Seri e intelligenti

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Mentre Ania era ancora in bagno (o almeno credo fosse così), Reiji si sedette al suo banco con molta calma, come se non fosse successo niente. E io invece ero divisa dai sensi di colpa, per l'aiuto che Reiji mi aveva dato giusto qualche secondo fa, e la curiosità: perché mi aveva aiutata?
Per rispondere a questo quesito dovevo prima scusarmi con lui. Lo avevo deluso, dandogli problemi già il primo giorno di scuola. Non volevo che ce l'avesse con me, così avevo deciso di scusarmi.

"Scusami tanto, Reiji. Non volevo crearti problemi."

Lui rimase fermo, in completo silenzio, qualche secondo. Poi, quando smisi di aspettare una sua risposta, lui finalmente aprì bocca.

"In realtà sono sorpreso che tu non fossi intimorita da Ania. Come avrai notato tu stessa, qui le ragazze non osano contraddirla, i maschi le sbavano dietro e le poche persone intelligenti e serie non le guarda nemmeno. Escludendo me e te, ovviamente."
"Io? Perché sono inclusa anche io?"
Reiji mi osservò qualche secondo con aria di sufficienza, per poi rispondere, con voce calma e controllata:

"Sto dicendo che anche tu sei una persona seria (visto che non hai risposto alle sue provocazioni) ed intelligente (la tua risposta era tranquilla ma l'hai zittita lo stesso, senza bisogno di urlare). Ti do atto che per una normale plebea ti sei comportata in maniera più matura di molte persone di mia conoscenza, anche più anziane di te."

Wow... Non sapevo che dire, ero lusingata e sconvolta. Nessuno mi aveva mai detto che ero intelligente, mai. Che sono seria me l'hanno sempre detto, ma spesso in maniera dispregiativa, con cattiveria. E solo perché non mi è mai piaciuto giocare alla famiglia con i miei compagni...
Una famiglia felice, anche se finta e creata solo per gioco, mi avrebbe ricordato ciò che non avrei mai più avuto... Odio fare pensieri tristi, la mia vita lo è già stata fin troppo. ma chi poteva saperlo, magari il destino non aveva ancora finito di giocare col mio cuore, che più volte era stato riaggiustato, dopo essere stato frantumato e calpestato più volte senza pietà dal fato, che gioca con il mondo intero a suo piacimento. Mentre continuavo a guardare il viso di Reiji, cercando di capire se fosse serio o meno, Ania fece il suo ingresso nell'aula. Il trucco era leggermente sbavato intorno agli occhi, si vedeva un alone nero dove era colato il mascara e gli occhi erano rossi. Si girò verso di noi con aria di superiorità e i suoi occhi verdi traboccanti di rabbia linciarono me e si diressero poi verso Reiji, che la fissò con freddezza. Era una gara, una sfida che lei aveva lanciato a lui, e lui l'aveva accettata. Fu Ania a perdere, ovviamente. Reiji aveva un carattere fermo e composto, che all'occorrenza poteva essere aggressivo e persuasivo. Lei abbassò gli occhi, sconfitta e umiliata, e si sedette al suo banco, circondata da alcune ragazze che cercavano di consolarla.
Decisi così di ignorarla e mangiare il mio bento, come stava facendo Reiji in quel momento. All'interno erano disposti con cura del riso, un po' di frittata e dei gamberoni fritti. Cercai di non sbavare sul banco alla vista di tutto quel ben di Dio e cominciai a mangiare. Cercando di non sembrare un maiale che mangia, rimasi composta e mangiai lentamente, masticando bene il cibo prima di mandarlo giù. Era tutto delizioso. Guardai Reiji, che aveva finito proprio in quel momento il suo bento. Il suo era più grande del mio, di una sfumatura molto strana di rosso. Sembrava quasi sangue... Ironia della sorte...

"Reiji, perché il tuo bento è più grande? In teoria voi non dovreste bere sangue?"

Reiji si girò a guardarmi, e mi osservò attentamente.

"Innanzitutto, anche i vampiri come noi possono mangiare normale cibo umano. Secondo, il mio bento è più grande del tuo perché io ho bisogno di maggior nutrimento. Non si può di certo avere ottime prestazioni fisiche e mentali senza un adeguato nutrimento."

Poco dopo un altro professore entrò in classe, e così ricominciarono le lezioni. Le ore successive passarono piuttosto tranquillamente, senza altri incidenti come quello con Ania. Questo però non impedì a lei e alle sue seguaci di guardarmi storto per tutte le ore di lezione. Non vedevo l'ora di tornare a casa! Quello che non sapevo era che il peggio non era ancora arrivato...

Nell'immagine: Ania.
Il disegno è mio, non l'ho rubato a nessuno.

Obbligo di perfezioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora