Michael 2

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"Emma, dovresti seriamente rivedere la sicurezza di questo posto."

"Ma davvero? E chi dovrebbe occuparsene, agente?"

Dean ed Emma avevano sempre avuto un rapporto conflittuale: si stimavano a vicenda, ma preferivano vedersi il meno possibile. Lui perché trovava irritante quel suo atteggiamento polemico e schivo, lei perché non voleva avere a che fare con agenti doppio-turnisti che lavoravano con il sovrannaturale; non aveva ancora digerito bene l'idea che non fossero le uniche creature esistenti sulla terra.

Per quel motivo aveva insistito tanto per convincersi che quei due piccoli fori sul collo del cadavere di fronte a loro fossero semplicemente un morso di serpente, e nient'altro. Poi però qualcosa – che fosse senso del dovere, o semplicemente coscienza – la convinse a chiamare Dean. E Michael, a quanto pareva, visto che si era aggiunto senza invito: non aveva ancora capito bene chi – o cosa – fosse.

"Potete finirla voi due?" Michael roteò gli occhi al cielo, un po' stanco del loro continuo battibeccare – era anche un po' convinto che sotto sotto si piacessero -.

"Insomma Dean, che vuoi fare?" Lo esortò un po' spazientito. Non capiva nemmeno perché fossero ancora lì: il cadavere parlava da solo, paradossalmente, quel morso che era inequivocabile. Di quale altre prove aveva bisogno Dean, per cominciare le ricerche?

Ma non era nervoso per quello, no. Non era la prima e non sarebbe stata la sua ultima caccia; in realtà stava ancora pensando a quella ragazza. I suoi occhi azzurri gli erano rimasti impressi nella mente, così spaventati e ingenui, ancora inconsapevoli. Almeno, lo erano. Aveva fatto troppe domande, per essere una semplice studentessa universitaria; qualcosa gli diceva che non sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe rivisto – oh, cavolo. Non sapeva nemmeno il suo nome.

"Dean, dimmi che non è quello che pensi", mormorò la dottoressa. Aveva gli occhi bassi, fissavano i punti rossi sul collo del cadavere. "Dimmi che non siamo in pericolo."

Ma Dean non era mai stato uno che riusciva a smussare le cose, rendendole più facili da digerire. Incrociò le braccia davanti al petto e parlò con tono serio e naturale: "È un vampiro, Emma. Puoi chiamarlo con il suo nome: lui non si farà scrupoli a ripetertelo mille volte per fartelo urlare."

"Dean." Lo rimproverò Michael. Dean si rese conto di essere stato troppo duro con lei, quindi biascicò delle scuse. Non era il primo vampiro che passava per le strade di Lubiana, ma ogni volta l'idea che ci fosse un essere malvagio, immortale e assassino era sempre minacciosa, terrificante.

"Quindi, cosa dovrei fare adesso?" Emma si sistemò gli occhiali con mani tremolanti, "Occultare il cadavere? Avvertire tutti i miei studenti?"

"Non dire niente a nessuno", consigliò Michael, "Non c'è motivo di allarmarli. Ce ne occuperemo noi e questo incubo sarà finito prima ancora che tu possa sognarlo". Sorrise; aveva un tono così diverso da quello di Dean, molto più dolce, confortante. Nonostante fosse Dean quello in divisa, c'era qualcosa in lui, di ancora più autorevole e sicuro. Era il tipo di persona da cui avevi voglia di andare per sentirti protetto.

"Sei sempre stato così bravo con le parole?" Sbottò Dean con un muso lungo, mentre rimetteva apposto il cadavere dentro la sua cella. "Andiamo Hemingway, ci aspetta una bella nottata."

Michael accarezzò dolcemente il braccio della dottoressa che, nel frattempo, aveva riacquistato quell'atteggiamento di fierezza e professionalità che la contraddistingueva. Scribacchiò qualcosa sulla cartella del paziente, e infilò la cartellina sotto al braccio.

"Posso esservi utile in qualche altro modo?"

Michael sapeva già che la dottoressa lo avrebbe guardato male per quello, ma lo disse comunque: "Posso annusare i suoi vestiti?"

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