Roberto Carvelli
Dammi la mano e sorridi
una lettera famigliareRoberto Carvelli
Dammi la mano e sorridi
Una lettera famigliareACS Perdersi a Roma
ISBN 978-1519666291© ACS Perdersi a Roma
CF/P.IVA 97849550583A mia madre
"Ci vogliono giorni, passano anni:/ Goethe, mio eroe/ e maestro del dire essenziale,/ anche questa volta hai colto nel segno:/ la durata ha a che fare con gli anni,/ con i decenni, con il tempo della nostra vita:/ ecco, la durata è la sensazione di vivere".
Peter Handke, Canto alla durata
"Per quanto mi riguarda pretendo da uno scrittore, grande o mediocre che sia, un racconto semplice e sincero della sua vita e non soltanto di quanto ha sentito e capito della vita degli altri uomini; come ne scriverebbe ai suoi parenti da un paese lontano".
Henry D. Thoreau, Walden o Vita nei boschi
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Sono nato a gennaio. Quindi mani in tasca e camminare. Sono di gennaio così come si è di un partito o di una squadra. A volte di una donna o di un uomo. Appartengo al mio mese, alla sua malinconia e al gelo, al suo infaticabile partire verso i mesi che restano. Sono del Capricorno: segno lodato per la costanza e biasimato per l'andatura solitaria. Nella tradizione greco-romana è in questo spazio dello zodiaco la porta attraverso cui ci si disincarna: la porta degli dèi, passaggio per una vita spirituale.Abituati all'abbraccio dell'inverno non soffriamo della sua stretta perché già adusi al suo rigore e ci copriamo. Sotto vestiti sobri e panni di riservatezza, come sotto la terra gelida il seme, germogliamo. Inizio di un nuovo ciclo fondato sulla perseveranza, l'industriosità, il senso del dovere, diamo il benvenuto a un anno nuovo. Nuovo non solo di agende o di pagine di calendario, numeri rossi e strappi già segnati, ma di trasformazioni, educazione della volontà, dominio dell'istinto e della sensibilità. Virtù fredde, odiate.
L'albergo, da cui vi scrivo, è a quattro stelle. Uno di quelli con la scheda magnetica che apre le camere e in cui tutto sembra pensato per stupirti, dal cioccolatino sul cuscino, alle ricercatezze dei saponi. Eppure, se scosto la tenda damascata della finestra di fronte al letto, affaccio su una corte interna cieca, da cui non arriva luce. Sono per questo costretto a rimanere con il lampadario di vetro di Murano e le applique di ottone sulla testata intarsiata del letto sempre accesi. Nel bagno, uno specchio enorme sovrasta il lavandino di marmo color salmone, e un cestino stracolmo di shampoo e altri conforti è lì, di lato. A destra, la cabina doccia doppia con le pareti di mosaico (mosaico autentico, non l'imitazione diffusa delle piastrelle) brilla di tasselli dorati, smeraldo, amaranto, blu; ma la porta di vetro ha un pomello rotto che mi rimane tra le mani. Mi avvicino al decoro con la riserva di una pecca.
Ecco a cosa serve la carta da lettere che troviamo nelle stanze d'albergo, sulle scrivanie. Non è un lusso da poco. Per quanto abbia viaggiato molto, per quanto abbia visto stanze su stanze e atteso pigro l'ora adatta per scendere nella sala ristorante, scorrendo distrattamente giornali e libri per non avere gli sguardi di riprovazione dei camerieri, adesso so che questa generosa pila di fogli con in cima l'intestazione dell'hotel – in altri soggiorni è un'unica pagina bianca dentro una cartellina con il tagliando delle consumazioni del frigo-bar o riposta dentro un raffinato scrittoio di pelle – su cui mi appresto a scrivere il bilancio di un Natale da solo, è qui per un motivo ben preciso. Sto per scrivere una confessione, un resoconto, una lettera che forse non spedirò mai. A voi, papà e mamma. O forse a me stesso.
Questa volta il mio augurio di Natale è affidato a dei fogli. Lo pronuncio da lontano, da questa stanza di albergo, quaranta metri quadri pieni di accessori e attenzioni per l'ospite. Lo scrivo nel silenzio, mentre immagino l'aria sospesa, rotta solo dall'eco degli spari di mortaretti, che hanno le ore che precedono la festa. A Roma, in questi giorni, le mattine sono deserte, sembra che nessuno vada al lavoro e si esca solo nel pomeriggio per fare i regali o la sera per ritrovarsi a giocare a carte o a tombola. Sono giorni che passano lenti, spesso l'antidoto più sicuro alla fatica dell'anno, di un'efficacia quietante di gran lunga superiore alle vacanze estive, troppo cariche di aspettative e desideri febbrili. Non è lo stesso suono vuoto che ha la vostra vita in quel quartiere di estrema periferia dove siete andati ad abitare, in cui l'assenza sembra acuirsi e rimbombare.
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Dammi la mano e sorridi. Una lettera famigliare - Roberto Carvelli.
General FictionUna lettera di Natale scritta da lontano alla propria madre malata per compensare l'assenza. Una meditazione sulla vita gioiosa e piena di speranza. Un'ode all'atto del camminare, all'infanzia e Roma.