Capitolo 57: Jo

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Avevo capito che lui non si sarebbe salvato. Ma non l'avevo accettato. Seth mi tratteneva tra le sue braccia mentre ogni fibra del mio corpo desiderava correre verso di lui. «Lasciami Seth!» gridai «No, Annie» mi sussurrò lui «Non posso permetterglielo! Non posso perderlo di nuovo» insistei piangendo come non mai. Era tutto inutile, lui era determinato a sacrificarsi. Mi accasciai contro il petto di Seth e lasciai che la sua maglietta strappata soffocasse le mie lacrime, mentre le urla strazianti si Sophie riepivano l'aria di dolore e disperazione. Ci alzammo in volo, mi affacciai. La vidi trafiggere mio fratello con quella lama di ghiaccio. La vidi sogghignare mentre lui scivolava a terra rimanendo immobile. Non ci vidi più dalla rabbia. Evocai una folata di vento freddo e tagliente che decapitò i suoi tirapiedi più vicini. Poi fummo troppo lontani perché potessi raggiungerlo in alcun modo.

Dopo le cure aspettammo tutti e tre fuori dall'infermeria in cui riposava Sophie. Mi misi a camminare avanti e indietro per avere qualcosa su cui concentrarmi che non fosse mio fratello. Mr. Barker uscì dalla stanza e io fui immediatamente davanti alla porta, pronta ad entrare «Non vuole vedervi» disse il nonno della mia migliore amica «Come sarebbe a dire non vuole vederci? Ha bisogno di noi!» esclamai stupita «No. Non tutti hanno bisogno di qualcuno accanto signorina Sharp, mia nipote vuole stare sola» disse freddamente prima di lasciarci. Rimasi senza parole «Andiamo Annie?» mi chiese dolcemente Seth. Lo seguii senza oppormi, tanto la mia mente era offuscata. «Aiden. Noi andiamo nella serra» disse Seth sì, la serra. Il mio posto preferito pensai «Io rimango qui fuori» rispose Aiden continuando a fissare quella porta. Raggiungemmo la Serra della Base1. Era piena di fiori e piante esotiche dai nomi latini impossibili, il profumo era sempre rilassante e pacifico e i colori erano un dono divino per gli occhi. La Serra era principalmente nata per la coltivazione delle piante medicinali per le cure, ma col tempo l'hanno trasformato anche nella stanza Zen, a quell'ora sarebbe dovuto essere proibito entrarci ma a me piaceva infrangere le regole. Seth mi accompagnó verso il sedile a dondolo mentre lui si mise sulla panchina di ferro di fronte. «Non sembri particolarmente sconvolta» mi disse cauto. «Sconvolta?» chiesi senza capire, c'era solo nebbia nel mio cervello, non riuscivo a capire niente «Sai... Per James» disse. Qualcosa scattò dentro di me, come una scintilla pericolosa. Cercai di soffocarla «James è vivo» dissi con tono fermo «Annie...» iniziò lui «Jase è vivo!» ribadii chiudendo gli occhi alzando la voce «Lo so che è difficile accettarlo...» «No, Seth. Mio fratello è vivo. È James Sharp, ritorna sempre, più fastidioso di prima» dissi senza ascoltarlo «Non può essere morto. Capisci? Non cascherò di nuovo nella sua trappola. Voleva farmi credere che era cattivo e io gli ho creduto, ora vuole far credere che è morto. Ma non è così» le lacrime mi bruciavano gli occhi e le mani presero a tremare «Non è così. Non crederò che sarà morto finché non avrò il suo corpo senza vita davanti a me» dissi. «Annie» Seth si alzò dalla panchina e si accovacciò ai miei piedi, stringendomi le mani tra le sue «Non riuscirei a vederti soffrire dopo che le tue false speranze ti avranno consumata. Accettalo ora. Fa meno male.» mi pregò. Sciolsi le mani dalla sua presa. «Tu non capisci! È mio fratello Seth! Non posso rinunciare a lui! Non puoi capire perché tu non ami come faccio io!» gridai. Seth rimase interdetto, si alzò e tornò a sedersi sulla panchina. «Io non saprei amare dici?» chiese lui freddamente facendomi sentire in colpa «Non capisco come tu faccia a dirlo. L'hai voluto morto per cinque anni, un odio che l'avrebbe ucciso e ora dici che lo ami. È ridicolo» disse velenoso. «È mio fratello Seth! Lo amavo! Odiavo quello che pensavo fosse lui, ma era la sua maschera. Quello che è morto è il mio fratellone!» esclamai, stupendimi del fatto che non mi capisse «Sophie non mi parla più, mio fratello è morto e la Blackwood sta per distruggere tutto... Forse è meglio lasciar perdere invece di soffrire per fermarla» mormorai «Non è da te deprimerti così.» mi disse severo ma con il tono leggermente addolcito «Che ne sai tu di cos'è da me?!» gli gridai contro, pentendomi all'istante. Sul volto di Seth comparve un espressione ferita «Seth io...» io so che ci sei sempre per me. Avrei voluto dirgli, ma le parole rimasero bloccate in gola. «Sei talmente abituata ad avere qualcuno al tuo fianco nel momento del bisogno che non ti accorgi nemmeno di chi sia» replicò freddo alzandosi e voltandomi le spalle. Non era giusto, non mi poteva abbandonare ora, non è vero, so chi è. Non poteva pensare questo di me «Ti aspetti che tutti corrano ai tuoi piedi, che ti aiutino a rialzarti. Forse è ora che ci pensi da sola.» continuò allontanandosi raggiungendo la porta. Si voltò un ultima volta «Cresci come fanno tutti, Annie» «Non puoi averlo detto!» gridai furiosa, sperando che si rimangiasse quelle parole «Vieni a cercarmi quando avrai chiarito le idee» rispose aprendo la porta «Mi stai lasciando?» mormorai scioccata «Se è questo che serve per farti maturare, sì. Ti sto lasciando» replicò «Vai al diavolo Seth! Non ho bisogno di te. Vattene! Ti credi troppo importante, me la caverò meglio senza di te» righiai furibonda evocando un tornando intorno a me. Lui scosse la testa e si sbattè la porta dietro di sé. «Non pensavo quello che ho detto» sussurrai.

Giunse il giorno del funerale di Theresa Hunter. Ero decisa a parlare con Sophie, perché non sarebbe stata in grado di sorreggere quel peso da sola ancora per molto. Seth mi aveva evitato per due giorni, deciso a non scusarsi. Io di certo non sarei andata da lui. Lo scorsi con le braccia incrociate tre file più indietro, nel suo completo nero che risaltava i suoi candidi capelli. Lui intercettò il mio sguardo e io mi affrettai a distoglierlo, ma era troppo tardi, mi aveva sorpresa a fissarlo. Intravidi i capelli corvini di Sophie in prima fila, quella dei parenti e notai un posto vuoto, riservato a Silas Hunter, ancora ricoverato all'ospedale di San Francisco. Non sapeva nemmeno che la moglie era morta... Mi si strinse il cuore, i genitori di Sophie erano la coppia migliore al mondo, mi trattavano come una figlia a casa loro e io mi sentivo... In famiglia. Dovevo parlare con la loro figlia anche per loro. Dovevo avvertirla di James, non avrei permesso che cedesse alla disperazione. Sentivo che mio fratello era ancora in vita e anche lei lo doveva sapere. Non potevo accettare anche la sua morte. Finché non vedevo il suo cadavere avrei continuato a sperare. La funzione finì, spinsi parecchia gente per raggiungere la mia amica. Era veramente bella da far invidia nel suo abito nero lungo fino a sopra il ginocchio e i capelli raccolti di lato. Ma c'era qualcos'altro di diverso in lei, che non notai immediatamente. Ringraziava freddamente le condoglianze dei presenti, in piedi, affianco a suo nonno, rigida come una statua, gli occhi privi dell'umiditá delle lacrime. La raggiunsi «Sophie?» la chiamai. Lei puntò i suoi occhi verdi smeraldo su di me e rimasi spiazzata per un millisecondo. Erano gelidi, nessuna traccia dell'entusiasmo che faceva di lei la persona che era. Lei che aveva scritto negli occhi tutte le sue emozioni ora non ne aveva più nemmeno una. «Nonno. Ci lasci sole?» chiese educatamente. Ma anche nella voce non c'era più alcun calore. Sophie prese a passeggiare verso il bosco «Di che mi dovevi parlare Jo?» chiese «Sophie che hai?» le chiesi dolcemente «Niente» rispose. Qualcosa mi disse che quella parola aveva un doppio senso. Non poteva pensare di essere rimasta sola senza nessuno «Sophie. Non ti abbattere così!» dissi afferrandole la mano «Tuo padre è ancora in vita, Scarlett vive felicemente con tuo nonno in Australia e ci sono io Sof! Insieme andremo a cercare Jase! Lo so che è in vita e...» mi bloccai vedendo il suo sguardo truce che mi fece accamponare la pelle. «Non ci sarà nessun noi, Jo. Non possiamo più essere amiche. Ucciderò Susan Blackwood. Da sola. Fosse l'ultima cosa che faccio» lasciai che scorresse del tempo prima di sussurrare con un filo di voce, incredula «Cosa?» «Se mi stai vicino finirà male anche per te» disse. Poi si voltò e se ne andò a grandi passi. Chiunque l'avrebbe presa per minaccia quella frase. Io capii che era un'avvertimento.

Angolo autrice

Gente! Ho pubblicato in fretta perché non vedo l'ora di concludere questo libro!!! Questo è l'ultimo capitolo del libro "Rapita". Arriverà anche l'epilogo. Siccome è l'ultimo, pongo delle domande a me essenziali.
-Vi piace il punto di vista di Jo?
-Credete che anche nel terzo dovrei mettere degli "angoli speciali" con i punti di vista degli altri?

Ci vediamo nell'epilogo che sono sicura mi intaserete di commenti.

Elements: Rapita [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora