XII

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"Early morning, city breaks, I've been calling for years and years and yearsAnd you never left no messages, you never sent me no letters,You got some kind of nerve taking all our love.Lost and insecure you found me,Why did you have to wait to find me?"- You Found Me, The Fray




Quella mattina del trenta di Dicembre, tanto per cambiare, il cielo a Londra è tetramente nuvoloso ma quando Harry Styles esce dall'albergo in cui soggiorna ormai da giorni ha gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi e tutte le ombre che giacciono sotto e dentro essi.
Non ricorda l'ultima volta in cui ha parlato e la cosa basta a spaventarlo, basta a fargli sentire un nodo in gola che non è riuscito a mandare giù dall'ultima volta in cui ha visto Louis.
Ha paura di parlare perché ha paura che quel nodo, quell'ultima semplice cosa che lo lega all'uomo di cui si è innamorato, possa sciogliersi e distruggerlo.
E Harry Styles ha paura di distruggersi, ha paura di vedersi scivolare via e perdere l'ordine dei suoi pezzi che è riuscito a rimettere insieme solo stando con Louis e crescendo al fianco di Sam. Ha paura di parlare perché ha paura che anche l'ultima cosa che lo lega a quegli occhi chiari possa lasciarlo definitivamente.
Harry lo odia, lo odia come non ha mai odiato neanche sua madre.
Lo odia perché lo ha reso debole, perché gli ha fatto dimenticare promesse che si era fatto in tante innumerabili notti in cui non riusciva a dormire e si ritrovava a guardare il soffitto.
Harry ha rotto le sue promesse per qualcuno che non ha neanche provato a fidarsi di lui.
Si sente stupido e continua a non parlare anche quando sale su un autobus che cambierà la sua vita.
Conta le fermate mentalmente e quando arriva alla settima scende davanti all redazione de "L'esperimento sociale" senza neanche realizzare che la sua vita, tutta la sua esistenza, sta per trovare delle origini, delle radici che, Harry lo spera con tutto se stesso, non lo tradiranno mai.
Però non ci crede.
Non ci crede neanche mentre sale le scale di quella redazione e si rende conto che per trovare Niall Horan deve parlare. Se ne rimane fermo per qualche secondo vicino alla porta guardando il tran tran della redazione scorrere indisturbato sotto ai suoi occhi ancora coperti dagli occhiali fino a quando una ragazza non si avvicina e "Buongiorno" lo saluta e Harry sa che deve parlare, lo sa.
Fa per parlare ma la voce gli manca e si rende conto di non averne più bisogno quando una voce che non conosce lo richiama con incertezza e "Harry Styles?" domanda incerto "Sei proprio tu?" gli chiede un ragazzo biondissimo e con due occhi blu da fare invidia ai mari di molte cartoline che Harry ha visto.
Lui si schiarisce la voce e "Sì" dice senza riconoscere la sua voce, è roca, è sporca di un pianto che è troppo orgoglioso per lasciar andare. Harry guarda il ragazzo aprirsi in un sorriso luminoso, tendergli una mano e "Sono Niall" dirgli stringendola "Vieni nel mio ufficio" gli dice continuando a sorridere, come se fosse nato esclusivamente per questo.
Harry lo segue sentendo la gola andare a fuoco.

Mezz'ora dopo Harry è seduto su una poltrona nello studio dell'irlandese con la parlantina più imbarazzante del pianeta ma a lui va bene dal momento che, di voglia di parlare, Harry non ne ha ancora neanche un po'.
Ritorna alla realtà quando vede Niall prendere la giacca e guardarlo sorridendo per poi "Beh?" domandargli "Non vieni? Tuo padre ti aspetta da una vita" gli dice e in quel momento, solo in quel momento, Harry capisce che in realtà e nel suo modo complicato e bastardo, la vita sta iniziando a sorridergli per davvero.
Così si leva gli occhiali rivelando occhiaie che a Niall non passano inosservate e due occhi rossi di un pianto trattenuto, sorride all'irlandese, si alza e "Ti devo tanto" gli dice semplicemente.
Niall si limita a scrollare le spalle e a "E' tutto merito di Louis, senza di lui non ti avrei mai ritrovato" dire.
Harry tace, il suo nodo in gola, il suo Louis è ancora con lui.

Harry vuole urlare nel momento in cui si ritrova a dover scendere dalla macchina e a dover fare i conti con tutto ciò che ha davanti perché, davvero, nella sua vita ha immaginato di tutto.
C'è stato il periodo in cui credeva fermamente che suo padre fosse un astronauta, poi c'è stato il periodo in cui, Harry ne era sicuro, suo padre non poteva che essere un famoso agente segreto che lo aveva lasciato solo per proteggerlo.
In diciannove anni Harry le ha davvero pensate tutte ma mai in nessuna sua fantasia suo padre era così ricco da vivere nella villa più bella di MyFair.
Scende dalla macchina senza riuscire a smettere di guardarsi intorno, si sente piccolo come non si è mai sentito in vita sua e, ancora una volta, a Niall questo non sfugge.
Il ragazzo si avvicina ad Harry e gli sorride per poi "Non hai davvero nulla da temere, Harry" dirgli sereno "Non riesco neanche a immaginare come tu debba sentirti ma ti giuro che non ti porterei mai in un posto in cui potrebbe succederti qualcosa di brutto" gli dice così sincero che Harry sente il cuore perdere un battito.
Si ritrova a guardare il ragazzo negli occhi e a decidere di credere ad ogni parola che ha lasciato quella bocca, per questo gli sorride piano e "Mi stava cercando?" gli domanda con un filo di voce.
Niall lo guarda, ride e "Cercando?" gli chiede quasi incredulo "Tuo padre ha rivoltato tutta Londra per trovarti" lo rassicura poggiando una mano sulla spalla del riccio e indirizzandolo verso la porta di casa.
Quando Niall suona al campanello Harry sente un senso di nausea colpirlo in pieno stomaco e quasi un pugno in faccia quando vede la porta aprirsi e rivelare un maggiordomo che li fa accomodare.
Harry non riesce a crederci.
Tutto in quella casa è bellissimo, dall'ampia scalinata al centro dell'ingresso ai quadri appesi al muro, è una casa piena di luce e di fotografie, è arredata in modo semplice e genuino, sembra un luogo sicuro.
Si guarda intorno spaesato fino a quando "Non ci posso credere" sente qualcuno dire dalla cima delle scale.
Lo sguardo di Harry è così catturato dalla fonte di quella voce, quando la intercetta qualcosa nel suo cervello esplode perché quell'uomo non può che essere suo padre, Harry non ha bisogno che qualcuno glielo dica perché sente quella consapevolezza spaccargli le tempie.
Lo guarda senza riuscire a proferire parola alcuna fino a quando "Sei identico a tua madre" non dice l'uomo scendendo le scale e sorridendogli in un modo che ad Harry non porta altro che il sentore di una certa serenità che crede ormai perduta.
L'uomo si avvicina e non riesce a togliergli gli occhi di dosso.
Niall, alle spalle di Harry, in un colpo di tosse annuncia che deve tornare a lavorare e che spera avranno modo di vedersi ancora.
Harry è frastornato, troppo per riuscire a salutarlo bene come vorrebbe, troppo per realizzare chi è l'uomo che si trova davanti.
"Avrai mille domande" gli dice l'uomo e Harry non se ne era reso conto ma si, ne ha davvero più di mille, fa per dire qualcosa ma l'uomo lo blocca e "E io ho più di un milione di scuse da farti" gli dice ed è quello il momento in cui Harry si sente bambino e si lascia andare ad un pianto silenzioso che decide di non voler nascondere all'uomo che ha davanti.
Des Styles lo guarda sorridendo intenerito, sincere lacrime di felicità e amarezza incastrate anche nei suoi di occhi e un sorriso sulle labbra che parla di tanti rimpianti, di tanto tempo perso che non vede l'ora di recuperare.
Così azzarda, si avvicina a suo figlio e fa per abbracciarlo.
In un primo momento, in un primo riflesso Harry si allontana per poi guardare meglio suo padre, riavvicinarsi e lasciarsi andare all'abbraccio di chi ha solo bisogno di due braccia che gli consentano di crollare.
Così Harry crolla in un silenzio immacolato e, con sua grande sorpresa, due braccia che non sono quelle di Louis riescono a tenerlo in piedi e a non lasciare che i suoi pezzi si perdano e volino via col vento.
Harry crolla per rinascere più bello di prima e nel farlo non ha paura.

Des Styles era sempre stato un uomo felice, grazie al cielo nella sua vita non era mai successo qualcosa che gli avesse levato il sorriso per più di un giorno. Figlio unico di una famiglia perfetta e benestante, un grande amico, un ottimo amante e uno studente d'oro.
L'unica cosa andata storta in tutta la sua vita aveva un nome semplice, un nome che per anni è stato un punto debole, un nervo scoperto agli occhi di tutti: Marie.
Marie era una ragazza francese entrata nella sua vita perfetta per sbaglio.
Marie era un uragano, una forza della natura, la ragazza più bella che Des Styles avesse mai visto in tutta la sua vita, era rimasto completamente stregato dal verde dei suoi occhi e non c'era niente che amasse più di perdere le dita distrattamente tra i suoi capelli ricci.
Des Styles si era innamorato come un perfetto idiota e non riusciva neanche a negarlo.
Se solo lei si fosse innamorata nello stesso modo, se solo lei non fosse stata come il vento: sfuggente e indomabile, impossibile da stringere, travolgente e a volte – la maggior parte delle volte – la più grande causa di male.
Si erano rincorsi per anni lui e Marie, come i due diciottenni che erano, prima che tutto andasse storto, prima che lui decidesse di trasferirsi da Holmes Chapel a Londra per studiare.
Marie non ne aveva voluto sapere niente, era sparita in una notte di inizio Giugno, prima che lui potesse almeno cercare di convincerla che le cose sarebbero andate per il meglio.
L'aveva abbandonato senza lasciare nessun traccia dietro di sé, un'altra volta via, veloce e inafferrabile come il vento.
Per questo motivo quando Des Styles lesse il nome di Marie tra i pazienti che doveva visitare quel giorno di ben diciotto anni dopo pensò di poter morire lì.
E quasi successe quando la vide entrare, bella come era sempre stata, come se quegli anni per lei non fossero semplicemente significati nulla. Si sedette davanti a lui e la prima cosa che notarono entrambi furono le fedi alle rispettive mani, due fili d'oro completamente diversi, nati e forgiati in due storie completamente opposte.
Des non seppe mai per quale motivo non riuscì a dire neanche una parola davanti a quella donna, forse perché tutto il mondo gli crollò semplicemente addosso quando "Oggi tuo figlio compie diciotto anni" gli disse secca, guardandolo negli occhi e rivelando un dispiacere autentico, una ferita ancora non completamente rimarginata. Gli raccontò di come non aveva avuto il coraggio di tornare indietro una volta scoperto di essere incinta, non voleva rovinare il futuro ad entrambi, questa era stata la sua spiegazione.
"Quella doveva essere una mia scelta" le disse sentendo il cuore battere così veloce da avere paura.
Des ripensò alla sua famiglia, ai suoi genitori, a sua moglie e alla sua bellissima Gemma, sua figlia, e per la prima volta nella sua vita la vide vuota consapevole della presenza di un altro pezzo di sé perso per il mondo chissà in quali condizioni.
"Perché proprio adesso?" le chiese ma lei si era limitata a scuotere le spalle e a "E' nato il primo di Febbraio e ha il tuo naso, questo è tutto quello che so" gli disse con gli occhi pieni di lacrime e tristezza prima di alzarsi ed abbandonare lo studio del medico più rinomato di tutta Londra.

Harry non riesce a respirare mentre ascolta quella storia.
Se ne sta seduto su un divano che sembra poterlo inghiottire da un momento all'altro.
Sono solo lui e suo padre avvolti da un silenzio che sembra voglia tagliare l'aria.
Harry non sa che cosa dire, per questo si limita a girarsi verso suo padre e a "Ho una sorella?" domandargli con un filo di voce.
Lui annuisce tranquillo e "Gemma ha tredici anni" gli comunica per poi "Ti somiglia un po'" dirgli sinceramente felice e "Non vede l'ora di incontrarti" aggiunge per poi "La stessa cosa vale per mia moglie Anne".
No, Harry non ci crede, per questo si ritrova a scuotere la testa e a "Com'è possibile?" domandargli "Com'è possibile che siano felici di incontrarmi se non sono altro che un bastardo?" domanda alzandosi dal divano e iniziando a passeggiare per il salone "E' troppo facile così, Des, è troppo facile e io non posso fidarmi di te, di voi, non posso più fidarmi di nessuno" dice mentre sente il nodo in gola ancora presente.
"Ho passato diciannove anni da solo, abbandonato dalla mia stessa madre, non voluto da nessuno e adesso mi vieni a dire che c'è sempre stata una famiglia pronta ad accogliermi? Adesso vieni a dirmi che tu mi avresti voluto anche a diciotto anni? Io non ci credo, mi dispiace, ho sbagliato a venire qui" gli dice cercando il suo giacchetto nella stanza senza riuscire a trovarlo.
Così decide di uscire da quel salone ma nel farlo si ritrova a sbattere contro una persona che non conosce.
Le basta guardarla negli occhi per qualche secondo però e tutto è subito tremendamente chiaro.
"Harry?" domanda lei "Scusa, io non volevo origliare ma-" fa per parlare e Harry per poco non urla quando si rende conto che hanno lo stesso modo di gesticolare quando sono nervosi.
A quanto pare allora deve ringraziare suo padre per quel tratto imbarazzante.
La ragazza lo guarda senza sapere bene cosa dire e "Lo so" gli dice "Lo so che per te tutto questo deve fare schifo, Harry, lo so ma ti prego, dacci una chance, dammi una chance, ho sempre desiderato avere un fratello maggiore e adesso tu sei qui e io vorrei solo che tu ci dessi una possibilità. Fai una passeggiata con me, poi sarai libero di mandarmi al diavolo" lo prega "Puoi farlo?" gli domanda incatenando il suo sguardo.
Harry si volta a guardare suo padre che se ne sta poggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto e "Vi faccio preparare una macchina" dice loro.
Harry si morde un labbro e "Non so guidare" ammette.
"Non è un problema" lo informa suo padre "Il nostro autista sarà felice di fare finalmente la tua conoscenza" gli dice uscendo dalla camera subito dopo aver fatto un occhiolino a Gemma che subito dopo alza lo sguardo verso il ragazzo e "Grazie" gli dice sorridendo e Harry non ci può credere ma anche le loro fossette sono tremendamente uguali.

È la mezzanotte spaccata del 31 Dicembre quando il telefono di Harry vibra nella sua tasca forzandolo ad allontanarsi dai festeggiamenti della sua nuova famiglia in una casa che ancora deve imparare a conoscere. Si fa strada verso il balcone più vicino e quando legge il nome di Louis sullo schermo del suo cellulare qualcosa dentro al suo cuore si rompe.
Sarebbero dovuti essere insieme.
Louis avrebbe dovuto baciarlo allo scoccare della mezzanotte e lui avrebbe dovuto accendere le stelle luminose per Sam.
Sarebbe dovuta andare così e non in quel modo ma il suo telefono continua a squillare, così, senza neanche pensarci più di tanto, risponde all'ennesima chiamata di Louis di quei giorni dopo aver ignorato tutte le precedenti. Tutto si aspetta di sentire una volta risposto al telefono, tutto tranne che la voce della sua piccola Sammy che "HARRY!" urla dall'altra parte del telefono.
Non si accorge delle lacrime che trovano da sole la loro strada lungo le sue guance fino a quando non le sente bagnargli le labbra, fino a quando non si impone di "Ciao scimmietta" salutarla.
"Buon anno!" gli augura lei e "Buon anno amore" ripete lui passandosi una mano sul viso e chiedendosi perché debba essere davvero così difficile starle lontano.
"Quando torni?" gli domanda
"Ancora non lo so, Sammy" dice lui con un filo di voce "Presto però" le promette "Perché mi manchi davvero tanto" confessa.
Sente la bambina sospirare dall'altro lato del telefono e "Manchi tanto anche a noi, soprattutto a papà, è sempre triste da quando te ne sei andato" gli dice con una nota di grande tristezza nella voce che Harry incassa peggio di quanto avrebbe incassato un pugno allo stomaco.
"Devo andare adesso!" gli dice "Ci vediamo presto, Harry?" gli domanda.
"Prima di quanto tu possa credere" le promette lui chiudendo la telefonata.
Quando alza lo sguardo si rende conto che Anne, la moglie di suo padre, lo sta guardando preoccupata.
Quella donna ha uno sguardo sincero, ha degli occhi dolcissimi e ad Harry piace molto.
Le sorride piano asciugandosi le lacrime dalle guance e non ha bisogno di spiegare perché lei probabilmente già sa, Des le avrà già detto tutto.
Si avvicina e con naturalezza gli porge un fazzoletto ricamato che Harry accetta per asciugarsi gli occhi e "Grazie" sussurra.
La donna scrolla le spalle e "L'amore trova sempre il modo" gli dice poggiandogli una mano sulla spalla.
Harry non ci crede ma ci spera.

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