non mi importava più.

La nostra collina.

Un posto che avevo amato e disprezzato, che aveva contato tanto per me, ma di cui avrei dovuto imparare a fare a meno, come di tante altre cose.

Mi chiedevo se era la scelta giusta. Quando avevo accettato, mai avrei pensato che poi le cose si sarebbero evolute in quel modo. Ma, forse, era destino.

Destino, come il nostro incontro.
Destino, come tutti i momenti passati insieme e distanti.
Destino, come la nostra storia.

Il mio cellulare vibrò nella tasca e lo tirai fuori. La sveglia che avevo impostato quella mattina stava suonando. La spensi e poi mi fermai ad osservare il mio sfondo per qualche secondo, per ammirare ancora una volta quella foto risalente a più di sei mesi prima, scattata durante una serata passata con tutti i miei amici, in una di quelle giornate in cui ci sentivamo i padroni del mondo ed in cui nulla sembrava poterci sconfiggere.
Le valigie erano già nel bagagliaio della mia macchina e lo riempivano quasi completamente, a dire il vero non pensavo di possedere così tante cose e, soprattutto, così tante, come le aveva definite mia madre, «cianfrusaglie degne delle nonne più anziane». Mi veniva già la pelle d'oca per quando avrei dovuto svuotarle, mi era bastata l'esperienza del mese precedente, quando le valigie erano meno della metà. Ruotai la testa a destra e a sinistra, per poi far schioccare il collo, che mi doleva un po'.
La mia migliore amica si era messa in testa di voler imparare a fare i massaggi e la povera cavia era stata la sottoscritta - ma più che rilassata mi sentivo arrugginita e impossibilitata nei movimenti-.
Quella mattina, quando avevamo dovuto salutarci, mi aveva stretta forte per qualche minuto e mi aveva chiesto di non dimenticarmi di lei, con tutte le nuove ragazze che avrei conosciuto.
Come se fosse stato possibile farlo dopo dieci anni, soprattutto considerato che dopo un anno anche lei mi avrebbe seguito, ce lo eravamo promesse e lo speravo.

Sospirai, era decisamente arrivato il momento di andare oppure avrei fatto tardi. Ma non avevo ancora la forza di risalire in macchina. Volli godere per ancora qualche secondo di quella vista e di quella brezza che né Boston né nessun altro posto avrebbe mai avuto e osservare il sole fino a quando non fosse sparito dietro i grattacieli.

Delle foglie, cadute a terra dopo l'infernale vento dei giorni precedenti, vennero calpestate dietro di me.
«Ero certo di trovarti qui.»
Sorrisi.

14 mesi prima....

Sono tornata con questa storia, finalmente!
Spero vogliate seguirmi di nuovo in questo percorso.
All the love,
Bree xx

My Loving Clash |IN PAUSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora