PIOVE

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Tre gli uomini che la avevano amata, tre gli uomini che lei aveva lasciato, tre le ore che la separavano dal suono della campanella.
Anna, parlava, leggeva, s'interrompeva e poi leggeva di nuovo. Alcuni prendevano appunti, altri la guardavano: le figure retoriche, il pensiero, i termini romantici e poi ancora il pessimismo e fuori il tempo s'era fatto proprio brutto.
"Bisogna che facciate l'analisi del testo scritta per mercoledì"
"Per quando?"
"Per mercoledì!" disse, mentre alcune gocce di pioggia cominciavano a schiantarsi con decisione e orgoglio contro le finestre come per entrare in aula. I vetri schierati glielo impedivano.
"Dobbiamo fare proprio tutti gli esercizi, prof?"
"Sì, tutti" e lo scrisse sul registro di classe diligentemente. Mercoledì era tra due giorni.
Le gocce d'acqua, dopo avere sferrato l'attacco alle finestre, scivolavano in giù, sconfitte, in bocca all'ingorda guarnizione.
"Prof, abbiamo il compito di matematica mercoledì, possiamo fare l'analisi per sabato?"
Anna guardava una dopo l'altra le gocce d'acqua che avevano cominciato il loro assalto, la guerra, il massacro, il martirio.
"Prof?" che palle questo contrattare sempre. Anna avrebbe voluto sbattere il libro sulla cattedra per gridare a gran voce: Nooooo! Invece sorrise e accennò:
"Ho detto per mercoledì ragazzi!" ormai lo aveva scritto e non aveva nessuna voglia di cancellare e riscrivere, si sarebbero arrangiati.
I vetri delle finestre erano campi di battaglia.
Abbassando lo sguardo per evitare che qualcuno se ne accorgesse, Anna sentì d'improvviso il cuore traboccare, si ricordò che aveva nel cuore lacrime conservate da anni e ora venivano su tutte insieme a protestare per una fuoriuscita immediata e inspiegabile, come se il vaso si fosse lesionato, così, improvvisamente. Le lacrime volevano venire fuori. Adesso. Anna arrivò appena a suggerire ai ragazzi che cominciassero in classe il primo esercizio dell'analisi mentre, inghiottendole a fatica, respinse ad una ad una le lacrime indietro. Solo una lacrima più grossa delle altre stava per sfuggire al controllo delle palpebre, ma Anna che era diventata abile, si ricompose in un attimo, e vinse anche su quella. Se il pianto non partisse dal cuore, neanche allo specchio si sarebbe accorta che quello che era successo appena ieri, in modo inaspettato, le stava cambiando la vita.  Qualcosa si era mosso nelle viscere e non poteva fingere di non accorgersene, era stato come un terremoto.
Sbirciò la classe, nessuno la guardava. Bene. Li guardava scrivere. La giovinezza dei suoi ragazzi e le loro vite piene di appuntamenti e aspettative le inculcavano un senso atroce di stanchezza che le premeva lo stomaco. Le palpebre si socchiudevano pesanti e umide mentre la luce fioca del giorno scavava le ore di quella interminabile mattina.
Troppi i giorni in fila, in attesa d'essere attraversati e lei, da ieri, non ne aveva più alcuna voglia, avrebbe voluto che l'anno scolastico finisse a febbraio, che tutto finisse, anche lei, almeno questa volta. Quando riusciva a disegnare un sorriso sulla sua faccia rotonda, era stanco, pesante di guance, come se le labbra mantenessero a fatica la bocca larga e aperta. Anna non era altro che un groviglio di carne intorno a quel pugno che aveva incassato al centro della pancia. Qualunque contatto umano era un'invasione di campo, di spazio, d'aria; eppure, senza la classe, senza i suoi ragazzi che ora, si infilavano i giubbotti al ritmo di una campanella stridula e felice, che aveva salvato tutti, sentiva un abbandono ingiusto e violento.

"Prof!" Anna afferrò lo sguardo di Carlo Bonetto, trascinandolo come fa una vecchia carrucola con un secchio pieno d'acqua e, appoggiandosi agli occhi pieni di energia del ragazzo, cercò di ascoltare la sua ennesima domanda stupida e poi, afflitta, gli rispose. Quando la campanella si zittì, anche l'ultimo ragazzo era fuori dal suo campo visivo. Una bidella nuova però aveva fretta di pulire e di parlare, così entrò in classe mentre Anna ancora radunava le sue cose con le spalle alla porta e gli occhi alla finestra. "Piove prof! Adesso non si asciugherà mai il pavimento!"Anna le sorrise ma non disse nulla alla giovane, che non conoscendo ancora nessuno in quella scuola voleva solo scambiare due parole; pensando che fosse distrazione ma non superbia, insistette "Piove tanto, prof, eh?" Anna uscì senza rispondere per non scoppiare a piangere; pioveva tanto, sì, dentro e fuori, ma alla bidella questo non voleva dirlo e la lasciò in attesa, appoggiata alla sua scopa, come una cantante sul palcoscenico ad un concerto senza pubblico con il microfono sull'asta.


Se mi capita divento una bloggerWhere stories live. Discover now