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"Vi vediamo al centro campeggiare una figura d'uomo, inquadrata di spalle, secondo una scelta molto originale. È lui il vero soggetto o è piuttosto la grande malinconia che sembra alzarsi dal paesaggio, quel mare di nebbia a cui si riferisce il titolo del dipinto? Forse né l'uno né l'altro. Forse, invece, il tema del quadro è il rapporto che si stabilisce tra i due elementi: la natura e il sentimento." ("Il Viandante sul mare di nebbia", dipinto di Caspar David Friedrich.)


10 Agosto 2015, Londra.

Era così patetico da piccolo. O forse era semplicemente quel sorriso così pronunciato e sincero a dargli un'espressione patetica. Questo aggettivo avrebbe dovuto avere una connotazione positiva in quel caso, ma Louis non poteva che interpretarlo in modo negativo al momento. Che stupidaggine, la felicità! Secondo Louis, la felicità e la sua ricerca sono per persone che vivono di illusioni, che coltivano i grandi ideali con ingenuità, forse con troppa speranza, senza accorgersi che nella vita reale non c'è spazio per chissà quali grandi virtù. Nella vita reale si sopravvive fingendo di vivere e questa sopravvivenza prevede un evolvere degli eventi con un meccanicismo da cui non ci si può liberare. Perché Louis non riusciva a liberarsi di tutte quelle cose in cui quotidianamente era immerso. Appunto, eseguiva ogni azione in modo meccanico e a volte gli sembrava quasi che non fosse lui il protagonista della propria vita, ma che fosse più che altro lo spettatore di una recita fatta di tanti atti che si succedevano secondo un copione già scritto, con i soliti scenari, le battute ogni volta pronte e gli attori di sempre.

Pensava tutto questo, mentre guardava le proprie foto risalenti a circa quattro o cinque anni prima. Non ricordava le occasioni in cui erano state fatte, ma questo non importava molto, perché anche ricordare è una cosa stupida. Non serve a nulla, se non farti vivere nel passato. E nel caso di Louis era meglio dimenticare. Probabilmente quello scatto era stato fatto dopo aver tenuto qualche intervista: aveva i capelli castani a ricoprirgli la fronte con una frangetta da ragazzino delle superiori; gli occhi, luminosi e di un azzurro intenso, risaltavano sul suo volto dalla carnagione chiara; indossava una maglietta bianca e attillata, con un collo largo a scoprire parzialmente un fisico che non vantava chissà quanti muscoli; sotto la maglietta portava un paio di pantaloni rossi. Dio, erano orribili con quella tonalità così accesa! Con quale coraggio li aveva indossati? E pensare che un tempo erano i suoi preferiti. Li aveva persino portati durante le riprese del video ufficiale del suo primo singolo di debutto come cantante, quasi fossero un portafortuna. Successivamente erano diventati una sorta di tratto distintivo, esattamente come le magliette a righe che adorava. Infatti ricordava che molte fans spesso si vestivano con quell'abbinamento per imitarlo. Altra cosa che Louis odiava: essere imitato. Non sopportava di vedere persone che si omologavano a ciò che lui era e che seguivano le sue tendenze. In un certo senso era come vedersi riprodotto tantissime volte e non sopportava questa cosa: bastava e avanzava lui stesso come esemplare del disastro che era. Lo infastidiva l'idea che la gente volesse essere come lui. Ma gli altri, questo, non potevano saperlo.

Smise di guardare quella foto dopo qualche minuto, pensando a come fossero cambiate le cose in tutti quegli anni; cambiate in un modo che Louis non avrebbe mai immaginato o creduto. Se avesse potuto fare un bilancio complessivo, sarebbe stato catastrofico. Aveva raggiunto molti sogni in quei cinque anni di carriera da cantante solista, conquistato obiettivi che per un ragazzo di quasi ventiquattro anni erano davvero notevoli. Ma tutto questo era successo nel peggiore dei modi e Louis era dovuto scendere a compromessi che ogni giorno portavano via una parte di quel che lui era. Per usare una metafora, era come se i colori brillanti di quella foto, i suoi sorrisi e il suo entusiasmo stessero lentamente diventando in bianco e nero, sfocandosi, scomparendo. E, ahimé, era troppo semplice incolpare solo gli altri per questo crollo personale; allo stesso tempo però era troppo difficile cercare di cambiare, perché c'erano così tante cose che non potevano essere impedite. Appunto, si trattava di meccanicismo.

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