Prologo: Schianto

6.5K 220 7
                                    

Vi siete mai chiesti che differenza c'è tra il dolore e la sofferenza? Posso dire che ce n'è molta. Il dolore ti consuma, ma poi passa e se non lo fa, si affievolisce sempre di più restando come un lieve sussurro nei tuoi sentimenti. La sofferenza è una condizione portata dal dolore, scava in fondo al tuo cuore spezzandolo e dandogli il tempo per ricominciare a rimettersi insieme per poi farti del male di nuovo. Ti tormenta e logora le pareti della tua anima.

Sento male alla testa, come se l'avessi picchiata molto forte, e il dolore lancinante al braccio di certo non aiuta. È buio, forse sto solo sognando. Un pizzicotto e tutto dovrebbe tornare alla realtà, come mi ha detto mio padre quella volta che a dodici anni ho insistito per vedere un film horror e ho avuto gli incubi tutta la notte. Se non è reale, non può farti del male. Allora perché fa così male che non riesco nemmeno a muovermi. Non è un sogno, forse potrei morire, sento che in fondo il dolore potrebbe finire. È stata una bella vita per quel che è stata. All'improvviso il silenzio sparisce e sento una donna urlare: «Respira!».

Apro gli occhi a fatica, e riesco solo a vedere attraverso una piccola linea, vedo le mie ciglia e le immagini nascoste dietro di esse, come se fossi con una torcia in mezzo a una foresta buia. Giro la testa, apro di più gli occhi con molta fatica e riesco a vedere il corpo di mio padre immobile ancora sul sedile del guidatore, ha la faccia coperta di sangue e sento il peso del suo braccio sulle mie gambe. I miei occhi cedono e si chiudono. Forse no, la morte non è poi così vicina, devo solo stare qui e vedere il buio, soffrire e non raggiungere la luce. Se è un incubo, ti prego svegliati. Non posso vederlo di nuovo, non in quello stato.

Due dita fredde premono sul mio collo. «Il battito è debole» sento dire. «Fai attenzione dobbiamo sistemarle il braccio prima di tirarla fuori» aggiunge un'altra voce. Non riesco a capire cosa stia succedendo e non voglio saperlo. Evitare la realtà a volte fa bene, anche se poi sentirai il dolore, perché verrà a colpirti comunque.

«Questo ti farà male tesoro» la prima voce parla di nuovo e sento delle dita avvolgere il mio braccio. Con un colpo secco sento l'osso spostarsi. Stringo gli occhi dal dolore. Svegliati! Adiamo apri gli occhi. Mi sembra di correre, come se stessi per vincere una maratona, anche se mancano ancora diversi metri al traguardo, mi sento così eppure so che le gambe che si muovono non sono le mie. Non si tratta di un incubo, né tanto meno di un sogno. Sono pienamente cosciente di essere ferma e immobile eppure mi sembra di correre con il vento tra i capelli e la pelle ricoperta dal sudore.

«Ora possiamo spostarla» il mio corpo viene sollevato e poi steso su una superficie morbida. L'immagine nella mia testa cambia, questa volta sono sdraiata su un prato, sento ancora l'aria fresca accarezzarmi il viso. Forse è solo un modo che la mia mente usa per proteggermi, ho sempre avuto una grande immaginazione a detta dei miei genitori.

«Come sta?» la prima voce, quella della donna, parla nuovamente. Sento la preoccupazione nelle sue parole, la sento parlare forte e chiaro eppure non è stesa sul prato con me.

«Crediamo abbiamo un'emorragia interna dobbiamo immediatamente portarla in ospedale» e come se mi avessero dato uno schiaffo dritto in faccia improvvisamente accetto la realtà. La faccia di mio padre piena di sangue, il dolore lanciante che sento sull'addome e nel resto del corpo e le parole "in ospedale". Apri gli occhi! Ricordo lo schianto e il rumore dell'auto che finisce contro al muro. Oddio, mio padre deve essere... no, no sta bene, deve stare bene.

«Vengo anch'io» esclama la donna.

«Signora lei la conosce?» questa volta e la voce di un uomo, probabilmente un paramedico.

«No, ma vi ho chiamati io» e poi riesco solo a sentire le sirene, rimanendo al buio sperando di riuscire a riaprire gli occhi.

________________________

A tutti coloro che sono consapevoli di avere un'anima, non perché sono religiosi, solo perché lo sanno e si sono chiesti almeno una volta se ce l'avessero davvero.
Li chiamiamo demoni, chiamiamo così quelle cose brutte che ci succedono e continuano a tormentarci, magari per un po' se ne vanno, ma poi tornano.
Spero che la storia di Muprh in qualche modo vi sia utile.
I demoni non si scacciano come fossero mosche, bisogna accettarli ed affrontarli.
Vivete la vita per quello che è, perché se vi aspettate che le cose cambino da sole non lo fanno.
Governate la nave e portatela in porto fuori dalla tempesta.

Giorgia

Badlands [a.i]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora