XVI

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"Came to you with a broken faith, gave me more than a hand to hold.Caught before I hit the ground, tell me I'm safe, you've got me now.Would you take the wheel if I lose control?If I'm lying here will you take me home?Could you take care of a broken soul?Will you hold me now?Will you take me home?"- Take me home, Jess Glynne


È ancora tutto davanti ai suoi occhi, è ancora tutto tremendamente ancora stampato a fuoco nella sua retina così da costringerlo a guardare il suo più grande fallimento anche a occhi chiusi, anche mentre la pioggia e il vento di Londra cercano di spazzarlo via, soprattutto mentre cercano di cancellarlo.
Louis rimane lì, le mani nelle tasche del suo giaccone ormai zuppo di pioggia, seduto appena fuori dalla stazione di polizia, immobile, paralizzato nel suo stesso corpo, incapace di muoversi proprio mentre dovrebbe correre da una parte all'altra della città.
La gente scorre veloce davanti a lui, il più cerca di ripararsi dalla pioggia scrosciante di quel giorno, la parte restante si prende qualche secondo per rimanere a guardarlo scioccati da sotto i loro ombrelli.
Non riescono a capire.
Non riuscirebbero mai a capire, non possono neanche minimamente immaginare il fatto che Louis stia cercando di muoversi senza riuscirci perché sente di poter precipitare a terra, in pezzi, se solo muovesse un muscolo o cercasse di parlare.
Non sente freddo, lui che le basse temperature le ha sempre odiate da morire.
Louis non sente niente che non sia la stretta allo stomaco dovuta alla richiesta del poliziotto di aspettare lì mentre lui faceva partire la prima pattuglia, non ha potuto non notare lo sguardo preoccupato che l'uomo aveva in viso, rivolto forse più a lui che a sua figlia.
E continua a piovere, la pioggia continua a voler spazzare via la sua città sotto ai suoi occhi senza riuscire a scalfirlo, senza riuscire a fargli nulla, ma d'altronde, come mai potrebbe rompersi qualcosa che è già andato in pezzi?
"Louis" si sente richiamare da una voce alle sue spalle che riconoscerebbe tra milioni.
Ma non può girarsi, non può voltarsi per vederlo ancora un'altra volta e realizzare che tutto, tutto ciò che è andato storto nella sua vita e nella sua famiglia è solo e unicamente colpa sua.
"Louis" Harry lo chiama un'altra volta e adesso Louis riesce a sentirlo meglio, si sta avvicinando ma lui continua a rimanere fermo, continua a dargli le spalle mentre sulle sue guance non scende più solo acqua sporca di smog e rifiuti ma anche acqua sporca di sale e tanti, tantissimi rimorsi e rimpianti.
"Louis" è la terza volta che si sente chiamare e riesce a sentire la presenza di Harry dietro le sue spalle addirittura prima che l'ombrello del ragazzo lo metta al riparo e lo nasconda a quella pioggia che stava cercando di annegarlo. Sente una mano del ragazzo poggiarsi sulla sua spalla e "Lou" si sente richiamare ancora un'altra volta, con il suo nomignolo adesso, Louis sente una fitta allo stomaco mentre continua a rimanere fermo. Harry gli si piazza davanti e quando trova, finalmente, gli occhi di Louis il ragazzo realizza la vera, la grandissima, la spaventosa realtà della situazione.
Quando Louis alza lo sguardo tutto ciò che vede sono i capelli bagnati di Harry, le sue guance rosse e i suoi occhi verdi incredibilmente scuri quel giorno, gli basta osservarlo per qualche secondo perché la più grande consapevolezza che stava cercando di nascondersi gli cada addosso facendo ritornare quella famosa stretta attorno al suo collo in modo prepotente, sempre più ostinata a portarlo via, ad ucciderlo.
"E' colpa mia" sussurra con un filo di voce che va perdendosi nello scrosciare violento della pioggia.
La gente continua ad urtarli e a rivolgere loro occhiate piene d'astio, non dovrebbero essere lì, nel bel mezzo della strada, davanti alla stazione di polizia ad aspettare.
Dovrebbero essere a casa con Sam, con Philip, dovrebbero essere tutti insieme sotto lo stesso tetto quella tarda mattinata di Sabato.
Sam dovrebbe essere a fare i compiti con Harry, Louis dovrebbe essere vicino a loro a leggere il giornale.
Philip dovrebbe abbaiare per uscire di casa e fare una passeggiata e a quel punto Harry dovrebbe sorridere a Louis, chiudere i libri di Sam e portarli tutti fuori.
Harry dovrebbe baciarlo.
Harry dovrebbe essere suo.
Harry dovrebbe amarlo e, cosa più importante, Sam dovrebbe essere tra loro a tenerli uniti come sempre e non da sola, non sperduta in qualche angolo di Londra sotto un diluvio prepotente e meschino.
"E' colpa mia" ripete spingendo un dito al centro del petto di Harry "Tu sei tutta colpa mia, tutto questo è solo ed unicamente colpa mia, niente di buono mi rimane accanto, Harry, perché trovo sempre il modo di rovinare tutto ma Sam, Dio, Sam è mia figlia ed è l'ultima persona che avrei voluto costringere ad allontanarsi a causa dei miei sbagli" gli dice e tutto può immaginare meno che quello che succede subito dopo. Harry lascia cadere l'ombrello senza battere ciglio, immediatamente sotto la pioggia ma con Louis.
E va bene così.
Va bene mentre si avvicina al ragazzo per abbracciarlo forte, per stringerlo tra le sue braccia come se fosse la cosa più delicata del mondo. Lo stringe con una mano a circondare la sua vita e una sulla sua nuca in modo da dargli, ancora un'altra volta, un rifugio sicuro nell'incavo del suo collo.
Louis si lascia andare e improvvisamente sente tutto, sente tutto di nuovo, sente il freddo quasi mozzargli il respiro ma sente anche qualcosa riaccendersi al centro del suo petto grazie alla stretta di Harry.
La gente continua a guardarli male ma a loro non interessa.
La pioggia continua a scendere incurante del loro dolore ma a loro non interessa.
"Non importa di chi sia la colpa" gli dice Harry in un orecchio "Non importa adesso, Louis" lo stringe ancora un po' più forte "Ora dobbiamo ritrovarla. Sei suo padre, tu saprai ritrovarla, nessuno può farlo se non tu" gli dice sciogliendo l'abbraccio e, inaspettatamente, Louis si muove, Louis inizia a correre.

Così si ritrovano prima al Sam's, al parco della scuola di Sam, alla pasticceria preferita della bambina, vicino casa della sua migliore amica, alla scuola di danza.
E la luce sta calando, la sera sta per arrivare senza portare nessuna buona notizia per Louis o per Harry.
Sono in macchina in quel momento, entrambi ancora zuppi, ancora completamente distrutti da ogni speranza interrotta e da tutta la pioggia che ha cercato di fermarli senza riuscirci.
Louis ha il volto nascosto tra le mani mentre Harry non riesce neanche a guardarlo.
Non riesce neanche a ricordare come sono finiti in quella situazione, come una storia bella come quella tra lui e Louis possa essersi trasformata in un film drammatico.
Si volta lentamente solo per trovare le guance di Louis sporche e bagnate di lacrime silenziose mentre il ragazzo continua a ripetere una lista di posti in un sussurro, gli occhi chiusi e le mani a tenere il conto fino a quando Louis non apre gli occhi e si volta a guardarlo.
"Voleva solo stare con te" gli dice senza nessun tipo di emozione nella voce "Non sto parlando solo di ieri sera" continua "Ogni giorno da quando te ne sei andato lei voleva solo stare con te" ricorda "Voleva che tu la aiutassi a disegnare, che tu le leggessi una di quelle storie di Wilde, voleva guardare la tv con te, voleva intrecciarti i capelli, Harry, voleva solo stare con te, da quando ti ha conosciuto non ha mai smesso di voler stare con te" dice richiudendo di nuovo gli occhi e distogliendo lo sguardo, incapace di guardarlo.
Harry sta per dire qualcosa quando, d'un tratto, Louis spalanca gli occhi e mette in moto la macchina partendo in maniera tutt'altro che delicata. Harry spalanca gli occhi e "Louis?!" lo richiama allarmato.
"Lei sa che tu abiti a MyFair" comincia a parlare con lo sguardo puntato sulla strada "Ha cercato di portarmi a MyFair in continuazione" continua a parlare mentre Harry riesce a vedere la velocità della macchina salire in maniera inquietante.
"Sono suo padre" gli dice Louis "Sono suo padre e so che non desiderava altro che stare con te, la conosco ed ha fatto esattamente quello che avrei voluto fare io per ogni fottutissima sera da quando te ne sei andato".
Harry sente il cuore cercare di spaccargli costole e sterno mentre lascia che quelle parole prendano il loro giusto peso e lo attacchino come merita.

Quando Louis la vede, rannicchiata su Philip, seduta su una panchina, il Sole sta tramontando proprio dietro le sue spalle. Scende dalla macchina come una furia, senza preoccuparsi del posto in cui l'ha lasciata per poi iniziare a correre dentro al parco.
Philip è il primo ad accorgersi della sua presenza, Louis lo guarda alzare lo sguardo.
Non appena sua figlia lo vede, tutto quello che riesce a fare è scoppiare a piangere e corrergli incontro proprio come Louis sta facendo. Il ragazzo si abbassa per prenderla, le ginocchia finiscono nel fango ma non importa, nulla, niente di niente ha più importanza nel momento in cui si ritrova a stringere sua figlia tra le braccia e ad accogliere il suo pianto sul suo petto, come sempre, come è sempre stato e come sempre sarà.
Louis la stringe forte e nasconde il naso nei capelli biondi della sua bambina rendendosi conto di essere in lacrime solo nel momento in cui si rende conto di non riuscire più a vedere bene.
"Mi-mi sono persa" farfuglia Sam sul maglione di suo padre che immediatamente si leva il giaccone e ci avvolge sua figlia rendendosi conto solo in quel momento di quanto sia fredda e pallida e di quanto siano scure, troppo scure le sue labbra.
Louis la guarda e le sorride piano asciugandole le lacrime e "Non importa amore, non importa, basta che tu stia bene" le dice continuando ad accarezzarle una guancia, ancora incredulo di averla trovata.
"Papà ti ha trovata" le dice "Papà ti troverà sempre, lo sai questo?" le domanda prendendole il volto tra due mani.
"Scusa" continua a piangere lei "Scusa papà" lo abbraccia di nuovo "Volevo andare da Harry e convincerlo a tornare a casa con me per te" svela in modo che anche Harry, subito dietro le spalle di Louis, possa sentire.
Louis continua a stringere, incapace di fare altro, fino a quando non sente qualcosa di caldo poggiarsi sulle sue spalle infreddolite e non ha bisogno di guardare, non ha bisogno di chiederselo perché in meno di un attimo i suoi polmoni sono pieni del profumo di Harry. Quando alza lo sguardo trova Harry a poca, pochissima distanza da lui e da sua figlia che "Dobbiamo portarvi al caldo" dice ad entrambi con gli occhi lucidi e tanto, tanto sollievo dipinto sul suo volto e a Louis non sembra neanche strano poggiare la testa sulla sua spalla seguendo l'esempio di Sam.
Una volta in macchina la bambina non ne vuole sapere di stare dietro, scavalca i sedili arrivando ai posti davanti per poi sedersi sulle gambe di Harry mentre Louis guida, finalmente tranquillo.
Harry accoglie la bambina tra le sue braccia e la sente tremare.
È freddissima.
Alza al massimo il riscaldamento della macchina e allarga le maniche del suo maglione per poi "Infila le mani nelle mie maniche" dire a Sam che non se lo lascia ripetere due volte "E ora stringi le mie braccia, vedrai che piano piano ti riscalderai" dice baciandole la fronte.
Lei annuisce stanca prima di poggiare la testa sulla spalla del ragazzo e chiudere gli occhi finalmente al sicuro, finalmente a casa.

Quando la bambina riapre gli occhi non riesce a capire bene dove si trova, le luci attorno a lei sono troppo forti, la accecano e la disorientano, quella non è casa sua, niente attorno a lei ha il profumo di casa sua e questo la fa impazzire, tutto sa di disinfettante, tutto quello che riesce a sentire è l'odore dei batuffoli che suo padre le ha sempre poggiato su ogni ginocchio sbucciato.
Sente il pianto quasi pizzicarle gli occhi mentre li riapre a disagio per poi sentirsi incredibilmente meglio, tutto in lei rallenta alla vista di una testa piena di capelli ricci intenta a leggere una rivista proprio accanto al suo letto.
"Harry?" lo richiama lei.
Il ragazzo lascia andare immediatamente quel giornale al quale, in qualsiasi caso, non stava dando poi così tanta attenzione per sedersi sul letto e "Ciao scimmietta" salutarla "Ti senti meglio?" le domanda prendendole una mano e sentendola finalmente calda. La osserva con più attenzione e nota che le guance hanno ripreso colore e che le labbra sono di un rosa perfetto.
Harry sorride, Sam sta bene.
La bambina annuisce e "Andiamo a casa?" domanda a disagio.
Harry ridacchia per poi "Non ti piace qui, vero?" domandarle "Neanche a me" ammette storcendo il naso e sorridendole in maniera dolce.
Non riesce a smettere di guardarla, ha avuto così tanta paura di poterla perdere – troppe volte negli ultimi giorni per i suoi gusti – che proprio non può fare a meno di continuare a guardarla, come per ricordare a se stesso che è tutto ok, che non ha più nulla di cui doversi preoccupare, che la bambina che gli ha rubato il cuore è al sicuro. Lei cerca una mano del ragazzo e la stringe.
"Dov'è papà?" domanda per poi sbadigliare, ancora infinitamente stanca.
"E' andato a portare Philip a casa" le spiega "Adesso io e te aspettiamo che il dottore ci dica che possiamo andare via, vedrai che sarà già tornato per quel momento, ok?" le domanda pizzicandole una guancia.
Lei annuisce e "Harry?" lo richiama.
"Dimmi tutto, scimmietta" risponde lui immediatamente, incredibilmente pronto a ogni sua richiesta.
"Puoi tornare a casa con me e papà?" gli domanda inchiodandolo con uno sguardo.
Harry sente il respiro mancargli per qualche secondo mentre si rende conto del fatto che non aveva mai pensato di non tornare a casa con loro, non proprio quella sera. Sente la testa quasi esplodere quando si rende conto che non esisterà mai un giorno in cui Sam e Louis non gli mancheranno.
"Certo" le dice abbassando leggermente lo sguardo.
Sam sorride felice e "E mi racconterai di nuovo una favola?" gli domanda "Hai lasciato il tuo libro sul comodino di papà" gli dice e Harry si ritrova ad alzare lo sguardo in maniera confusa.
No che non l'ha lasciato sul comodino di Louis.
L'ultima volta che Harry ha visto quel libro era nella valigia di Louis a Doncaster.
"Papà lo legge ogni sera" continua Sam mettendosi a sedere, stufa di rimanere seduta.
"Davvero?" domanda incredulo Harry, Sam lo guarda e, come se fosse ovvio, "Certo!" risponde felice "Giorni fa me ne ha raccontata una senza leggerla, l'aveva imparata a memoria, mi ha detto che era la sua preferita" ricorda la bimba distrattamente mentre sistema le lenzuola bianche intorno a lei.
"Quale?" domanda Harry curioso.
"Quella della sirena e del pescatore" risponde lei non dando molto peso alle sue parole che, nel cuore di Harry, cadono come macigni e lì restano mentre una consapevolezza, una realtà grande e maestosa si fa strada nella bocca del suo stomaco e lo inchioda lì, senza respiro, fino a quando non vede Louis sbucare nella stanzetta e sorridere ad entrambi.
Harry continua a guardarlo senza riuscire a saper bene che cosa dire, lo guarda mentre sente tutto l'amore che prova spaccargli la schiena e lasciarlo senza fiato per poi ricadere di nuovo nella realtà quando "Harry?" si sente richiamare da Louis che tiene Sam per mano, pronta per andare.
"Andiamo?" gli domanda incerto.
Harry si prende qualche secondo per guardarli per poi alzarsi, prendere l'altra mano di Sam e sorridere abbassando lo sguardo, lieto di essere ancora parte di quella piccola famiglia, lieto di essere ancora il benvenuto in casa sua.

Quando Harry smette di leggere Sam sta dormendo tra le braccia di Louis in quello che, un tempo, era anche il letto di Harry. Il ragazzo sorride riponendo il libro sul comodino accanto a lui per poi sorridere timidamente a Louis. Quando fa per alzarsi qualcosa dentro il cervello di Louis esplode, è un rumore lancinante, è un suono acuto e fastidioso, è puro panico e lo riconosce dal modo in cui il suo stomaco sembra rigirarsi su se stesso e le sue mani iniziano a tremare.
È un riflesso incondizionato il suo aprire la bocca per "Resta" chiedergli in un tono che Louis vorrebbe suonasse meno disperato ma proprio non ne può fare a meno.
Harry si volta a guardarlo, rimane seduto sul letto senza sapere che cosa dire o cosa fare, come comportarsi.
"Resta" ripete Louis "Al piano di sotto, nella tua vecchia camera, c'è ancora un tuo pigiama, il tuo spazzolino è ancora in bagno, Harry, resta, solo per stasera, ti prego" gli chiede con il pianto bloccato in gola e quel paio di mani che ricominciano a stringere il suo collo ancora più forte.
Harry si alza e, senza dire niente, senza guardarsi indietro esce dalla stanza.
Louis è incredulo, sente il cuore distruggersi in centinaia di pezzi nel suo petto, sente quei pezzi perdersi e deteriorarsi maggiormente. Rimane con lo sguardo fisso sulla porta della sua camera per un tempo che gli sembra indeterminato mentre Sam dorme tranquilla tra le sue braccia.
Sente le lacrime scendere silenziose e lente sulle sue guance.
Per questo per poco non urla quando vede la porta della sua camera riaprirsi e rivelare un Harry vestito del suo pigiama, i capelli spettinati e due occhiaie sotto gli occhi che fanno compagnia alle sue.
Il minore si fa posto sotto le coperte per poi allungarsi verso Louis e asciugargli quelle poche e ustionanti lacrime "Riposa" gli dice in un sussurro "Sono qui" gli assicura accarezzandogli una guancia.
Louis poggia la testa sul cuscino e lo guarda.
Senza dire niente, quasi senza respirare, senza riuscire a smettere di guardarsi mentre Harry cerca di ritrovarsi negli occhi di Louis senza riuscirci ma lo sa, lo sa che non c'è altro posto in cui potrebbe essere.
Ha solo bisogno di tempo.
Ha solo bisogno di riscoprirsi.
Ha solo bisogno di ritrovarsi in quell'azzurro che l'ha stregato dal primo momento in cui l'ha visto.
Osserva gli occhi di Louis chiudersi lentamente e, per quella notte, per lui il sonno non esiste.

Quando la mattina seguente Louis apre gli occhi Harry non c'è e il ragazzo se lo aspettava ma nonostante questo, nonostante sappia di averlo perso, nonostante sappia di non meritare niente di quel ragazzo, non riesce a non ammettere di non averci sperato.
Scende lentamente le scale per poi ritrovarsi in bagno e, al posto della vecchia dedica che Harry aveva scritto mesi prima, trovare la stessa grafia a recitare una cosa completamente diversa, qualcosa che lui riconosce con un'immediatezza che quasi si spaventa, si ritrova a recitarla a memoria mentre la legge.
"Mai il tuo amore è cessato dentro di me e sempre è stato più forte, niente ha prevalso contro di lui benché io abbia guardato il male e abbia guardato il bene".
È la sua storia.
È la storia di Oscar Wilde che ha imparato a memoria, è la sua conclusione.
Louis si guarda allo specchio, guarda quelle parole impresse sul suo riflesso, sul suo viso e capisce, capisce di avere un'ultima possibilità, capisce di dover lottare per quel ragazzo come ha fatto solo per sua figlia.
Così Louis scrive a Liam, gli chiede il sacrosanto favore di pensare a Sam per qualche ora mentre lui torna a riprendersi Harry e non può fare a meno di sorridere quando "Era ora" risponde il suo migliore amico.
Qualche secondo dopo Louis non sa bene cosa sta succedendo.
Sa solo che sta correndo.
Sa solo che la vita non è nulla se prima o poi non ci si butta senza sapere dove si cadrà.
Sa solo che Harry è tutto ciò di cui ha bisogno, sa solo che Harry è tutto ciò che gli parla di casa sua.

I'll make this feel like homeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora