Temo i greci anche se portano doni

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La Luna non era né piena né nascosta nel cielo. Sembrava piangente, mentre gli Achei fiumavano per le strade di Troia. Del possente esercito guidato da Ettore, non c'era più traccia.

Il vino è come una nebbia che soffoca i sensi e nasconde la strada della ragione. Quando avevano visto le navi allontanarsi, erano rimasti stupefatti, increduli che dieci anni di assedio e sangue, dolori e morti potessero risolversi in un solo istante. Eppure era così. Gli Achei avevano smontato l'accampamento, raccolto quanto razziato negli anni precedenti e ora eccoli prendere il largo.

Ancora più stupore aveva generato quel cavallo di legno, enorme, lasciato sulla spiaggia. Un segno di resa? Quel totem aveva la forma dell'animale più nobile e valoroso. Altro non poteva essere se non un segno di riconoscimento del valore e della nobiltà di Troia. Gli Achei rendevano onore agli assediati, vincitori, strenui di un assedio decennale. Oppure, come affermava il prigioniero Sinone, non era nient'altro che un voto per placare l'ira di Minerva dopo il furto del Palladio della dea. Priamo ne era entusiasta e tutti insieme a lui vollero condurlo all'interno della città come trofeo. Chi si oppose come Cassandra, fu deriso. Che tristezza l'ironia mal spesa.

Quando i quarantuno campioni achei saltarono giù dal cavallo, neanche le guardie alle mura erano lucide. Le armi erano pesanti nella mani di quegli eroi orma viaggiatori di altri lidi e altri mondi. Le spade cadevano come lame impietose su quei poveri troiani che scappavano. Correvano via senza neanche capire cosa stesse accadendo. All'inizio i meno annebbiati dai fumi dell'alcol ebbero un sussulto. La comprensione che erano stati ingannati li squarciò il velo che nascondeva loro la verità sul misfatto ordito da Minerva.

Anche quando riuscivano a reagire, ad afferrare un'arma. Anche in quel momento, sentivano di aver ceduto, dopo dieci anni, la tensione, il desiderio di vincere. Si erano svuotati con quella festa. La paura era dentro di loro. La paura è una bussola senza destinazione. Chi la adotta non ha più un percorso sicuro. Ecuba si era nascosta dietro un grande albero vicino al tempio di Zeus, trattenendo il vecchio marito.

A stento la vecchia regina tratteneva l'anziano re sofferente nel vedere la città in fiamme. Ma quando Polite cadde in battaglia si lanciò nella mischia. Nulla poterono le stanche e rugose mani della consorte, tale era stata l'indignazione, il dolore, che era balzato fuori dal nascondiglio.

Polite aveva inseguito la salvezza lungo i portici, entrando in atrii deserti, prima ferito, segnava il sentiero di morte con il sangue cadente a terra. Ma Neottolemo fu implacabile, spinto dalla sete del bottino lo uccise proprio di fronte agli occhi del padre.

Fu allora che Priamo afferrò una lancia e la scagliò contro il guerriero acheo.

Il colpo fallì. Neottolemo prima lo afferrò come se fosse un vecchio tronco, poi lo lanciò a terra con tutta la violenza e la forza che gli erano proprie.

Priamo rotolò sulle scale imbrattate del sangue di Polite. Cercò di alzarsi, ma il figlio di Achille lo sollevò afferrandolo per i capelli mentre con l'altro mano accompagnava la sua spada dentro lo stomaco del re Priamo, padre di diciannove figli tra i quali il grande eroe Ettore.

Così Neottolemo era feroce, tanto suo padre Achille si era dimostrato un guerriero di nobile lignaggio. Sembravano discendenti di penati differenti.

La città era in fiamme.

Nel frattempo Menelao si era messo alla ricerca della sposa rapita, mentre Aiace il giovane inseguiva Cassandra nel tempio di Atena, incontrando la resistenza di un manipolo di coraggiosi, tra cui Corebo, così innamorato della giovane troiana da mettere in pericolo la stessa vita per salvarla. Quella notte ogni morte di un troiano, fu un atto di amore per i propri amati, la città e l'ingiustizia degli dei che alla fine si erano schierati contro la città di Priamo.

Odisseo - L'immortaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora