Capitolo 34 ✔

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«E non dimenticate il test di storia della prossima settimana!» urla la professoressa, cercando di sovrastare le urla a seguito della campanella, l'ultima per questa settimana.

La maggior parte degli alunni solleva proteste e borbottii mentre si affretta ad uscire, io invece no.
Mi è tutto più o meno indifferente, sono troppo impegnata a rimuginare sugli eventi tragici della mia vita, con Jack e Faith affianco a me mentre ci incamminiamo verso casa.

Sento che parlottano di qualcosa riguardo al compito, ma non entro nella conversazione.

Avverto un tale caos in testa che tutto quello al di fuori, mi appare confuso e troppo superficiale per prestarci attenzione.

Sono ancora infuriata con me stessa per essere uscita fuori, per essermi avvicinata, per aver chiesto spiegazioni che magari non avrei mai ricevuto, né avrei voluto ricevere.

Se fossi rimasta dentro casa e preoccuparmi di quella dannata pizza da scongelare, piuttosto che guardare fuori dalla finestra e sentirmi attratta dalla sua presenza - seppur lontana, ora magari non starei qui a scervellarmi con tutti questi se e ma, che altro non fanno che procurarmi un martellante mal di testa.

E se ho pensato di poter diventare pazza da un momento all'altro, ne sono certa quando vedo una figura alta uguale alla sua, capelli uguali ai suoi, macchina uguale alla sua, occhiali da sole calati sugli occhi uguali ai suoi - fuori il cortile della scuola che mi sto lasciando alle spalle per questo fine settimana.

Scuoto la testa e mi sento una vera stupida, perché ora addirittura lo immagino ad aspettarmi e questo non è certamente possibile, né sano per me e la mia coscienza - che è stranamente silenziosa, a dire il vero.

Ora hai anche le allucinazioni, complimenti!

Nemmeno a dirlo..

«Ma quello non è il celeberrimo Owen, ergo Ragazzo che ti molla quando ne hai più bisogno?» e ovviamente, serve Jack a ricordarmi chi sia Owen.

Mi scappa una risatina nervosa, perché anche lui lo ha scambiato - come è successo a me - per Owen e credo davvero di aver visto male fino a quando non lo scorgo voltare la testa nella mia direzione e rivolgermi un sorriso sbilenco.

E il bello - o per meglio dire, il brutto - di tutto questo è che io continuo a non rendermi conto che è davvero Owen in carne ed ossa, appoggiato al suo SUV nero e probabilmente, in attesa di una mia reazione.
E sono sicura che per reazione, non si aspetta che mi blocchi lì impalata - e magari anche con la bocca leggermente spalancata e gli occhi sbarrati per la sorpresa - sono certa non sia per niente un bello spettacolo, ma lui continua a stare fermo lì, a sorridermi.

Che poi che diamine sorride?
Credevo di essere io quella bipolare e lunatica tra i due, ma a quanto pare quello a soffrire di una delle due patologie è palesemente lui.

Due giorni fa non sembrava avere esattamente il coraggio di sollevare gli angoli delle labbra e sorridermi, né sembrava averne per presentarsi fuori scuola.

Due giorni fa avevo il coraggio di affrontarlo e di dirgli qualunque cosa passasse nella mia mente confusionaria, ma ora non riesco a far altro che fissarlo intensamente, in attesa di una sua mossa.

Il tempo mi sembra effettivamente che si sia bloccato, nemmeno mi sono accorta che i miei amici se ne sono andati  - salutandomi, né che mi sto avvicinando alla sua auto, né che lui sta facendo passi avanti per venirmi incontro.

Mi sento come immersa in una bolla di sapone, che non esploderà fino a che non avrò allungato un dito e l'avrò toccata leggermente, lasciando che tutti i pensieri che mi frullano in testa da due giorni mi scivolino addosso e finiscano in uno dei tombini ai lati delle strade.

» False Brother «Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora